Turchia: l’arresto del sindaco di Istanbul segna una nuova ondata repressiva di Erdogan
Le autorità turche hanno arrestato Ekrem Imamoglu, sindaco di Istanbul e principale esponente dell’opposizione a Recep Tayyip Erdogan. Con accuse di corruzione e presunti legami con organizzazioni terroristiche, il leader del Partito Popolare Repubblicano (CHP) è stato fermato in quello che appare come un ulteriore atto di repressione politica da parte del regime turco.
L’arresto di Imamoglu non è un caso isolato: si inserisce in un contesto più ampio di progressiva eliminazione degli avversari politici da parte di Erdogan, che negli ultimi anni ha sistematicamente ridotto al silenzio oppositori, giornalisti indipendenti e attivisti per i diritti umani. Con il controllo del potere giudiziario, il presidente turco utilizza la giustizia come arma per neutralizzare ogni minaccia al suo dominio.
L’impatto economico della vicenda è stato immediato: la lira turca ha perso il 12,7% del suo valore, crollando a 42 lire per dollaro, mentre la Borsa di Istanbul ha subito un calo del 6,87%, costringendo le autorità a sospendere le contrattazioni. Questo nuovo segnale di instabilità politica allontana ulteriormente gli investitori stranieri e aggrava la già fragile economia del Paese.
Organizzazioni internazionali come Human Rights Watch hanno denunciato l’arresto come un chiaro abuso di potere, volto a reprimere ogni opposizione e ad assicurare a Erdogan il controllo totale della scena politica in vista delle prossime elezioni. Nel frattempo, il governo ha vietato ogni forma di protesta pubblica per quattro giorni, nel tentativo di soffocare possibili manifestazioni di dissenso.
L’arresto di Imamoglu conferma ancora una volta che la Turchia di Erdogan si sta allontanando sempre più dai principi democratici, trasformandosi in uno Stato autoritario dove le istituzioni sono piegate alla volontà del leader.