In soli 100 giorni Trump ha gettato il mondo nel caos, minando alleanze e destabilizzando l'ordine globale"

Nei suoi primi 100 giorni di ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump ha lanciato una guerra commerciale globale senza precedenti, tagliato drasticamente gli aiuti esteri degli Stati Uniti, insultato gli alleati della Nato e fatto proprie alcune narrazioni della Russia

In soli 100 giorni Trump ha gettato il mondo nel caos, minando alleanze e destabilizzando l'ordine globale"
Donald Trump
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27 Aprile 2025 - 21.35


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Nei suoi primi 100 giorni di ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump ha lanciato una guerra commerciale globale senza precedenti, tagliato drasticamente gli aiuti esteri degli Stati Uniti, insultato gli alleati della Nato e fatto proprie alcune narrazioni della Russia sull’invasione dell’Ucraina. Ha persino parlato di annettere la Groenlandia, riprendere il controllo del Canale di Panama e trasformare il Canada nel 51° Stato americano.

La sua nuova “campagna America First”, spesso imprevedibile, sta sovvertendo parte dell’ordine mondiale basato sulle regole che Washington aveva contribuito a costruire dopo la Seconda guerra mondiale.

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“Trump è molto più radicale ora di quanto non fosse otto anni fa”, ha commentato Elliott Abrams, conservatore ed ex inviato speciale degli Stati Uniti su Iran e Venezuela sotto Trump. “Sono rimasto sorpreso.”

Questa svolta ha alienato amici, rafforzato gli avversari e generato profonde preoccupazioni tra molti governi, alcuni dei quali stanno adottando contromisure difficili da invertire anche se in futuro dovesse tornare un presidente statunitense più tradizionale.

Il tutto si inserisce in un contesto interno segnato da accuse di regressione democratica, comprese aggressioni verbali ai giudici, pressioni sulle università e la deportazione di migranti in un famigerato carcere di El Salvador.

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“Stiamo assistendo a una grande frattura negli affari internazionali”, ha detto Dennis Ross, ex negoziatore di pace per diverse amministrazioni americane. “Nessuno è sicuro di cosa aspettarsi.”

Secondo Reuters, che ha intervistato più di una dozzina di funzionari e analisti a Washington e nel mondo, i danni potrebbero essere duraturi, anche se in parte recuperabili, qualora Trump moderasse il suo approccio. Ma le prospettive di un cambio radicale sono scarse. Molti paesi sembrano ormai orientati a ridefinire in modo permanente i loro rapporti con Washington per proteggersi dall’instabilità.

Alcuni esempi sono già visibili: i paesi europei stanno rafforzando le loro industrie della difesa per ridurre la dipendenza dagli armamenti statunitensi; in Corea del Sud si discute apertamente di dotarsi di un proprio arsenale nucleare; e si osservano segnali di un avvicinamento economico alla Cina da parte di alcuni partner americani.

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La Casa Bianca respinge l’idea che la credibilità degli Stati Uniti sia in calo, attribuendo invece la necessità di un’azione decisa agli “anni di leadership debole” di Joe Biden.

“Il presidente Trump sta agendo rapidamente per affrontare sfide globali”, ha dichiarato il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale, Brian Hughes, citando come successi l’avvicinamento di Ucraina e Russia ai negoziati, la lotta al traffico di fentanyl, la pressione su Pechino e il contrasto ai gruppi terroristici come gli Houthi.

Tuttavia, secondo un sondaggio Reuters/Ipsos del 21 aprile, oltre la metà degli americani – compreso un repubblicano su cinque – ritiene Trump “troppo vicino” alla Russia, mentre il sostegno popolare alle sue ambizioni espansionistiche è scarso.

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Una posta in gioco altissima

Gli analisti avvertono che il futuro del sistema globale – fondato su libero commercio, stato di diritto e integrità territoriale – è ora in bilico.

Trump, che guarda agli affari internazionali con la mentalità di un immobiliarista, ha scatenato una guerra dei dazi che ha destabilizzato i mercati, indebolito il dollaro e fatto temere una recessione globale. Nonostante definisca i dazi “una medicina necessaria”, gli obiettivi restano poco chiari.

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Sulla guerra in Ucraina, Trump ha drasticamente cambiato rotta rispetto alla politica statunitense precedente, mostrando aperture a Mosca e suscitando timori che possa forzare Kyiv ad accettare la perdita di territori.

Le tensioni con la NATO si sono acuite: il nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz ha avvertito che “se chi dice America First intende America da sola, allora per l’Europa è quasi mezzanotte.”

Trump ha anche adottato una retorica espansionistica che preoccupa molti osservatori: ha proposto di “prendere” la Groenlandia, ha messo in discussione l’esistenza stessa del Canada come Stato indipendente e ha minacciato di riprendere il controllo del Canale di Panama. In Medio Oriente, ha addirittura ipotizzato che gli Stati Uniti trasformino Gaza in un resort “in stile Riviera”.

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Alcuni analisti vedono in queste mosse un tentativo di resuscitare una logica da Guerra Fredda, basata sulla spartizione delle aree d’influenza tra grandi potenze.

La premier danese Mette Frederiksen ha reagito duramente: “Quando un alleato ti minaccia per prendere una parte del tuo territorio, dobbiamo chiederci cosa resta della fiducia costruita in decenni di collaborazione transatlantica.”

I governi si attrezzano per “Trump 2.0”

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Molti paesi stanno correndo ai ripari:

  • L’Unione Europea sta preparando dazi di rappresaglia.
  • Germania e Francia stanno aumentando gli investimenti nella difesa, anche a scapito delle forniture statunitensi.
  • Il Canada, irritato, cerca legami economici e di sicurezza più stretti con l’Europa.
  • La Corea del Sud, pur colpita dai propositi di ritiro delle truppe americane, punta a salvaguardare l’alleanza con Washington.
  • Il Giappone, sorpreso dai dazi, è in fermento per adattarsi rapidamente.

Nel frattempo, la Cina si propone come alternativa per chi si sente vessato dalla politica commerciale americana e tenta di colmare il vuoto lasciato dai tagli agli aiuti umanitari statunitensi.

Aaron David Miller, ex diplomatico e ora analista al Carnegie Endowment for International Peace, sostiene che non tutto è perduto: “Non abbiamo ancora superato il punto di non ritorno, ma i danni alle relazioni con gli amici e i vantaggi per gli avversari sono probabilmente incalcolabili.”

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