Gaza, la guerra dei virus: ora anche la poliomielite
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Gaza, la guerra dei virus: ora anche la poliomielite

Si muore a Gaza. Sotto le bombe israeliane, per fame, per malattie. Gaza è un ricettacolo di virus. Ora anche quello della poliomielite.

Gaza, la guerra dei virus: ora anche la poliomielite
Palestinesi a Gaza
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

17 Agosto 2024 - 18.29


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A Doha si tratta, a Gaza si continua a morire. Ma un mondo vigliammo e ipocrita fa finta di niente e se si preoccupa è per scongiurare un attacco iraniano a Israele.

Allarme polio

Si muore a Gaza. Sotto le bombe israeliane, per fame, per malattie. Gaza è un ricettacolo di virus. Ora anche quello della poliomielite.

“La ricomparsa della poliomielite a Gaza dopo un quarto di secolo è un altro segnale preoccupante di quanto caotica, disperata e pericolosa sia diventata la situazione. Non possiamo permettere che la polio si diffonda a Gaza e minacci non solo i gazawi, ma tutti i bambini della regione”. Così la direttrice generale dell’Unicef, Catherine Russell, in un post pubblicato sul proprio profilo su X. “Ma – ha ammonito – per prevenire la diffusione della polio, abbiamo bisogno di condizioni sul campo che non sono state presenti a Gaza per 10 mesi – con accesso alle forniture necessarie e sicurezza per gli operatori sanitari che somministreranno i vaccini”. “Abbiamo bisogno di una ‘pausa antipolio’, in modo che i vaccini possano arrivare a Gaza ed essere distribuiti in sicurezza prima che sia troppo tardi. E soprattutto, abbiamo bisogno di un cessate il fuoco”, l’appello di Russell. Venerdì il ministero della Salute di Gaza ha detto di aver registrato un caso di poliomielite   in un bambino di 10 mesi a Deir al Balah, nel centro della Striscia, che dallo scorso ottobre sta subendo l’invasione israeliana.

La poliomielite è una malattia molto grave, che nei bambini può provocare forme permanenti di paralisi e nei casi peggiori la morte, ed è stata eradicata nella maggior parte del mondo grazie ai vaccini: il virus che la causa circola solo in Afghanistan e in Pakistan. Tuttavia, a luglio il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef) aveva trovato il  virus nelle fognature della Striscia di Gaza. Generalmente il virus si diffonde attraverso l’acqua contaminata.

Le autorità sanitarie di Gaza, gestite da Hamas, hanno detto che dopo la scoperta dei sintomi del bambino è stato fatto un test in un laboratorio di Amman, la capitale della Giordania, per confermare la presenza del virus. Finora l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) non ha confermato i risultati delle analisi, ma aveva fatto sapere che a Gaza c’erano tre bambini che mostravano sintomi compatibili con la poliomielite e che dei loro campioni biologici erano stati mandati in Giordania per essere esaminati.

L’Oms aveva già chiesto un cessate il fuoco di sette giorni nei combattimenti tra Israele e Hamas per vaccinare 640mila bambini palestinesi contro la malattia. Entro la fine di agosto 1,6 milioni di dosi del vaccino dovrebbero arrivare a Gaza. Prima di luglio erano 25 anni che nella Striscia di Gaza non c’era la poliomielite, secondo i dati delle Nazioni Unite.

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Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha chiesto alle parti in guerra a Gaza di deporre le armi in modo che gli operatori umanitari possano vaccinare in sicurezza più di mezzo milione di bambini contro la poliomielite. “Faccio appello a tutte le parti perché forniscano subito garanzie concrete, assicurando pause umanitarie”, ha affermato, parlando ai giornalisti nella sede delle Nazioni Unite a New York. Guterres ha descritto Gaza come in “caduta libera umanitaria” perché “proprio quando sembra che la situazione non possa peggiorare per i palestinesi di Gaza, la sofferenza aumenta e il mondo guarda”. Il poliovirus è stato recentemente rilevato in campioni di acque reflue a Khan Younis e Deir Al-Balah. “La poliomielite non si preoccupa delle linee di confine e non aspetta”, ha aggiunto Guterres. A partire dalla fine del mese – fanno sapere le Nazioni Unite -, l’Onu è pronta a lanciare una campagna in due fasi per vaccinare più di 640 mila bambini a Gaza di età inferiore ai 10 anni.

Una testimonianza dall’inferno

Becky Platt, infermiera volontaria, ha deciso di andare a Gaza per prestare soccorso in uno dei contesti umanitari più drammatici al mondo. Grazie alla testimonianza raccolta da Save The Children, emerge un quadro sconvolgente della situazione che i bambini e il personale sanitario affrontano ogni giorno in questa terra martoriata dal conflitto.

