In Germania, l’ultradestra post-nazista di Alternativa per la Germania (AfD) continua la sua rapida ascesa nei sondaggi, raggiungendo per la prima volta i conservatori dell’Unione (Cdu-Csu) di Friedrich Merz. Secondo l’ultima rilevazione dell’istituto Insa, pubblicata dalla Bild nel weekend, entrambe le formazioni sono accreditate del 24% dei consensi. Un dato che segna una svolta preoccupante: solo sei settimane fa, al momento del voto, l’AfD era indietro di quasi otto punti, con il 20,8% contro il 28,5% dell’Unione.
Il crollo dei partiti tradizionali è evidente. L’Spd di Lars Klingbeil, impegnato con Merz nelle delicate trattative per la formazione di un governo di coalizione, resta inchiodato al 16%. I Verdi perdono terreno e scendono all’11%, al pari della Linke, che però guadagna un punto. I liberali della Fdp e i populisti di sinistra di Bsw restano al limite della soglia di sbarramento, con il 4% ciascuno.
Ma il dato più allarmante non riguarda solo la crescita dell’AfD in termini numerici: è il contesto geopolitico e mediatico che rende questa avanzata ancora più significativa. Da mesi, diversi osservatori e analisti evidenziano come la formazione di estrema destra sia sostenuta in vari modi da attori internazionali ostili all’attuale ordine europeo.
Mosca ha più volte espresso pubblicamente simpatie per il partito, e media vicini al Cremlino ne rilanciano regolarmente le posizioni anti-immigrazione e anti-Nato. Parallelamente, Elon Musk — tramite la sua piattaforma X (ex Twitter) — ha dato ampio spazio alle voci e agli esponenti dell’AfD, contribuendo a normalizzare la loro presenza nel dibattito pubblico. All’interno della stessa area atlantica, non sono mancati segnali preoccupanti: J.D. Vance, esponente dell’ala trumpiana repubblicana e uomo molto vicino alla Casa Bianca in un possibile secondo mandato di Trump, ha apertamente elogiato le politiche dell’AfD, definendole “un modello per l’Occidente in declino”.
In questo scenario, l’AfD non appare più solo un partito antisistema in crescita, ma il perno di una strategia più ampia, che punta a destabilizzare le democrazie europee dall’interno sfruttando crisi reali — come quella economica, migratoria e della sicurezza — e amplificandole attraverso reti mediatiche e alleanze transnazionali.
Il segretario generale del gruppo parlamentare della Cdu, Thorsten Frei, ha cercato di rassicurare gli elettori: “Appena ci sarà il governo, stabilizzeremo la politica economica, quella sulla migrazione e la difesa. Il nuovo inizio si sentirà in ogni paese e in ogni città della Repubblica federale”. Ma il tempo stringe: l’AfD continua a guadagnare terreno e ora, più che mai, appare come la vera protagonista di un’Europa sotto pressione.