Turchia: in 15 milioni a sostegno del sindaco Imamoglu incarcerato da Erdogan
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Turchia: in 15 milioni a sostegno del sindaco Imamoglu incarcerato da Erdogan

Sono più di 1.100 le persone fermate in Turchia nell'ambito delle proteste iniziate il 19 marzo contro l'arresto del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, rivale politico numero uno del leader turco Recep Tayyip Erdogan

Turchia: in 15 milioni a sostegno del sindaco Imamoglu incarcerato da Erdogan
Manifestazione in Turchia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

24 Marzo 2025 - 23.05


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1100. E 15milioni, Gli eventi che stanno marchiando la Turchia posso essere racchiusi in questi due cifre.

Sono più di 1.100 le persone fermate in Turchia nell’ambito delle proteste iniziate il 19 marzo contro l’arresto del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, rivale politico numero uno del leader turco Recep Tayyip Erdogan. Su X il ministro turco degli Interni, Ali Yerlikaya, scrive di “1.133 sospetti fermati per attività illegali tra il 19 e il 23 marzo”. Tra loro, afferma, ci sono persone “affiliate con 12 differenti organizzazioni terroristiche”. 

Quasi 15 milioni di persone hanno votato per il sindaco di Istanbul arrestato, Ekrem Imamoglu, alle primarie del maggior partito di opposizione, il Chp, per scegliere il candidato alle prossime elezioni presidenziali, in programma nel 2028.

Le consultazioni, dove Imamoglu era l’unico candidato, si sono tenute in tutte le 81 province turche e hanno votato 14 milioni e 850 mila persone, tra cui 1 milione e 653mila iscritti al maggior partito di opposizione Chp, che è una forza politica laica e di centro sinistra, ha fatto sapere lo stesso Chp. 

La protesta non si arresta

La notte di domenica è stata la quinta di proteste in Turchia e, secondo la Bbc, quella con gli scontri più intensi mai visti da anni nel Paese con lacrimogeni e proiettili di gomma utilizzati contro i manifestanti. Alle proteste hanno preso parte decine di migliaia di persone.

Ieri sera una folla si è radunata nei pressi degli uffici del Comune di Istanbul. Armati di bandiere turche, i manifestanti hanno intonato slogan di fronte ai poliziotti. Gli agenti, riporta la rete britannica, sono stati visti intervenire con cannoni ad acqua e spray al peperoncino. Mai in Turchia c’erano state proteste di questa portata dalla mobilitazione del 2013, dalle proteste di Gezi Park. Secondo l’agenzia Afp si sono registrate manifestazioni in almeno 55 delle 81 province della Turchia.

Il Tkp, il Partito comunista di Turchia, su X ha reso noto che stamani è stato prelevato dalla sua abitazione il dirigente della forza politica a Istanbul, Ahmet Dincel, dopo aver partecipato alla mobilitazione per l’arresto di Imamoglu. Stessa sorte per altri quattro esponenti del partito che hanno manifestato a Sarachane “per difendere il diritto della popolazione a partecipare alla vita politica”. Il Tkp parla di misure “illegali” e chiede il “rilascio immediato” per tutti.

Il sindacato turco dei giornalisti ha denunciato via X il fermo di nove reporter, anche un fotoreporter dell’agenzia Afp, che hanno seguito le proteste della notte in varie città del Paese. Secondo l’ong Mlsa, sono invece dieci i giornalisti fermati.

