A Gaza oltre un milione di bambini sono privati di aiuti salvavita da oltre un mese

Nella Striscia di Gaza, oltre un milione di bambini sono privati di aiuti salvavita da oltre un mese. A denunciarlo è l’Unicef, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia.

A Gaza oltre un milione di bambini sono privati di aiuti salvavita da oltre un mese
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

7 Aprile 2025 - 22.18


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Non può, non deve passare sotto silenzio. Mai. Che non si dica: non sapevamo- Questa scusa salva coscienza crolla miserabilmente di fronte ai ripetuti, puntuali, documentati allarmi lanciati dalle Agenzie Onu e dalle Ong che si occupano dei più indifesi tra gli indifesi: i bambini.

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Nella Striscia di Gaza, oltre un milione di bambini sono privati di aiuti salvavita da oltre un mese.

A denunciarlo è l’Unicef, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia.

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“Il blocco degli aiuti umanitari  – afferma Unicef in un report pubblicato nei giorni scorsi,  sta avendo conseguenze terribili per un milione di bambini nella Striscia di Gaza. Dal 2 marzo 2025 non è stato permesso l’ingresso di aiuti nella Striscia di Gaza – che rappresenta il periodo più lungo di blocco degli aiuti dall’inizio della guerra – con conseguente carenza di cibo, acqua potabile, ripari e forniture mediche. Senza questi elementi essenziali, è probabile che la malnutrizione, le malattie e altre condizioni prevenibili aumentino, portando a un incremento delle morti prevenibili di bambini.

‘L’Unicef ha migliaia di pallet di aiuti in attesa di entrare nella Striscia di Gaza’, le fa eco il Direttore regionale dell’Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa Edouard Beigbeder. ‘La maggior parte di questi aiuti è salvavita, ma invece di salvare vite umane è ferma in magazzino. Devono essere fatti entrare immediatamente. Non si tratta di una scelta o di carità, ma di un obbligo previsto dal diritto internazionale’.

I bambini che ricevono cure per la malnutrizione sono a serio rischio. Ventuno centri di cura – il 15% del totale delle strutture ambulatoriali – sono stati chiusi dal 18 marzo 2025 a causa di ordini di sfollamento o bombardamenti. I 350 bambini che si affidano a questi centri devono ora affrontare un peggioramento della malnutrizione, che può essere pericolosa per la vita.

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Nel centro e nel sud di Gaza sono esauriti gli alimenti complementari per i bambini, fondamentali per la crescita quando le scorte alimentari sono scarse. È rimasta solo una quantità di latte in formula pronto all’uso (RUIF) sufficiente per 400 bambini per un mese. Secondo le stime dell’Unicef, quasi 10.000 bambini sotto i sei mesi hanno bisogno di un’alimentazione supplementare; senza il RUIF, le famiglie potrebbero essere costrette a usare alternative mescolate con acqua non sicura.

Oltre ai servizi nutrizionali, l’Unicef è stato costretto a ridurre il sostegno alla salute mentale e psicosociale, la sensibilizzazione sul pericolo delle mine e la gestione dei casi di protezione dei bambini a causa delle ostilità in corso e degli sfollamenti di massa.

Durante il cessate il fuoco, l’Unicef ha iniziato a riparare pozzi e punti d’acqua fondamentali per aumentare la disponibilità di acqua potabile. Con il cessate il fuoco, molti di essi non sono stati riparati o sono a rischio di ulteriori danni. Nel nord del Paese, le famiglie ora dipendono interamente dal trasporto dell’acqua. Nelle aree centrali e meridionali, le interruzioni di corrente dell’impianto di desalinizzazione meridionale hanno ridotto la produzione di acqua dell’85% e la conduttura principale è stata danneggiata e non è possibile accedervi per le riparazioni. L’accesso all’acqua potabile per 1 milione di persone, tra cui 400.000 bambini, è sceso da 16 litri a persona al giorno a soli sei. Se il carburante dovesse esaurirsi nelle prossime settimane, la quantità potrebbe scendere al di sotto dei 4 litri, costringendo le famiglie a utilizzare acqua non sicura e aumentando il rischio di epidemie, soprattutto tra i bambini.

