Milex svela i magheggi dell'Italia sulle armi all'Ucraina
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Milex svela i magheggi dell'Italia sulle armi all'Ucraina

Dobbiamo dire grazie a Mil€x ai suoi analisti, per l’opera di informazione che fa, con puntualità, rigore e perizia documentale, sui costi nascosti nei programmi nazionali.

Milex svela i magheggi dell'Italia sulle armi all'Ucraina
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

27 Gennaio 2025 - 17.04


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Dobbiamo dire grazie a Mil€x ai suoi analisti, per l’opera di informazione che fa, con puntualità, rigore e perizia documentale, sui costi nascosti nei programmi nazionali.

Il caso Ucraina

Una riprova è il report, per Mil€x di uno dei suoi analisti di punta: Enrico Piovesana ,che svela i magheggi italiani sulle armi all’Ucraina.

Scrive Piovesana: “Dopo tre anni di guerra in Ucraina, permane la più totale assenza di informazioni ufficiali sul costo del supporto militare che l’Italia ha fornito finora a Kiev in termini di armi e munizioni inviate. Al di là delle stime ufficiose sul valore complessivo del materiale ceduto (che superano ormai i 3 miliardi, senza contare il costo delle decine di voli dei cargo dell’Aeronautica Militare da Pratica di Mare alla base Nato di Rzeszow in Polonia) e dell’ignoto bilancio tra le uscite per la contribuzione nazionale all’European Peace Facility (circa 1,4 miliardi degli 11,1 che l’EFP ha raccolto finora per l’Ucraina) e le entrate per i rimborsi erogati finora dallo stesso fondo, c’è la questione dei costi di ripianamento scorte nascosti nelle pieghe dei programmi di riarmo nazionali.

Unico caso “in chiaro” quelle delle munizioni d’artiglieria: i 14,5 milioni che l’articolo 33 del Decreto Lavoro del 2023 ha destinato ad Agenzia Industrie Difesa per “rafforzare la produzione (di munizionamento) per continuare a rispondere alle forniture alle forze armate ucraine senza tuttavia sguarnire le riserve nazionali”. Per il resto, come osservato a più riprese dal Servizio Bilancio del Senato e dalla Corte dei Conti, c’è poca chiarezza su come le cessioni a Kiev incidano sulla programmazione della Difesa sulle acquisizioni di armamenti e relative munizioni.

Per questi motivi riteniamo sia importante rendere evidenti alcuni dati e informazioni su alcuni programmi militari nazionali che riguardano sistemi ceduti all’Ucraina.

Iniziano con il programma per l’acquisto di missili e lanciamissili antiaerei spalleggiabili e veicolari della Mbda Italia per un valore di 808 milioni a rimpiazzo dei vecchi Stinger americani. Nel testo del programma “Rinnovamento della capacità Very Short Range Air Defence (VSHORAD) relativo all’acquisizione di sistemi di difesa aerea a cortissima portata per l’Esercito” (Atto Governo 113) non c’è alcun riferimento esplicito che leghi questi acquisti – richiesti dalla Difesa a fine 2023 e approvati dal Parlamento a inizio 2024 per rifornire le brigate di manovra dell’Esercito – alle cessioni degli Stinger a Kiev. Fatto sta che gli Stinger in dotazione a dette brigate sono stati ceduti all’Ucraina fin dai primi pacchetti del 2022.

C’è poi il completamento della seconda fase del programma di acquisizione per l’Esercito di nuove scorte di missili anticarro israeliani Spike, inviati in Ucraina a inizio conflitto insieme ai vecchi missili anticarro Milan e Panzerfaust. Dopo l’approvazione di un primo decreto da 51 milioni presentato dal Ministero della Difesa nell’estate del 2022 (Atto Governo 404), il secondo decreto da 92 milioni presentato ad aprile 2024 (Atto Governo 153) risulta tutt’ora sospeso.

Merita certamente attenzione per il suo impatto finanziario anche l’avvio del nuovo programma da 1,8 miliardi, sottoposto dalla Difesa al Parlamento nel settembre 2024 (Atto Governo 203), per l’acquisto dei nuovi obici semoventi ruotati Rch155 della tedesca Knds, destinati a rimpiazzare gli obici a traino Fh70 oltre ai vecchi semoventi M109 dismessi, affiancando i semoventi attualmente in linea Pzh2000: tutti sistemi oggetto di cessione a Kiev. Quindi, in qualche misura, questo programma ricade tra le spese ripianamento scorte legato alle forniture per l’Ucraina.

