Caos nei giornali Usa tra dimissioni, abbonamenti annullati e neutralità forzata per paura di Trump
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Caos nei giornali Usa tra dimissioni, abbonamenti annullati e neutralità forzata per paura di Trump

Queste Presidenziali hanno fatto parlare anche tanto dell’indipendenza dei giornali americani, anche all’estero si è parlato del Washington Post, della sorpresa dopo decenni di un mancato endorsement per uno dei candidati

Caos nei giornali Usa tra dimissioni, abbonamenti annullati e neutralità forzata per paura di Trump
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Tiziana Buccico Modifica articolo

3 Novembre 2024 - 18.07


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Alle ore 23 di Los Angeles hanno già votato 71, 5 milioni 

Queste Presidenziali hanno fatto parlare anche tanto dell’indipendenza dei giornali americani, anche all’estero si è parlato del Washington Post, della sorpresa dopo decenni di un mancato endorsement per uno dei candidati, polemiche, dichiarazioni, dimissioni, lettere e ben 200.000 abbonamenti annullati. Bezos in persona ha dovuto alla fine esporsi, pur non volendo farlo direttamente è stato costretto, temendo ritorsioni in caso di vincita di Donald Trump. Alla fine, il padrone dell’Impero Amazon cercando disperatamente la neutralità, ha scelto di non andare contro Trump, quindi ha scelto.

Ma altri giornali sono al centro di decisioni sorprendenti che hanno fatto discutere, il Los Angeles Time ha ritirato il suo sostegno a Kamala Harris all’improvviso.

La storia è questa, il comitato editoriale del Los Angeles Times stila uno schema dettagliato di approvazione per il sostegno alla candidata democratica Kamala Harris, il giornale è sempre stato di tendenza progressista, è un giornale californiano tra gli stati dem per eccellenza e avrebbe sostenuto la Harris, una candidata originaria della California e residente in California, insomma molti punti a suo favore. Ma l’approvazione al sostegno non viene approvato e la figlia del proprietario, Patrick Soon-Shiong dichiara che la decisone è stata presa per la posizione del vicepresidente Harris sulla guerra in Medioriente e Gaza. Ma il proprietario poco dopo la dichiarazione della figlia, precisa che la dichiarazione fatta non è a nome del giornale e smentisce. Per i membri del Consiglio, la Harris rappresentava, secondo la loro opinione un importante baluardo tra Donald Trump e le istituzioni democratiche.

Il miliardario della biotecnologia, Soon- Shiong ha acquistato il giornale nel 2018 per 500 milioni di dollari. La sua decisione di neutralità è arrivata ponendo un veto attraverso un intermediario che ha informato il consiglio del giornale.

Per giorni, i lettori della California meridionale, a stragrande maggioranza progressista, hanno speculato con rabbia su una decisione che era ampiamente considerata un favore a Trump e un voto di sfiducia nei confronti della signora Harris. Migliaia di lettori hanno annullato gli abbonamenti. Tre membri del comitato editoriale si sono dimessi. Quasi 200 membri dello staff hanno firmato una lettera aperta alla direzione chiedendo spiegazioni, lamentandosi che la decisione presa così vicino alle elezioni aveva minato la fiducia dell’organizzazione giornalistica nei confronti dei lettori. La News Guild del Times, il sindacato della redazione, ha presentato una protesta. Nei post sui social media e nelle successive interviste con la sua stessa organizzazione giornalistica, il miliardario proprietario Soon-Shiong ha parlato di una  di neutralità.

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Poi arriva con clamore mediatico e riportata da tutta la stampa americana una dichiarazione, subito contestata dal giornale, della figlia del magnate, Nika Soon-Shiong, 31 anni, attivista politica progressista spesso accusata di aver cercato di intromettersi nella copertura mediatica del giornale, affermando che la decisione è stata motivata dal continuo sostegno della Harris a Israele nella sua guerra a Gaza. “La nostra famiglia ha preso la decisione congiunta di non sostenere un candidato presidenziale. Questa è stata la prima e unica volta in cui sono stata coinvolta“, ha affermato Nika Soon-Shiong, che non ha alcun ruolo formale nel giornale, in una dichiarazione al New York Times. “Come cittadina di un paese che finanzia apertamente il genocidio e come famiglia che ha vissuto l’apartheid sudafricano, il sostegno è stata un’opportunità per ripudiare le giustificazioni per la diffusa presa di mira dei giornalisti e la guerra in corso contro i bambini”.

