Kiev affannosamente si difende dall’offensiva di Mosca ma fosche nubi si addensano all’orizzonte, con la nuova amministrazione americana targata Donald Trump che sarebbe pronta a porre fine al conflitto anche a costo di mettere nelle mani del Cremlino la Crimea e il Donbass.
Le preoccupazioni di Volodymyr Zelensky – «nessuno può prevedere cosa farà Trump» ha sottolineato parlando ai leader europei nelle kermesse di Budapest – sembrano concretizzarsi nel peggiore scenario: «La Crimea è persa», ha detto uno degli ex consiglieri tycoon, Bryan Lanza. La nuova amministrazione, ha sostenuto, si concentrerà sul raggiungimento della pace in Ucraina invece di focalizzarsi sul ripristino dell’unità territoriale del Paese. Dunque, da Zelensky il neo inquilino della Casa Bianca si aspetta «una visione realistica della pace, e se venisse al tavolo a dire che la pace ci sarebbe solo con la Crimea ci mostrerebbe di non essere serio», perché «la Crimea è persa».
Una visione in linea con le rivelazioni del Wall Street Journal che giorni fa, citando proprio l’entourage del presidente rieletto, aveva scritto che i consiglieri di Trump gli raccomandano di congelare la guerra, fissando l’occupazione da parte della Russia di circa il 20% dell’Ucraina e costringendo Kiev a sospendere temporaneamente la sua richiesta di adesione alla Nato. Temporaneamente si fa per dire, secondo il Wsj si tratterebbe di un lasso di tempo di almeno 20 anni. Per Kiev sul piatto Washington metterebbe la promessa di continuare a fornire armi come deterrente contro un possibile nuovo attacco russo. In questo quadro, la linea del fronte si bloccherebbe e entrambe le parti concorderebbero su una zona demilitarizzata anche se non è chiaro monitorata da quale forza di pace, non certo statunitense né, si sostiene, sotto l’egida dell’Onu.
Kiev corre ai ripari e dopo la telefonata a tre Trump-Musk-Zelensky assicura che il dialogo è aperto e si lavora a un possibile incontro tra i due leader. «I due team inizieranno a lavorare su questo, è quello che posso dire al momento», ha detto il ministro degli Esteri, Andrii Sybiha.
Il responsabile ha accolto oggi a Kiev l’Alto rappresentante della politica estera Ue, Josep Borrell, arrivato «con un chiaro scopo, proveniente dal vertice dell’Unione europea a Budapest e dopo le elezioni americane, quello di sottolineare il sostegno dell’Ue all’Ucraina». Borrell ha esortato gli alleati a un «maggiore sostegno militare, più capacità di addestramento, più denaro, forniture più rapide e anche il permesso di colpire obiettivi militari del nemico sul suo territorio. Non basta fermare le frecce, devi attaccare gli arcieri».
Da Washington intanto, l’amministrazione uscente di Joe Biden ha accelerato sulla fornitura degli indispensabili missili intercettori annunciando l’invio di 500 unità per i sistemi di difesa aerea a medio raggio Nasams e Patriot, forse anche in vista della svolta annunciata dai trumpiani. Si spera che le nuove forniture possano garantire copertura aerea ora che l’inverno è iniziato e le infrastrutture energetiche tornano nel mirino dei russi, che oggi hanno colpito con i droni la regione di Odessa (il bilancio è di un morto e una decina di feriti), e Kupyansk, nella regione di Kharkiv, dove i morti sono almeno due.
Gli ucraini non stanno con le mani in mano e nonostante le difficili condizioni meteo hanno attaccato secondo fonti dei servizi un impianto chimico nella regione russa di Tula, circa 200 chilometri a sud di Mosca. Uno sciame di 13 droni avrebbe causato diverse esplosioni. Nel solo mese di ottobre, lo Stato maggiore ucraino ha contato – secondo la stampa locale – 52mila obiettivi finiti nel mirino dei droni di Kiev.