L’acquisizione di cinque nuove batterie missilistiche Samp/T di nuova generazione (dal costo unitario di circa 500 milioni) e relativi missili Aster 30 (da circa 2 milioni l’uno) è stata avviata prima dello scoppio del conflitto in Ucraina, dove abbiamo mandato due delle cinque vecchie batterie in dotazione all’Esercito. Ma a destare qualche sospetto è un aumento dei costi difficilmente spiegabile come un semplice rincaro legato alla dinamica inflazionistica generale degli ultimi anni. Nel Documento Programmatico Pluriennale (Dpp) della Difesa del 2021 il programma di “rinnovamento e potenziamento della capacità nazionale di difesa aerea e missilistica” prevedeva un costo complessivo di 3 miliardi. Nel Dpp del 2023, tenendo conto degli stanziamenti già allocati nelle annualità precedenti, l’onere complessivo sale a 4 miliardi, per arrivare a 4,29 miliardi nel Dpp 2024. Un incremento del 43% in tre anni. E tutto questo prima che il Ministro Crosetto annunciasse lo scorso settembre il raddoppio della commessa, da cinque a dieci nuove batterie.

Discorso analogo, seppur con un aumento più contenuto, anche il programma di ammodernamento della capacità nazionale di difesa aerea e missilistica a media portata con l’acquisizione di batterie Shorad Grifo con missili Camm-Er, a rimpiazzo delle vecchie batterie SkyGuard con missili Aspide: anch’esso previsto prima dello scoppio della guerra in Ucraina, dove sono state inviate batterie SkyGuard Aspide in dismissione fin dal 2022. Il costo del programma previsto nel Dpp 2021 era di 795 milioni: nel Dpp 2024 la previsione, compresi gli stanziamenti già allocati, è salita a 981 milioni: +23%.”.

Così Piovesana. Ministro Crosetto ha qualcosa da dire?

2025, perseverare è diabolico.

Riproponiamo l’analisi globale di Francesco Vignarca, “decano” degli analisti “antiriarmisti”, dirigente di Rete Italiana Pace e Disarmo (Ripd).

Così il suo report dello scorso ottobre: “La trasmissione al Parlamento della Legge di Bilancio da parte del Governo permette, come ogni anno, di poter effettuare un’analisi delle allocazioni relative alla sfera della Difesa e degli armamenti, giungendo quindi ad una valutazione della spesa militare previsionale per il 2025. Ovviamente tale cifra è suscettibile di aggiustamenti da implementare nei prossimi mesi: in parte perché potranno essere affinate alcune stime per il momento solo parametrizzate (grazie ad acquisizione di maggiori informazioni specifiche), in parte perché solo fra qualche mese verranno assegnati nel dettaglio alcuni fondi per il momento solo allocati nelle loro cifre complessive (ad esempio quelli legati alle missioni militari all’estero). Come quasi sempre, tranne in alcune annualità molto particolare in cui si sono realizzate delle modifiche alle legislazioni vigenti determinate da necessità di equilibrio finanziario, la prima parte del Disegno di Legge di Bilancio, che determina gli interventi voluti dal Governo per realizzare le proprie linee politiche, è abbastanza povera di decisioni legate alla sfera della Difesa. Anche il DDL 2112 presentato alle Camere dal Ministro Giorgetti lo scorso 23 ottobre non si discosta da questa consuetudine: nei 124 articoli che lo compongono gli unici riferimenti diretti ed espliciti ad interventi in questa sfera si trovano negli articoli 90 e 91 dedicati il primo ai programmi “Strade Sicure” e “Stazioni sicure”, e il secondo al rifinanziamento del NATO Innovation Fund. Mentre gli importi relativi a questo specifico programma sono di scarsa consistenza (circa 7,7 milioni di euro) ben più rilevanti dal punto di vista finanziario (tralasciando per un momento l’aspetto operativo e politico) sono i circa 240 milioni annui (fino al 2027) che garantiscono la proroga della presenza sulle strade del contingente di circa 6.000 militari già previsto e dell’incremento di 800 unità per quanto riguarda la vigilanza sulle stazioni.

Ovviamente anche questa cifra evidenziata nel DDL, in quanto necessitante di una esplicita proroga di missione, va ad inserirsi nel totale complessivo del Bilancio del Ministero della Difesa, che costituisce il punto di partenza di base per qualsiasi stima delle spese militari. La cifra messa a disposizione del Ministero di via XX Settembre guidato dall’On. Guido Crosetto come “bilancio proprio” evidenzia fin da subito la forte crescita (in termini assoluti e percentuali) di tali spese: per il 2025 il totale, infatti, si attesta su 31.295 milioni di euro, con una crescita netta di oltre 2,1 miliardi di euro (aumento del 7,31%) rispetto alle previsioni per il 2024. Per la prima volta nella storia viene dunque superata (e di gran lunga) la quota complessiva di 30 miliardi…”

Trenta miliardi. Ma il nuovo, tragico, inquilino della Casa Bianca non si accontenta e pretende che l’Europa vassalla, tra cui l’Italia, innalzi al 5% le spese militari. Un crimine “istituziobnalizzato”.

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