Sono 330 milioni i bambini che vivono in povertà assoluta e nelle zone di guerra
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Sono 330 milioni i bambini che vivono in povertà assoluta e nelle zone di guerra

Una enormità. A darne conto è l’Unicef. Nel mondo circa 330 milioni di bambini vivono in condizioni di povertà estrema – circa la metà di loro vive in aree colpite da conflitto.   

Sono 330 milioni i bambini che vivono in povertà assoluta e nelle zone di guerra
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

25 Settembre 2024 - 20.21


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Sarebbero uno degli Stati più popolati al mondo. Lo “Stato” dei bimbi che vivono in stato di povertà estrema.

Una enormità. A darne conto è l’Unicef. Nel mondo circa 330 milioni di bambini vivono in condizioni di povertà estrema – circa la metà di loro vive in aree colpite da conflitto.       

200 milioni di bambini hanno problemi nello sviluppo a causa della malnutrizione.

88 milioni di ragazze adolescenti si stima siano fuori dalle scuole.  559 milioni di bambini sono esposti a frequenti ondate di calore.

Ogni giorno circa 14.000 bambini sotto i 5 anni muoiono per cause in gran parte prevenibili come malattie diarroiche e malaria.

L’Unicef ha presentato il report Proven Solutions for Children (Soluzioni efficaci per i bambini), che esamina soluzioni politiche prioritarie basate su dati concreti ed efficaci in termini di costi, volte ad accelerare i progressi verso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, durante l’evento “High-Level Dialogue on Proven Solutions for Children: Accelerating Progress for the Sdgs and Beyond”, promosso nell’ambito della 79ma Sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (Unga).

Così Catherine Russell, Direttrice generale dell’Unicef: “Nel mondo circa 330 milioni di bambini vivono in condizioni di povertà estrema – circa la metà di loro vive in aree colpite da conflitto, 200 milioni di bambini non si stanno sviluppando correttamente a causa della malnutrizione, 86 milioni di ragazze adolescenti si stima siano fuori dalle scuole, 559 milioni di bambini sono esposti a frequenti ondate di calore e ogni giorno, circa 14.000 bambini sotto i 5 anni muoiono per cause in gran parte prevenibili come malattie diarroiche e malaria.

Negli ultimi quattro anni, decenni di progressi nel benessere dei bambini hanno cominciato a sgretolarsi, mentre gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sdg) sono diventati sempre più irraggiungibili. Con l’avvicinarsi del 2030, attualmente siamo sulla buona strada per raggiungere solo il 15% degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e appena uno su tre degli indicatori Sdg relativi ai bambini.

Dobbiamo fare di più per i bambini e possiamo farlo, lo abbiamo già fatto: attraverso un’azione globale concertata dal 2000, la mortalità dei bambini sotto i 5 anni è diminuita del 50%, i ritardi nella crescita fra i bambini sotto i 5 anni sono diminuiti di un terzo, il numero di bambini colpiti da poliomielite è diminuito di oltre il 99% e più di due miliardi di persone hanno accesso ad acqua potabile gestita in modo sicuro.

Dobbiamo significativamente accelerare i progressi per l’Agenda 2030 implementando soluzioni politiche efficaci dal punto di vista dei costi e basate su dati concreti, che possano essere applicate in tutti i Paesi a prescindere dal reddito. È indispensabile intensificare le azioni e gli investimenti per rafforzare i sistemi su cui i bambini fanno affidamento, come l’assistenza sanitaria, la protezione sociale, i servizi di nutrizione, l’istruzione, l’acqua e i servizi igienici. E dobbiamo rendere questi sistemi più resilienti alle crisi.

L’Unicef chiede un’azione accelerata in 4 aree chiave:

·         Per prima cosa, espandere la copertura di vaccinazione fra i bambini. L’Unicef e partner come Gavi chiedono ai governi di finanziare adeguatamente i servizi di vaccinazione e immunizzazione per raggiungere almeno il 90% della copertura e dimezzare il numero di bambini zero dose entro il 2030, investire maggiormente nell’innovazione e migliorare la distribuzione dei vaccini e garantire un accesso equo ai nuovi vaccini.

·         Secondo: rafforzare i sistemi di protezione sociale e la progressiva estensione di prestazioni di qualità a tutti i bambini.

·         Terzo: aumentare gli investimenti nei primi anni di vita dei bambini, in particolare nella nutrizione, nell’assistenza e nell’istruzione. Sappiamo che investire nei primi anni di vita, compresi i primi 1.000 giorni, ha effetti trasformativi sulle abilità dei bambini a sopravvivere, svilupparsi e crescere.

·         Il quarto punto è l’ampliamento dell’accesso a un’istruzione di qualità per le ragazze adolescenti. Nonostante i progressi compiuti nel campo dell’istruzione primaria, in molti Paesi del mondo le ragazze adolescenti devono ancora affrontare enormi ostacoli per accedere all’istruzione secondaria. Violenza, povertà, matrimonio infantile e lavoro domestico sono solo alcuni dei fattori che frenano milioni di ragazze.

