Assad isolato tra pressioni di Putin, Erdogan e crisi interna: si intravede la fine del regime
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Assad isolato tra pressioni di Putin, Erdogan e crisi interna: si intravede la fine del regime

Ribelli all’assalto di Assad, e sempre più vicini alla capitale, dopo però Assad asserragliato resiste, con l’aiuto militare di Putin. Ma la Russia potrebbe scaricare l'alleato

Assad isolato tra pressioni di Putin, Erdogan e crisi interna: si intravede la fine del regime
Assad e Putin
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

1 Dicembre 2024 - 12.31


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Ribelli all’assalto di Assad, e sempre più vicini alla capitale, dopo però Assad asserragliato resiste, con l’aiuto militare di Putin. Un’ipotesi però dice che proprio  Vladimir Vladimirovich Putin, il cosiddetto zar di tutte (o quasi tutte) le Russie potrebbe determinarsi a scaricare il suo alleato-sottoposto: da questa mattina circola voce che al  suo posto si penserebbe a indicare un comitato di transizione guidato dal generale di brigata Hossam Louqa. E’ una voce da riferire come tale, forse fondata, forse no,  ma il Cremlino potrebbe considerare davvero uno scenario del genere perché Putin non vuole perdere la Siria, i suoi porti e le sue basi aree, ed ha visto che Assad non controlla più il Paese senza i miliziani di Hezbollah, ormai usciti dalla Siria per i noti fatti accaduti in Libano. Il regime di Assad si regge soltanto grazie al sostegno miliziano del fronte guidato dall’Iran che non sembra in grado di alzare un muro armato a difesa di Assad (che li voleva scaricare per salvarsi) e Putin lo sa. 

Dunque la voce da cui siamo partiti, il negoziato su questa possibile autorità di transizione, riguarda la possibilità di un accordo tra Russia e Turchia: Erdogan è irritato con Assad ma ha ottimi rapporti con Putin. Sono loro che stanno cercando di prendere il controllo di pezzi del Paese per poi sottoporli al loro comitato di transizione? Forse, è un’ipotesi di cui si parla, e che ci ricorda due cose.

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La prima è che anni fa il Consiglio di Sicurezza dell’Onu anni fa approvò una risoluzione in cui si chiedeva ad Assad di avviare una fase di transizione, aprendo ai suoi oppositori la gestione di un’autorità condivisa che costruisse la nuova Siria. Rimase lettere morta. 

La seconda cosa che ci ricorda è che, come hanno scritto molti giornali, tra gli insorti ci sono miliziani anche efferati, tra i quali alcuni definiti ufficialmente terroristi. E’ vero, ma bisognerebbe mettersi d’accordo sul senso delle parole. Assad cosa sarebbe? Perché per lui non si ricorre a questa parola? Ormai, indubbiamente, sappiamo che nell’agosto del 2013 fu lui a ordinare di fare strage di civili siriani ricorrendo al gas sarin, contro donne e bambini, per salvare il suo regime. In precedenza, nel 2011, si era distinto per le sevizie con cui fece eliminare diversi bambini per le scritte irriverenti che avevano fatto sul muro del cortile della loro scuola. Dunque si dovrebbe capire chi sia terrorista, e cosa sia il terrorismo. Lo è certamente quello di chi guida i miliziani spietati di Hayat Tahrir al Sham, costola importante nello scacchiere armato che sta tentando di rovesciare il regime su ordine di Erdogan e il cui leader, guarda caso, in queste ore sarebbe stato ucciso dai russi;   ma lo è ugualmente il regime contro cui combatte. In mezzo, tra di loro, ci sono i siriani, di cui nessuno si interessa, ma è evidente che un popolo di 25 milioni di persone nel 2011, è stato decurtato del 55% da Assad perché quel 55% era appartenente a una comunità, quella sunnita, che lui considerava non fedele alla sua cupola feudale.

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E qui veniamo all’imprudenza dell’ Assad già “vincitore”, e definito da molti leader arabi ( alcuni  lo avevano anche combattuto) non terrorista ma statista. Da tempo il Cremlino, che ora sembra voltargli le spalle, gli aveva chiesto un summit a tre con Erdogan. Il leader turco controlla con le citate milizie un piccolo spicchio di Siria, dove sono stati ammessati gli sfollati da Assad, che a differenza di altri milioni di siriani lui non ha potuto deportare dal paese. In quello spicchio di Siria Erdogan però non può metterci anche i siriani che da anni sono stati indotti a fuggire dalla Siria e che lui si tiene sul suo territorio, con finanziamenti europei. Sono altri milioni, non c’entrano. Così Erdogan voleva un altro spicchio di Siria, limitrofo a quello che già ha, per stiparci i siriani di cui vuole liberarsi, con urgenza, perché l’economia in Turchia va male e lui per colpa della presenza di così tanti esuli siriani sta perdendo consensi. Ma Assad ha detto di no. E Erdogan non ha gradito.

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Poi c’è il contesto internazionale, che muta. L’ipotesi di un’intesa Putin-Erdogan certamente  potrebbe essere apprezzata anche a Washington, che non vuole che la Siria rimanga legata all’Iran, questa oggi sembra una priorità. 

Ma il vero problema che pone la questione della possibile caduta di Assad è un’altra: hanno ragione i teorici dello scontro di civiltà, il problema è l’Islam, un problema così grave da rendere necessario anche il ricorso a criminali come Assad? O il problema sono i regimi, come quello di Assad, che hanno devastato le loro società lasciando sul campo solo una rabbia così feroce da ammalare anche il pensiero religioso? 

Se avessero ragione i teorici della “scontro di civiltà”, per i paesi musulmani non ci sarà mai alternativa, solo una repressione feroce e smisurata, come quella di Assad. Se avessero ragioni teorici del dialogo di civiltà e il problema fossero i regimi, allora si potrebbe sperare in un cambiamento. Che non può portare i “buoni” al potere dalla mattina alla sera. Per questa visione non ci sono “i buoni”, ci sono società devastate da regimi come quello di Assad, che vanno curate, lentamente. Ma cominciando a cambiare strada, abbattendo i simboli di un potere assoluto, totale, come quello di Assad. 

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