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Il blocco ha anche impedito all’Unicef di consegnare kit ricreativi inclusivi per 1.000 bambini disabili.

‘Per il bene di oltre 1 milione di bambini nella Striscia di Gaza, esortiamo le autorità israeliane a garantire, come minimo, il soddisfacimento dei bisogni di base delle persone, in linea con gli obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario’, rimarca Beigbeder. Ciò include la loro responsabilità legale di assicurare che le famiglie siano rifornite di cibo, medicinali e altre forniture essenziali di cui hanno bisogno per sopravvivere’

Nonostante una situazione estremamente difficile, l’Unicef e i suoi partner stanno mantenendo una presenza fondamentale, fornendo: servizi come la ripresa dei servizi di assistenza sanitaria neonatale nel nord e la fornitura di 21 macchine respiratorie per salvare la vita di 150 neonati; un maggiore accesso all’acqua potabile per centinaia di migliaia di persone; affrontando la malnutrizione, con più di 7.800 bambini sotto i 2 anni raggiunti da alimenti complementari pronti all’uso (RUCF) e più di 33.500 sottoposti a screening per la malnutrizione acuta; prevenendo la separazione delle famiglie, con più di 300 bambini riuniti con i loro genitori dopo essere stati separati da ordini di sfollamento e intensi scioperi.

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L’Unicef continua a chiedere alle parti di cessare le ostilità e ripristinare il cessate il fuoco. Gli aiuti umanitari e le merci commerciali devono poter entrare e circolare liberamente nella Striscia di Gaza. I bambini malati e feriti devono essere evacuati per ricevere cure mediche. I civili, compresi i bambini e gli operatori umanitari, e le restanti infrastrutture essenziali devono essere protetti e gli ostaggi devono essere rilasciati.

L’Unicef esorta inoltre gli Stati che hanno influenza a usare il loro peso sulle parti per fermare il conflitto e garantire il loro rispetto del diritto internazionale, compreso il rispetto e la protezione speciali dovuti ai bambini colpiti dai conflitti armati.

La sfida della vita

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Circa 130 bambini sono nati ogni giorno a Gaza durante l’assedio totale di beni e aiuti imposto dalle autorità israeliane ed entrato nel secondo mese, mettendo a rischio madri e neonati a causa dell’esaurimento delle scorte mediche e alimentari e della mancanza di farina che ha costretto tutti i panifici a chiudere. Lo afferma Save the Children, ricordando che sono circa 50.000 le donne incinte a Gaza e 4.000 i parti stimati a marzo, secondo l’Unfpa. Si tratta di circa 130 bambini nati ogni giorno nell’arco di un mese, in un sistema sanitario portato sull’orlo del collasso, dove alcuni potrebbero non sopravvivere alle complicazioni alla nascita.
Nessun camion, umanitario o commerciale, è stato autorizzato a entrare a Gaza da quando il governo di Israele ha imposto un assedio totale il 2 marzo. Non è entrato nessun bene, tra cui acqua, farina, carburante o medicine, e le scorte essenziali si stanno rapidamente esaurendo. Secondo il Programma alimentare mondiale, tutti i panifici della Striscia di Gaza hanno chiuso dopo aver esaurito le scorte di farina rimanenti, una fonte essenziale di cibo. La sopravvivenza delle madri e dei neonati a Gaza è particolarmente minacciata dalla mancanza di cibo, dalla distruzione degli ospedali e dallo stress cronico. La malnutrizione durante la gravidanza può seriamente influenzare lo sviluppo del bambino, portando a basso peso alla nascita, crescita stentata e difficoltà a lungo termine nell’apprendimento e nello sviluppo.
Il numero di aborti spontanei è aumentato del 300% a Gaza durante la guerra e le complicazioni della gravidanza, che normalmente sarebbero curabili, stanno diventando pericolose per la vita. Nascono sempre più bambini prematuri e sottopeso, il che li espone al rischio di gravi problemi di salute per tutta la vita.
Durante la pausa di otto settimane delle ostilità che si è conclusa il 18 marzo, Save the Children ha parlato con le neomamme che stanno assistendo: molte di loro hanno descritto di essere quasi morte durante il parto nelle tende, altre di aver avuto bambini nati pericolosamente malnutriti. Almeno 322 bambini sono stati uccisi e oltre 600 feriti dalle forze israeliane dalla ripresa delle ostilità, secondo l’Onu.