Il padre ha subito smentito, attraverso un portavoce, dichiarando: “Nika parla a titolo personale, è la sua opinione, come ogni membro della comunità ha il diritto di farlo. Non ha alcun ruolo nel giornale, né partecipa ad alcuna decisione o discussione con il comitato editoriale, come è stato chiarito più volte”.

La direttrice della rubrica editoriale, tra le persone che si sono dimesse, ha dichiarato di essere rimasta sconcertata dalle affermazioni della figlia. “Se questa è stata la ragione per cui la dottoressa Soon-Shiong ha bloccato l’approvazione per il sostegno a Kamala Harris, tutto ciò non è stato comunicato né a me né agli editorialisti” – ha affermato Mariel Garza – “Se l’obiettivo della famiglia era quello di ‘ripudiare le giustificazioni per l’ampia presa di mira dei giornalisti e la guerra in corso contro i bambini’, restare in silenzio non ha raggiunto questo obiettivo”. La ex Direttrice Garza, che è stata la prima a dimettersi dal comitato editoriale, ha dichiarato di non aver avuto altra scelta che andarsene: “Questo è il nostro dovere” – ha detto in un’intervista – ” Questo è un periodo spaventoso e dobbiamo tutti essere coraggiosi e non lasciarci intimidire”. Dopo pochi giorni, altri due membri del comitato editoriale, Karin Klein e Robert Greene, vincitore del premio Pulitzer 2021, si sono dimessi. “Non si tratta di essere in disaccordo con il proprietario”, ha affermato la Klein, autrice e specialista in istruzione che lavora al Times da 35 anni, 22 dei quali come editorialista. “Fare questo un paio di settimane prima delle elezioni significa davvero fare un editoriale, un editoriale di fantasia, invisibile, che manda il messaggio che abbiamo dei dubbi su Kamala”.

Negli ultimi sei anni, autori e redattori si sono irritati sempre di più per l’interferenza del proprietario Soon-Shiong e della sua famiglia, nelle dinamiche e decisioni della redazione. Di solito i proprietari del LA Times sono generalmente considerati più come custodi di un patrimonio pubblico che come semplici proprietari con il diritto di imporre le proprie opinioni personali. A gennaio, Kevin Merida si è dimesso da direttore esecutivo dopo uno scontro con Soon-Shiong per un articolo inedito su un conoscente del proprietario del giornale, oltre ad altri conflitti nella redazione. Solo poche settimane dopo, la pubblicazione dell’articolo, la proprietà ha tagliato in un sol colpo 115 giornalisti, una riduzione della redazione del 20 percento, cosa mai accaduta negli ultimi dieci anni. Diversi redattori senior del LA Times hanno affermato di non essere stati informati sui motivi della decisione del proprietario, ma avevano notato che spesso era stato critico nei confronti dell’amministrazione Biden e si era vantato di aver cenato con Trump dopo aver vinto la presidenza nel 2016 e che spesso aveva avuto vertenze in sospeso con la Food and Drug Administration federale, problema non da poco per un magnate della biotecnologia, dell’industria farmacologica e sanitaria.

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È chiaro che l’arrivo di Trump incute timore non ai giornali ed ai giornalisti ma ai ricchissimi proprietari, che li usano un po’ per darsi un tono e per sembrare interessati alla cultura ed ai fatti, ma poi pronti a voltare faccia alle redazioni, ai giornalisti e soprattutto ai lettori, interrompendo antiche tradizioni, scegliendo di diventare neutrali. Ma il risultato è molto chiaro temono talmente Trump che scelgono il campo neutro, anche a rischio di perdere un consistente numero di abbonati e di entrate. Evidentemente le minacce di vendetta di Trump hanno un peso consistente sulle proprietà. Al Washington Post e al Los Angeles Times si è unito il gruppo di Usa Today Network, mentre di seguito la lista dei giornali più importanti schierati, per la Harris il numero è davvero consistente, per Trump il sostegno è minore, forse dovuto anche al fatto che i giornalisti vengono spesso trattati abbastanza male da Trump. 

Per Kamala Harris: The New York Times, The Economist, Boston Globe, Seattle Times, Las Vegas Sun, New Yorker, Philadelphia Enquirer, Houston Chronicle, Vogue, The Atlantic, Rolling Stones, The Guardian, The Observer ect.

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Per Trump: New York Post, The Washington Times, Las Vegas Review-Journal etc

Fu un giorno fatale quello nel quale il pubblico scoprì che la penna è più potente del ciottolo e può diventare più dannosa di una sassata.”

Oscar Wilde

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