Ventinove agosto, una giornata da cerchiare in rosso nel calendario pacifista. Il perché lo spiega, con la consueta chiarezza e profondità documentale, Rete Italiana Pace e Disarmo (Ripd).
Il 29 agosto, spiega Ripd, “si celebra la Giornata internazionale delle Nazioni Unite contro i test nucleari, momento appropriato per ricordare l’impatto negativo dello sviluppo di questi ordigni inumani sulle comunità che vivono nelle vicinanze dei luoghi di queste esplosioni, con case e terre contaminate dal fallout radioattivo. Il termine un po’ astratto di “test” non rende giustizia al fatto che qualcuno abbia deliberatamente causato un’esplosione nucleare solo per verificare il funzionamento di un sistema d’armamento dal momento che questi esperimenti hanno causato danni enormi alle persone e all’ambiente. Le comunità e gli Stati colpiti dalle armi nucleari stanno ancora lottando per il riconoscimento dei danni subiti e per ottenere assistenza per affrontare le conseguenze tra cui tumori,, infertilità e difetti alla nascita, sfollamento, emarginazione economica e sociale, danni psicologiciì
La Giornata Internazionale contro i test nucleari è un’occasione per promuovere il Trattato per la messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT) e per chiederne l’entrata in vigore. Adottato nel 1996, è il primo Trattato internazionale che vieta tutti i test nucleari. Ha 187 Stati che hanno firmato e 178 che hanno ratificato, ma non è ancora entrato in vigore a causa della mancata ratifica di nove Stati, dalla cui ratifica dipende l’entrata in vigore del trattato: Cina, Repubblica Popolare Democratica di Corea, Egitto, India, Iran, Israele, Pakistan, Federazione Russa e Stati Uniti. Nel 2023, la Russia ha revocato la ratifica ma è rimasta firmataria del trattato. Nonostante non sia entrato in vigore, il CTBT ha istituito una forte norma di riferimento internazionale, spingendo verso una moratoria di fatto sui test nucleari. L’Italia ha sempre positivamente sostenuto il CTBT, ma potrebbe fare di più anche nell’ottica di protezione delle comunità colpite e bonifica degli ambienti in cui i test sono stati eseguiti.
La campagna “Italia ripensaci”, promossa da Rete Pace Disarmo e Senzatomica, chiede ancora una volta alle istituzioni del nostro Paese di avvicinarsi ai contenuti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW)
che tra le altre prescrizioni proibisce chiaramente i test di armi nucleari, rafforzando il quadro giuridico internazionale contro i test nucleari. Per affrontare i danni causati dall’uso e dai test delle armi nucleari, gli Stati parte del TPNW hanno deciso, durante l’ultima riunione degli Stati parte, di esaminare la possibilità di creare un fondo fiduciario internazionale per fornire risorse per l’assistenza alle vittime e la bonifica ambientale. A cui anche l’Italia, pur se non ha ancora firmato e ratificato il TPNW, potrebbe dare il proprio sostegno con fondi e competenze.
La Giornata internazionale contro gli esperimenti nucleari è stata istituita per commemorare la chiusura del sito di test nucleari di Semipalatinsk, oggi in Kazakhstan, avvenuta il 29 agosto 1991. E proprio ad Astana si è svolto in questi giorni un (NWFZ), per promuovere la cooperazione e capire come poter contribuire agli sforzi per rispondere alle minacce alla sicurezza esistenti ed emergenti legate alle armi nucleari.
Si stima che dal 1949 al 1989 nel sito di Semipalatinsk siano stati effettuati 456 test nucleari sovietici, tra cui 116 test atmosferici, con conseguenze devastanti a lungo termine per la salute umana e l’ambiente. A livello globale, i nove Stati dotati di armi nucleari hanno testato circa 2000 armi nucleari tra il 1945 e il 2017. Il più grande test mai effettuato dalla Gran Bretagna è stata una bomba H da 3,8 megatoni (potente come 237 bombe di Hiroshima) fatta esplodere nel 1958 in quello che oggi è lo stato insulare di Kiribati, nel Pacifico, che non a caso oggi sta presiedendo insieme al Kazakhstan il gruppo di lavoro del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) riguardante gli articoli 6 e 7 relativi all’assistenza alle vittime, alla bonifica ambientale e alla cooperazione e assistenza internazionale. Anche gli Stati Uniti e la Francia hanno effettuarono test simili nel Pacifico e in altre parti del mondo, mentre l’Unione Sovietica e la Cina hanno testato le proprie armi in regioni all’interno dei loro confini così come India, Pakistan e Corea del Nord. L’esplosione più potente in assoluto, una bomba H da 50 megatoni, è stato realizzata dall’URSS nel nord della Russia nel 1961. Complessivamente ci sono stati più di 2000 test dal 1945 ad oggi, anche se tutti i Paesi, tranne la Corea del Nord, hanno smesso di effettuarli negli anni ’90, con conseguenze molto reali per le persone e l’ambiente che si ripercuotono per generazioni. Nell’esporre alle radiazioni le popolazioni locali e il personale partecipante, gli Stati che hanno realizzato i test hanno studiato gli impatti sulle persone, senza il loro consenso, per valutare gli effetti delle radiazioni: esseri umani sono quindi stati usati come vere e proprie cavie da laboratorio.
Una Campagna meritoria
Promossa dalla Rete Italiana per il Disarmo e da Senzatomica, la Campagna “Italia, ripensaci” è nata a ottobre 2016, in occasione del voto nel Primo Comitato dell’Assemblea Generale dell’Onu sulla risoluzione che chiedeva all’Assemblea Generale di approvare una conferenza di Stati per adottare uno strumento giuridicamente vincolante che prevedesse la messa al bando e lo smantellamento delle armi nucleari. L’Italia votò contro. Era il 27 ottobre 2016. C’era tempo per ripensarci, visto che la risoluzione L41 avrebbe poi dovuto essere convalidata dal voto in Assemblea Generale, come avvenne il 23 dicembre successivo. In quell’occasione l’Italia votò a favore, in effetti, insieme alla maggioranza degli Stati; ma successivamente ammise di averlo fatto per errore. In pratica, non cambiava niente: la maggioranza era schiacciante, con o senza il voto dell’Italia. 113 a favore, 35 contrari, 13 astenuti.
Ma l’Italia (cioè, il Governo italiano e i diplomatici che lo rappresentavano), nonostante le ripetute richieste da parte della società civile, non ha partecipato alle conferenze in cui gli Stati hanno dibattuto sui grandi temi del disarmo globale per raggiungere, alla fine, una posizione comune e condivisa.
Con i due appuntamenti della conferenza degli Stati, a marzo e a giugno-luglio 2017, la Campagna “Italia, ripensaci” si è inquadrata nelle attività internazionali coordinate da ICAN e si è guadagnata molte adesioni e molta attenzione anche sui media. L’adozione del testo del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari, il 7 Luglio 2017, e la successiva attribuzione del Premio Nobel per la Pace a ICAN, hanno fatto convergere l’attenzione sulle campagne internazionali. Dalla fine della Guerra Fredda non si è mai parlato così tanto di disarmo nucleare in Italia!
La Campagna “Italia, ripensaci” si coordina con le altre campagne nazionali a sostegno dell’entrata in vigore del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari, in primo luogo con quelle portate avanti nei paesi la cui situazione è più simile a quella italiana: il Belgio, la Germania e i Paesi Bassi, tutti paesi europei membri della Nato e che ospitano armi nucleari statunitensi sul proprio territorio.