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Intanto, dopo l’interrogatorio di sabato sera, i giudici del tribunale di Istanbul hanno confermato l’arresto di Imamoglu, in custodia da mercoledì con diverse accuse a suo carico, tra cui “corruzione” e “favoreggiamento del terrorismo”. Il politico è stato portato nel carcere di Silivri assieme ad altre 50 persone coinvolte nello stesso caso. L’ufficio del procuratore capo di Istanbul ha però confermato che l’arresto è stato confermato solo per l’accusa di corruzione mentre è “stato ritenuto non necessario prendere una decisione” riguardo all’accusa di favoreggiamento al terrorismo. “Nonostante vi siano forti sospetti sull’assistenza a un’organizzazione terroristica armata, si è ritenuto non necessario prendere una decisione su questa particolare accusa in questa fase, poiché è già stato messo in custodia cautelare per reati finanziari. Pertanto, la richiesta è stata respinta”, si legge in una comunicazione della Procura. Nello specifico, “è stato deciso che il sospettato, Ekrem Imamoglu, venga messo in custodia cautelare con l’accusa di aver fondato e diretto un’organizzazione criminale, accettato tangenti, aver tenuto una condotta scorretta durante la carica, aver registrato illegalmente dati personali e turbativa d’asta“. Il primo cittadino, però, promette che continuerà a lottare per la sua libertà e la democrazia nel suo Paese: “Non mi piegherò mai – ha detto – Toglieremo questa macchia dalla nostra democrazia”.

Oltre alla piazza, Imamoglu ha riscosso anche l’appoggio del sindaco della capitale turca e compagno di partito, Mansur Yavas, che ha definito “vergognosa” la conferma dell’arresto del collega: “Ci vergogniamo del nostro sistema legale, è vergognoso per il nostro Paese”, ha dichiarato.

E anche l’Ue è intervenuta. “Gli arresti del sindaco Imamoglu e di oltre 300 manifestanti sollevano seri interrogativi sul rispetto, da parte della Turchia, della sua consolidata tradizione democratica. In quanto membro del Consiglio d’Europa e Paese candidato all’adesione all’Ue, la Turchia ha il dovere di rispettare i valori democratici”, ha affermato un portavoce della Commissione europea, riprendendo le parole usate dalla presidente Ursula von der Leyen nei giorni scorsi. Ankara, aggiunge, è chiamata a tutelare “tanto i diritti degli eletti quanto il diritto dei cittadini a manifestare pacificamente”.

Il competitor che può battere il “sultano”

A spiegarne le ragioni è un documentato report de il Post: “Imamoglu, è il più carismatico leader politico turco d’opposizione degli ultimi decenni. È anche ritenuto l’unico che sarebbe in grado di vincere un’elezione contro il presidente Recep Tayyip Erdogan. Per questo l’opposizione in Turchia, e in particolare il Partito popolare repubblicano (Chp), il suo partito, si preparava da mesi a sostenerlo alle elezioni presidenziali. Ekrem Imamoglu è una figura rara nel sistema politico turco. È capace di parlare a più elettorati assieme (esattamente come fa Erdogan), e questo gli consente di superare il problema principale dell’opposizione al presidente: le divisioni dentro all’opposizione.

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Oggi l’opposizione a Erdogan è dominata dal Chp, il partito di Imamoglu, il più antico partito politico della Turchia: fu creato dal fondatore della repubblica turca, Kemal Atatürk, e per questo il Chp viene frequentemente definito “kemalista”. Il Chp è un partito di centrosinistra, con una tradizione rigidamente secolare e alcuni elementi nazionalisti. Alle elezioni degli ultimi decenni ha sempre ottenuto attorno al 20-25 per cento dei voti, senza mai riuscire a vincere.

Attorno al Chp, però, a ogni elezione si è sempre creata una confusa schiera di partiti più piccoli, le cui divisioni hanno ostacolato il successo dell’opposizione: negli ultimi due decenni alle elezioni si sono sempre presentati dai 15 ai 25 partiti, la maggior parte dei quali di opposizione. L’urgenza di sconfiggere Erdogan ha spesso creato una forte confusione ideologica. Alle ultime elezioni nel 2023, per esempio, il Chp formò un’alleanza di sei partiti estremamente eterogenea, in cui di fatto era l’unica formazione di centrosinistra: tutti gli altri erano partiti di centrodestra e anche di destra estrema. C’era perfino il partito dell’ex primo ministro di Erdogan, Ahmet Davutoglu. Tra gli alleati più stabili del Chp negli ultimi anni ci sono stati il Buon partito (Iyi), che è un partito ultranazionalista, e il Partito della Felicità, islamista conservatore.