Save the Children chiede al governo di Israele di “revocare immediatamente l’assedio di Gaza e di facilitare l’accesso umanitario senza ostacoli alle famiglie in tutta la Striscia, in linea con i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale. Se la comunità internazionale non interverrà presto, un’intera generazione di bambini a Gaza verrà cancellata, insieme al loro futuro. Deve esserci un cessate il fuoco definitivo e gli aiuti devono poter raggiungere le persone”.

Appelli accorati che restano inevasi. E così a Gaza muore l’infanzia. Muore nell’inerzia complice della comunità internazionale, nelle lacrime di coccodrillo versate quando si mostrano foto scioccanti di bimbi sventrati dalle bombe o ridotti a piccoli scheletri. Israele non ha subito una sanzione che sia una per i crimini contro l’umanità perpetrati a Gaza. Una vergogna assoluta. 

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Il vicario della Custodia di Terra Santa padre Ibrahim Faltas, dall’inizio della guerra è impegnato nel sostegno e ricovero possibile ai bambini di Gaza. Di grande interesse e pregnanza umana è l’intervista fatta a padre Faltas da Roberto Cetrera per Vatican News.

Padre Ibrahim, in nessun’altra guerra c’è stato un numero percentualmente così alto di bambini uccisi.  Ci può spiegare perché? 

In gran parte penso dipenda dal fatto che le famiglie di Gaza sono numerose, la popolazione di Gaza è molto giovane.  Ma anche se mi è difficile ricostruirne il perché, conosco bene il dolore di genitori che a Gaza hanno perso un figlio e molte volte più di uno. Uccidere bambini innocenti e che non hanno colpe, essendo incapaci di fare del male, è una macchia che l’umanità non potrà cancellare dalla sua storia. Impressionano i numeri dei piccoli uccisi a Gaza e arreca un dolore enorme pensare ai segni che moltissimi di loro, pur essendo rimasti in vita, porteranno sul corpo, nel cuore e nella mente, per tutta la loro esistenza. Sui vostri media si parla meno dell’aumento degli scontri in Cisgiordania dove sono aumentati i morti, i feriti, gli arrestati. Fra vittime e feriti molti sono bambini anche in questa parte della Palestina. 

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I dati presentati dal ministero della sanità palestinese sono impressionanti: 15.613 minori uccisi e 33.900 feriti dall’inizio della guerra.  Solo i neonati uccisi sono 876, e i bambini sotto i 5 anni sono 4.110.  Non ci sono invece dati sul numero di bambini e minori orfani. Lei ha qualche informazione al proposito? Quanti si presume siano gli orfani? E dí loro chi si sta occupando ora?

Le stime parlano di circa 20.000 bambini rimasti orfani. I numeri sono alti e purtroppo potrebbero salire perché non si sa quanti sono i corpi sepolti dalle macerie. Mi dicono che spesso i bambini più grandi si occupano di fratellini più piccoli assumendo la responsabilità di un adulto. Il dramma di questa guerra in particolare è l’impossibilità di poter aiutare perché, oltre a non poter fare arrivare aiuti umanitari, solo pochi volontari sono entrati a Gaza, e da poco tempo. È molto triste essere inermi e impotenti a pochi chilometri di distanza.

Un pezzo da incornicia

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“Nel fracasso dei corpi che cadono, quelli dei bambini fanno meno rumore. La guerra di Gaza sarà ricordata come la peggiore di sempre per i bambini. I bombardamenti indiscriminati dell’esercito israeliano si abbattono sulle popolazioni civili, tra cui vi sono molti bambini.

