Mohsen Mahdawi, un residente permanente negli Stati Uniti originario della Cisgiordania e studente della Columbia University, è stato arrestato lunedì 14 aprile dagli agenti dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE) presso un ufficio dell’US Citizenship and Immigration Services (USCIS) a Colchester, Vermont. L’arresto è avvenuto durante quello che Mahdawi credeva fosse un colloquio finale per ottenere la cittadinanza statunitense, un passo che avrebbe coronato un percorso iniziato con il suo arrivo negli Stati Uniti nel 2014 come titolare di una green card.
Secondo quanto riferito dai suoi legali, Mahdawi, noto per il suo attivismo a favore della causa palestinese e per aver guidato proteste pacifiche contro il conflitto a Gaza presso la Columbia University, sarebbe stato vittima di una detenzione mirata. “L’amministrazione Trump ha arrestato Mohsen Mahdawi in rappresaglia diretta per il suo impegno a favore dei palestinesi e per la sua identità palestinese”, ha dichiarato la sua avvocata, Luna Droubi, in una nota. La legale ha definito l’arresto “un tentativo di mettere a tacere chi denuncia le atrocità a Gaza” e ha presentato un’istanza di habeas corpus, sostenendo che il governo abbia violato i diritti costituzionali del giovane.
Un video diffuso da un testimone mostra Mahdawi, ammanettato, mentre viene scortato fuori dall’edificio da agenti federali, alcuni dei quali con il volto coperto. L’immagine ha suscitato indignazione tra attivisti e rappresentanti politici locali, tra cui il senatore Bernie Sanders, il senatore Peter Welch e la deputata Becca Balint, che in una dichiarazione congiunta hanno definito l’arresto “immorale, disumano e illegale”. “Mohsen Mahdawi, residente legale negli Stati Uniti, deve ricevere un giusto processo e essere rilasciato immediatamente”, hanno aggiunto, sottolineando come il giovane fosse atteso per un passaggio formale verso la cittadinanza e non per un’imboscata.
Un giudice federale del Vermont, William K. Sessions III, ha emesso un’ordinanza restrittiva temporanea per impedire il trasferimento di Mahdawi fuori dallo stato o la sua espulsione dagli Stati Uniti, in attesa di ulteriori decisioni. La vicenda si inserisce in un contesto più ampio di crescenti tensioni legate alla repressione di studenti internazionali e residenti legali coinvolti in proteste pro-palestinesi, con un altro studente della Columbia, Mahmoud Khalil, recentemente detenuto in circostanze simili.
Mahdawi, che dovrebbe laurearsi in filosofia alla Columbia a maggio e ha in programma di iniziare un master presso la stessa università, era stato precedentemente intervistato da 60 Minutes per il suo ruolo nelle proteste universitarie contro la campagna militare israeliana a Gaza. I suoi avvocati hanno espresso timori per la sua sicurezza, sostenendo che un’eventuale deportazione in Cisgiordania lo esporrebbe a “molestie, detenzione e torture”, data la sua storia familiare e il suo profilo pubblico.
La detenzione di Mahdawi ha riacceso il dibattito sull’uso delle politiche migratorie come strumento di repressione politica. Organizzazioni per i diritti civili, tra cui il Council on American-Islamic Relations, hanno chiesto il rilascio immediato del giovane, denunciando un attacco alle libertà costituzionali dei residenti legali. Intanto, a New York, proteste sono scoppiate in sostegno a Mahdawi, con manifestanti che chiedono giustizia e la fine di quelle che definiscono “tattiche intimidatorie” da parte delle autorità federali.
Le autorità dell’ICE non hanno rilasciato commenti ufficiali sulla vicenda, mentre la comunità di Mahdawi e i suoi sostenitori continuano a mobilitarsi per garantirgli un equo trattamento legale. La sua storia, come quella di altri attivisti, pone interrogativi urgenti sul bilanciamento tra sicurezza nazionale e diritti individuali in un clima politico sempre più polarizzato.