A questo quadro si aggiungono poi i partiti su base etnica, come il Partito dell’Uguaglianza e della Democrazia dei Popoli (Dem), che è un partito curdo di sinistra estremamente popolare nel sud-est della Turchia, dove appunto vive la comunità curda. Pur ottenendo sempre risultati superiori al 10 per cento, il partito Dem è escluso dalle alleanze anti Erdogan, perché gli altri partiti turchi vogliono evitare di sembrare troppo vicini alla causa dell’autonomismo curdo. Lo storico leader del partito, Selahattin Demirtas, è in prigione dal 2016, con accuse di terrorismo che sono ritenute politicamente motivate. 

In questo contesto Imamoglu è un politico raro. I sondaggi dicono che grazie a lui il Chp riuscirebbe a superare la soglia del 25 per cento alla quale è rimasto bloccato negli ultimi decenni: attualmente nei sondaggi il partito è al 30 per cento, alla pari con il Partito Giustizia e Sviluppo (Akp) di Erdogan. Se poi fossero necessarie delle alleanze, Imamoglu sarebbe ritenuto abbastanza abile da gestirle.

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La sua capacità di superare le divisioni viene in parte dalla sua biografia: è nato nella provincia di Trebisonda, sul mar Nero, da una famiglia islamica conservatrice. Da bambino fece studi coranici, cosa che gli consente di parlare alla parte più religiosa e conservatrice della popolazione turca. Durante l’università si avvicinò poi al Chp e alle sue politiche secolari e di centrosinistra.

È un politico con buone credenziali progressiste, ma ha anche avuto una carriera da imprenditore di successo, cosa che rassicura i centristi. Tra le altre cose, tra il 2002 e il 2003 fu parte del consiglio di amministrazione del Trabzonspor, che è la squadra di calcio di Trebisonda ed è molto seguita in Turchia.

Soprattutto, ciò che rende Imamoglu popolare è la fama di essere un vincente. Nel 2019 fu candidato da semisconosciuto come sindaco di Istanbul, la più grande e importante città turca, in cui Erdogan è sempre stato fortissimo: Erdogan è nato a Istanbul ed è stato sindaco della città. Imamoglu vinse. Erdogan allora fece ripetere le elezioni, appellandosi a un cavillo. Imamoglu le vinse ancora, con un margine maggiore. È poi stato riconfermato l’anno scorso per un secondo mandato da sindaco.

Il governo di Erdogan vede da tempo in Imamoglu una minaccia politica e cerca in ogni modo di fermarlo: oltre alle accuse più recenti, contro di lui sono attive più di 90 indagini amministrative o penali, alcune delle quali sembrano decisamente di poco conto. È stato accusato di aver calciato la tomba di un antico sultano e di aver dato degli «sciocchi» ai funzionari che confermarono la ripetizione delle elezioni del 2019. Il processo per quest’ultimo reato è ancora in corso e Imamoglu rischia due anni di prigione.

Con le accuse recenti di corruzione e terrorismo, Erdogan sta cercando di far finire definitivamente la carriera di Imamoglu. In questi giorni però alcuni analisti hanno ricordato che nel 1998 un altro famoso sindaco di Istanbul fu arrestato con accuse politicamente motivate e trascorse alcuni mesi in prigione: era Recep Tayyip Erdogan, che allora era un politico musulmano moderato e democratico, e non ancora il leader autoritario di oggi. Il suo arresto contribuì a renderlo popolare in tutta la Turchia, e pochi anni dopo vinse le sue prime elezioni nazionali”.

Ora, nostra chiosa finale, l’eterogenesi dei fini potrebbe costare ciò che di più caro ha il “sultano” Erdogan: l’insaziabile bramosia di potere. 

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