Zelensky nella trappola della Casa Bianca. Colpito, certo, ma non affondato. A spiegarlo molto bene, su Haaretz, è Liza Rozovsky, profonda conoscitrice della realtà ucraina.
Il bullo spiazzato
Annota Rozovsky: “Nel giro di un mese dal ritorno di Trump alla Casa Bianca, il vecchio ordine mondiale è stato messo sottosopra. Per il presidente della nazione più potente del mondo, le conquiste che l’umanità aveva faticosamente raggiunto a partire dall’Illuminismo – apparentemente consolidate dopo la Seconda Guerra Mondiale – sono state rese prive di significato.
I diritti umani, il diritto delle nazioni all’autodeterminazione, il diritto internazionale il controllo e gli equilibri di un sistema democratico sono stati liquidati con poche dichiarazioni, ordini esecutivi e post sui social media.
Al loro posto, ha sfacciatamente e inequivocabilmente ripristinato i valori più antichi conosciuti dall’umanità: il culto del potere e la ricerca ingorda di onore e ricchezza
Nel caso dell’accordo minerario offerto all’Ucraina, la ricerca di Trump si è concentrata sulle risorse naturali del paese. L’onore che cercava era il merito di aver posto fine a una guerra sanguinosa e il potere che venerava era la forza illusoria della Russia e del suo leader, Vladimir Putin.
Zelensky ha cercato invano di spiegare a Trump – davanti a giornalisti e telecamere attoniti – che la firma di un accordo con Putin non ne garantisce l’attuazione. Un giornalista ha posto una e domanda in tal senso, chiedendo cosa sarebbe successo se Putin avesse violato l’accordo. Trump si è rifiutato di rispondere, rispondendo invece: “E se ti cade una bomba in testa?”. Invece delle garanzie di sicurezza richieste dall’Ucraina, Trump ha offerto solo il presunto “rispetto” che Putin nutre nei suoi confronti come ultima garanzia per una pace duratura.
Gli alti funzionari della Casa Bianca – e lo stesso Trump – hanno chiarito in modo inequivocabile negli ultimi giorni che non hanno alcuna intenzione di fornire all’Ucraina garanzie di sicurezza in cambio dell’accesso alle sue risorse. È stato un grave errore per Zelensky fare visita a un’amministrazione così poco invitante.
I funzionari ucraini avevano segnalato prima della visita che avrebbero insistito sulle garanzie di sicurezza come condizione per la firma dell’“accordo minerario” tra Stati Uniti e Ucraina.
Tuttavia, secondo la bozza dell’accordo pubblicata dall’organo di informazione ucraino Ukrainska Pravda, l’unica volta che la frase “garanzie di sicurezza” compare è nella seguente frase: “Il governo degli Stati Uniti sostiene gli sforzi dell’Ucraina per ottenere le garanzie di sicurezza necessarie per una pace duratura”. In altre parole: “Fate del vostro meglio; forse gli europei vi daranno una mano, ma non certo noi”.
Con un linguaggio del genere, era chiaro che ciò che attendeva Zelensky alla Casa Bianca non era un accordo di partenariato ma un contratto di sottomissione. La visita era condannata fin dall’inizio.
Eppure, nel mondo alla rovescia di Trump, il fallimento di Zelensky è stato interpretato come una sorta di sconfitta condita di gloria. Interrompendo il drammatico scambio nello Studio Ovale, Trump ha dichiarato che gli spettatori avevano appena assistito a una “grande televisione”. In realtà, si trattava di molto più che di televisione: era un momento cinematografico iconico: un giovane di bassa statura che affrontava il bullo più temibile del quartiere e il suo esecutore, il vicepresidente J.D. Vance.
Se c’è una cosa che Zelensky, cresciuto nell’Ucraina degli anni ’90, conosceva bene, è proprio questo tipo di scontro.
Il mondo senza legge di Trump, in cui i forti si appropriano di trhtuhjaziende (o territori), saccheggiano le risorse naturali (proprie o di paesi stranieri) e ricattano (individui o intere nazioni), assomiglia molto al paesaggio post-sovietico emerso dopo il crollo dell’URSS.
Se l’educazione di Zelensky a Kryvyi Rih, una città dell’Ucraina centrale nota per le sue bande violente, gli ha insegnato qualcosa, è che quando una banda del genere ti mette alle strette, hai una sola opzione: combattere.
Questa è stata la strada scelta da Zelenskyy nei primi giorni dell’assalto russo del febbraio 2022, ed è stata la strada che ha scelto anche nello Studio Ovale.
“E’ mai stato in Ucraina e pensa di poterci dire quali sono i nostri problemi?”, ha detto al vicepresidente degli Stati Uniti. Zelensky non stava semplicemente “dicendo la verità al potere”. Stava lottando per la sopravvivenza, rifiutando di arrendersi.
Ora, dopo quest’ultimo, disperato e alla fine inutile tentativo di assicurarsi anche solo un briciolo di sostegno da parte degli Stati Uniti, il presidente ucraino sembra aver finalmente capito con chi ha a che fare e quanto si siano spostati i paletti. Con grande sorpresa di Trump, Zelensky conosce fin troppo bene il suo approccio”, conclude Rozovsky.
Lottare per la sopravvivenza. La sua e quella del popolo ucraino. Del quale al tycoon e al suo vice importa meno che niente. A Trump non frega nulla di passare per lo Sceriffo buono. Lui conosce solo i linguaggi della forza e degli affari. E li pratica sul piano interno e ancor più su quello internazionale. A lui non servono alleati ma vassalli (vero presidente Meloni?). Per The Donald l’Europa è una entità fastidiosa, ostile. Lui se la intende meglio con gli autocrati di ogni latitudine, si chiamino Putin o Netanyahu e finanche Kim Jong-un (“in fondo è un bravo ragazzo”, ha detto di lui). L’importante è non parargli di valori, di principi. Da quell’orecchio Donald Trump non ci sente proprio.