Il ciclone Trump ha rovesciato il tavolo e azzerato il patto tra Usa e Europa che vigeva da ottant’anni: l’accettazione dell’egemonia e della protezione americana in cambio della fedeltà politica. In estrema sintesi: noi liberatori vi garantiamo la sicurezza militare sotto l’ombrello Nato, voi europei dovete seguire pedissequamente le nostre politiche tenendo lontani dal potere i comunisti e i loro parenti stretti. Quando qualcuno nell’Europa Occidentale ha provato a emendarsi da questo patto, come fecero Aldo Moro e Enrico Berlinguer, non è finita bene.
Anche sull’Ucraina l’Europa ha seguito questo copione, piegandosi al dicktat dell’amministrazione Biden nella sua guerra per procura alla Russia. Ma col ritorno al potere di Trump e della sua cricca di esaltati (Vance, Musk, Rubio) tutto è cambiato. Il Maga (Make America Great Again) sembra aver scalzato il Patto Atlantico. Dei princìpi delle democrazie liberali che l’avevano finora sostenuto a Trump sembra non importare un fico secco. Lui pensa esclusivamente agli interessi americani (e propri) in chiave anti-Cina, il vero nemico dell’America sul piano economico e tecnologico. E per raggiungerli è disposto a tutto e non guarda in faccia a nessuno. Scarica brutalmente Zelensky, si accorda in puro stile imperiale con Putin, è pronto a spartirsi con lo Zar l’Ucraina e con Netanyahu la Palestina, a deportare i gazawi per fare della Striscia la Riviera dei ricchi, a comprarsi la Groenlandia, prendersi Panama, il Canada e fors’anche il Messico.
Di fronte a questo sconvolgimento una classe dirigente europea mai così mediocre e imbelle è stata presa dal panico ed è entrata in confusione. Si può anche capire lo sconcerto (l’Amico Americano che da un giorno all’altro diventa un nostro potenziale nemico, dice che la Ue è nata per fregare gli Usa, ci smolla l’Ucraina e la difesa europea, minaccia pesanti dazi e la guerra commerciale contro di noi), ma ha dell’incredibile la miopia e la mancanza di realismo politico che sta caratterizzando le reazioni dei capi di stato del Vecchio Continente.
Di fronte all’intesa Trump-Putin che, comunque la si pensi, potrebbe portare a breve al cessate il fuoco e a un accordo di pace in Ucraina dopo tre anni di guerra disastrosa, l’Europa, che in questi tre anni non è riuscita a mettere in campo nessuna seria iniziativa per una soluzione politica del conflitto, si schiera con Zelensky – politicamente un morto che cammina dopo l’attacco subito da Trump e Vance con la cacciata dalla Casa Bianca – contro l’accordo Usa-Russia e a favore del rafforzamento militare dell’Ucraina. Quindi per continuare la guerra, “fino alla vittoria finale”. Ma veramente c’è qualcuno tra i leader europei che crede sia possibile spezzare le reni alla Russia e consentire all’Ucraina di riprendersi il Donbass e la Crimea? Pare di sì.
“Sosterremo l’Ucraina fino alla vittoria”, va ripetendo come un disco rotto la presidente Von del Leyen. E la sua ministra degli Esteri, l’estone Kaja Kallas, ex prima ministra di un paese che ha la metà degli abitanti di Milano, arriva a “sfidare” l’America di Trump scrivendo che ora “il mondo libero ha bisogno di un nuovo leader”. Perfino, Keir Starmer, cioè il nuovo premier di un paese da sempre alleato di ferro (e di armi) degli Usa, si dice pronto a sostenere Zelensky “fino alla fine” e, assieme al presidente francese Emmanuel Macron, a mandare truppe Nato in Ucraina. Che i Russi non accetteranno mai. Anche se poi nel vertice di oggi a Londra Starmer apre a un “piano di pace” assieme a Trump.
Intanto il nostro Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, dopo settimane di imbarazzato silenzio, nel tentativo penoso di trovare un posto al sole lancia la proposta di un vertice Ue, Usa, Nato per ricucire lo strappo. Camminando però sul filo della sua triplice ambiguità – amica allo stesso tempo di Zelensky e di Trump, capa di un governo sovranista che per due terzi è contro l’Europa e per un terzo putiniano – rischia di cadere nel ridicolo.
Ci vorrebbe uno psicanalista bravo per spiegare la ratio dei comportamenti di questi presunti leader. A me, che psicanalista non sono, sembrano semplicemente fuori di testa. Nel momento in cui servirebbe come il pane un’Europa unita, capace di avanzare proposte ragionevoli per spegnere l’incendio ucraino, determinata a riportare la pace nel Continente non con gli eserciti ma con le armi della politica e della diplomazia, pronta a giocare un ruolo da protagonista nello scenario geopolitico attraverso il rilancio della cooperazione internazionale, della collaborazione economica con tutti, Russia compresa, questi che fanno? Rilanciano la scelta bellicista. Pensano a riarmarsi, a spendere il 3% del Pil europeo, cioè oltre cinquecento miliardi di euro l’anno, per difendersi dall’Orso Russo.
Ma qualcuno crede davvero possibile che la Russia decida un attacco all’Europa e voglia la Terza guerra mondiale come Hitler volle la Seconda? A me sembra un’ipotesi fuori dalla realtà.
Intanto la Germania, dopo le limitazioni imposte alla fine della Seconda guerra mondiale, vara un mega piano da 200 miliardi di euro per tornare a essere una potenza militare, oltre che economica. E a me la Germania che riarma, con un governo che si preannuncia sbilanciato a destra e i post nazisti dell’Adf al 20%, fa un certo effetto, direi quasi più paura della Russia. A voi no?
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