Il direttore a Gaza dell’Unrwa, Scott Anderson, ha visitato l’ospedale Nasser di Khan Yunis. Ha visto cose orribili. Centinaia di feriti, senza assistenza, senza antisettici. Ha dichiarato di aver visto «molti neonati amputati di due arti, piccoli paralizzati, senza la possibilità di ricevere cure, e altri bambini separati dai loro genitori». Ha detto anche: «Ho visto padri e madri che non sapevano se il loro figlio era vivo. Genitori che mi hanno detto di essere ritornati in quest’area, una cosiddetta ‘zona umanitaria’, nella speranza che i loro figli fossero al sicuro».

Il numero dei bambini uccisi o feriti non è importante. Più è grande, più diventa insignificante. Sui nostri schermi abbiamo visto passare cifre seguite da altre cifre ancora. Il 16 luglio è comparso questo numero: 38713. È difficile immaginare che dietro questi numeri c’è, c’era una vita, un’anima, una famiglia, della gioia, della speranza. No, le cifre non parlano. Tuttavia, in linea di principio una vita vale quanto un’altra. I palestinesi, però, sembrano averne soltanto una scadente. La prova è che l’esercito israeliano li uccide tutti i giorni e questo non commuove più nessuno. La punizione che Netanyahu ha inflitto a tutti i palestinesi dopo il massacro del 7 ottobre è talmente sproporzionata che non se ne vede la fine. Ha detto che «quelli di Hamas sono morti che camminano». Ma i palestinesi non sono tutti di Hamas.

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Le migliaia di bambini uccisi dai bombardamenti non sono terroristi. Le migliaia di feriti che resteranno disabili a vita non sanno più chi odiare in primis, Hamas che ha provocato lo Stato di Israele perpetrando crimini orrendi o l’esercito di Netanyahu che ammazza indistintamente una popolazione civile che non ha preso parte in nessun caso ai combattimenti. Gli abitanti di Gaza non sono stati protetti. Hanno il diritto di manifestare la loro collera nei confronti di Hamas e dei suoi dirigenti che vivono al sicuro in Qatar o altrove. Al momento, a Gaza le montagne di rifiuti in decomposizione sprigionano un fetore insopportabile e attirano topi, insetti e perfino serpenti. Racconta un testimone: «Dal nostro arrivo, ci sono così tanti sfollati che alcuni dormono per strada. Altri hanno dovuto sistemarsi in tende accanto a cumuli di spazzatura, in riva al mare, perché non c’era altro posto disponibile. Nei vicoli tracimano le acque nere, provengono da buchi scavati nel terreno per fungere da latrine…» (“Le Monde”, 14 luglio 2024).

Questa guerra prosegue perché l’America continua a inviare armi a Israele, mentre non fa che dire, sussurrando, che «occorre un cessate-il-fuoco!».

Quella che si prepara con le future generazioni palestinesi è una vendetta senza fine, che non lascerà mai vivere in pace lo Stato di Israele. Saranno i feriti di oggi, gli orfani o i genitori che hanno perso i loro figli, che prima o poi esprimeranno la loro collera nella vendetta, e il circolo vizioso infernale ricomincerà da capo. È l’odio che ha seminato Hamas. È l’odio che ha sfruttato Israele.[…] Questa situazione non può più durare. I Paesi arabi della regione, in particolare l’Egitto e l’Arabia Saudita, sono colpevoli di non essere intervenuti a sostegno di un popolo in pericolo. Anche loro un giorno dovranno renderne conto alle loro popolazioni.

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Una canzone del gruppo marocchino Nass Al Ghiwane dice: «Soltanto i bambini assassinati mi impediscono di dormire». Risale al 1970. La si canta oggi con una sensazione di impotenza e di dolore”.

Così scrive Tahar Ben Jelloun, Premio Nobel per la Letteratura, in articolo pubblicato da La Repubblica. Era il 2 agosto 2024. Otto mesi dopo, a cambiare è solo in numero dei bambini gazawi uccisi, mutilati. La strage dell’innocenza. E il mondo sta a guardare. 

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