Nella Russia di Putin può accadere anche questo contro chi parla e denuncia. A San Pietroburgo, per giustificare un procedimento amministrativo contro Lena Patyaeva, il tribunale ha dichiarato il suo manifesto una “struttura pieghevole”, ossia un cartello abusivo. Praticamente, come se la ragazza ritratta nella foto col suo manifesto avesse realizzato una costruzione abusiva.
Nei giorni scorsi, esattamente il 29 gennaio, Lena Patyaeva si è recata sul ponte Kadyrov con in mano un manifesto sul quale aveva riproposto l’appello ad indagare sul rapimento della sua amica Seda Suleimanova; rapimento avvenuto un anno e mezzo fa in Cecenia. Seda è una delle tante ragazze che in Cecenia si ribellano a leggi e tradizioni che vedono le donne vittime di un sistema di duro patriarcato. Seda aveva provato a conquistarsi la libertà e come in altri casi è stata riacciuffata, e riportata a casa, con la sostanziale complicità del sistema repressivo.
La sua amica, Lena, per l’appello rinnovato a San Pietroburgo, è stata fermata, ha trascorso due notti in custodia della polizia e, infine, è stata condannata a 20 ore di servizi sociali per aver organizzato un evento non autorizzato.
Dalla decisione del giudice del tribunale cittadino di Krasnoselsky, Nadezhda Barilchenko, fornita alla “Parola di difesa” di Patyaeva, si è saputo che per giustificare l’accusa, il manifesto scritto su carta Whatman è stato definito una “struttura pieghevole”. Una scusa per sottoporre il presidio al requisito di un’autorizzazione: senza una “struttura prefabbricata e pieghevole”, non è richiesta l’approvazione per un singolo “evento pubblico”.
Lena Patyaeva intende presentare ricorso contro la decisione del tribunale. Peraltro, la difesa della ragazza che ostinatamente chiede che si faccia luce sulla scomparsa della sua giovane amica, ha notato altre anomalie nel rapporto di polizia. In particolare, l’inizio del sit in è stato dichiarato alle 14:30, e non alle 12:00, come era stato in realtà. Poi, Seda Suleimanova è stata chiamata “Sulemanova” nel testo del verbale nel quale si diceva anche che la polizia avrebbe avvertito i manifestanti dell’illegalità dell’azione, avvertimento che in realtà non è stato mai dato.