All’Unicef, il nostro impegno nei confronti delle bambine è incrollabile. Crediamo che investendo nella loro istruzione oggi, stiamo gettando le basi per un domani più sano ed equo. Le ragazze e le giovani donne saranno leader influenti, innovatrici e artefici del cambiamento negli anni a venire. È nostro dovere garantire loro il sostegno e le opportunità di cui hanno bisogno”.

Storie di quotidiana sofferenza

La storia viene dalla martoriata Gaza. E la racconta Infopal riprendendola e traducendola dall’agenzia Wafa: “Nel cuore di Gaza, dove l’eco della guerra è diventato una dolorosa melodia di sopravvivenza, in una piccola stanza d’ospedale si svolge una storia straziante. Shawq Ayyad, una madre trentenne, guarda impotente il suo bambino Sanad combattere una battaglia disperata per una grave condizione di salute a causa dall’implacabile aggressione israeliana che ha colpito la regione da oltre un anno.

La gravidanza di Shawq Ayyad, che avrebbe dovuto essere un momento di attesa e di gioia, è stata oscurata dai bombardamenti continui e dalla dura realtà della guerra.

Vivendo tra la continua violenza e gli sfollamenti, Shawq è stata esposta ai fumi tossici degli attacchi aerei e ha dovuto affrontare gravi carenze di cibo e vitamine essenziali. Queste terribili condizioni hanno avuto un impatto negativo sulla sua salute e, tragicamente, sulla salute del suo bambino non ancora nato.

Quando Sanad è nato, la sua vita è stata rovinata dalla triste realtà delle sue condizioni. Gli è stata diagnosticata l’idrocefalia, una grave condizione caratterizzata dall’accumulo anomalo di liquido cerebrospinale nel cervello: Sanad ha una paralisi parziale e gravi problemi sensoriali. La triste diagnosi è un crudele promemoria delle conseguenze di vasta portata della violenza in corso.

Nell’ospedale dei Martiri di Al-Aqsa a Gaza, dove la situazione di Sanad sta diventando sempre più disperata, il neonato giace attaccato a una miriade di dispositivi medici. Nonostante diversi interventi chirurgici volti ad alleviare le sue condizioni, le limitate risorse mediche nella regione sono insufficienti per la sua guarigione.

Il sistema sanitario di Gaza, già al limite, fatica a fornire le cure specialistiche di cui Sanad ha urgentemente bisogno.

Shawq racconta la sua straziante esperienza a un reporter dell’agenzia Anadolu. “Durante la mia gravidanza, i gas tossici dei bombardamenti mi hanno causato gravi difficoltà respiratorie, che credo abbiano avuto ripercussioni sul mio bambino”, dice con la voce rotta dall’angoscia.

“Qui a Gaza, mio ​​figlio ha subito numerosi interventi chirurgici, ma ha disperatamente bisogno di cure oltre i nostri confini, cure che sono semplicemente fuori dalla sua portata a causa del blocco e della guerra in corso”.

Il blocco imposto da Israele ha ulteriormente aggravato la sofferenza degli abitanti di Gaza. La chiusura del valico di Rafah e di altre vie di rifornimento vitali ha intrappolato di fatto migliaia di persone in condizioni terribili.

Per coloro come Sanad, che hanno bisogno di attrezzature mediche specialistiche e trattamenti non disponibili localmente, questo blocco significa uno spietato destino senza accesso alle cure necessarie.

Shawq evidenzia le carenze critiche a Gaza, sottolineando che suo figlio necessita di sondini per l’alimentazione, attrezzature per la sterilizzazione e altre forniture mediche che semplicemente non sono disponibili. La situazione è disperata, con beni di prima necessità per sopravvivere che stanno diventando sempre più scarsi.

Una crisi umanitaria.

L’ampia crisi umanitaria a Gaza ne colpisce migliaia di altri. Statistiche recenti rivelano che circa 3.500 bambini affrontano condizioni che minacciano la loro vita a causa della malnutrizione, mentre circa 10.000 pazienti oncologici hanno urgente bisogno di cure fuori dalla regione.

Il continuo blocco e la restrizione delle risorse hanno esacerbato la sofferenza della popolazione, rendendo l’assistenza sanitaria di base e le scorte per sopravvivere insufficienti in modo allarmante.

Dallo scoppio dell’offensiva israeliana il 7 ottobre 2023, Gaza è stata tagliata fuori dai servizi essenziali. La distruzione delle infrastrutture, inclusa l’unica centrale elettrica, ha portato a interruzioni diffuse e a un blocco delle forniture essenziali. Gli aiuti internazionali che raggiungono Gaza sono limitati e non riescono a soddisfare i crescenti bisogni dei suoi abitanti.

In questa schiacciante avversità, Shawq si aggrappa a un fragile filo di speranza. Desidera un giorno che Sanad possa ricevere le cure di cui ha disperatamente bisogno. La sua speranza non è solo per il figlio, ma per gli innumerevoli altri che soffrono in silenzio, in attesa di un minimo di sollievo in una terra travolta dal conflitto”.

Gaza, l’infanzia annientata. Per non dimenticare.

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