“Quando sono arrivata a Gaza, pensavo di essere preparata perché avevo seguito le notizie, ma niente può prepararti a ciò che ho visto. Edifici distrutti, macerie ovunque, bambini che vagano tra le rovine cercando cibo. Qui, procurarsi anche il minimo indispensabile è quasi impossibile”, racconta Becky. La sua testimonianza mette in luce la totale assenza delle risorse necessarie per garantire cure adeguate, soprattutto per i più piccoli.

Il racconto di Becky è straziante: “Avevamo solo paracetamolo e ibuprofene, farmaci che normalmente si usano per il mal di testa, ma a Gaza li abbiamo utilizzati per i bambini che subivano amputazioni. Non è giusto. Questi bambini con ferite devastanti meritano molto di più”. Becky descrive uno degli episodi più drammatici della sua esperienza: “Ho incontrato una ragazzina di 13 anni che ha perso una gamba e diversi fratelli in un bombardamento. Era in preda all’agonia e non riusciva nemmeno a guardare il suo moncherino. Ero impotente, non potevo fare quello che avrei potuto fare in un contesto diverso”.

A Gaza, i bambini non solo subiscono gravi ferite fisiche, ma anche un trauma psicologico devastante. “Il disagio psicologico che ho visto tra i bambini e i giovani è senza pari. Hanno bisogno di un enorme supporto per la salute mentale. Ogni giorno, sentono le bombe cadere e il fuoco delle mitragliatrici. È terrificante”, afferma Becky.

La guerra ha stravolto completamente le loro vite, rendendole irriconoscibili rispetto a prima.

Nonostante il contesto infernale, Becky racconta anche di un momento di speranza: “Una delle storie che mi ha dato forza è stata la nascita della prima bambina nell’ospedale da campo ostetrico, la chiameremo Lana. Era meravigliosa e ha portato gioia a tutto l’ospedale. È stato un grande incoraggiamento morale per tutti noi”.

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Ma il dolore e la sofferenza rimangono preponderanti. Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, dal 7 ottobre oltre 14.000 bambini sono stati uccisi e circa la metà di questi non è ancora stata identificata. Sono oltre 21.000 i minori dispersi, scomparsi, detenuti o sepolti sotto le macerie. Le loro famiglie non sanno dove si trovano e molti di questi bambini sono a rischio di violenze, abusi e sfruttamento. Le segnalazioni di maltrattamenti e torture sono all’ordine del giorno, e persino bambini ritrovati in fosse comuni mostrano segni di tortura ed esecuzioni sommarie.

Becky conclude con un appello disperato: “Gaza è come niente altro io abbia mai visto prima, sia in termini di esigenze sanitarie che umanitarie. I bambini qui non hanno letto, coperte, o accesso a cibo adeguato. Vivono in condizioni inumane, e non possiamo lasciarli soli. Hanno bisogno di tutto il nostro supporto, ora più che mai.”

La denuncia-appello di Oxfam

“A Gaza la sete è stata trasformata in un’arma letale contro la popolazione civile, con gravi violazioni del diritto umanitario internazionale. Il nostro ultimo rapporto, pubblicato il 18 luglio, offre un’analisi dettagliata di come il governo israeliano abbia utilizzato la scarsità d’acqua come strumento di guerra contro i palestinesi a partire dall’ultima operazione militare a Gaza.

Le misure adottate includono il taglio drastico delle forniture idriche, la distruzione sistematica delle infrastrutture essenziali e il blocco degli aiuti umanitari. Queste azioni hanno ridotto la disponibilità d’acqua per gli abitanti della Striscia di Gaza del 94%. Questa situazione non solo solleva gravi preoccupazioni per la sopravvivenza delle persone, ma rappresenta anche una chiara violazione delle norme internazionali.

Abbiamo assistito all’uso della fame e della sete come armi di guerra da parte di Israele, con conseguenze devastanti per la popolazione civile, conferma Valentina Bidone, nostra responsabile della risposta umanitaria a Gaza.

Emergenza idrica a Gaza: una crisi senza precedenti

Prima dell’escalation del 7 ottobre, ogni abitante di Gaza aveva a disposizione 82,7 litri di acqua al giorno, mentre ogni cittadino israeliano, inclusi i coloni che occupano illegalmente i territori palestinesi, ne aveva 247 litri. Oggi, la quantità di acqua a disposizione è crollata a 4,74 litri al giorno, un terzo dello standard minimo raccomandato a livello internazionale per la sopravvivenza di base in caso di emergenza. Per dare un’idea, questa quantità è inferiore a quella che ognuno di noi consuma quando tira lo sciacquone.

Devastazione delle infrastrutture idriche

Gli incessanti bombardamenti e attacchi hanno provocato la distruzione di cinque strutture idriche e sanitarie ogni tre giorni dal 7 ottobre.

Le conseguenze sono devastanti:

  • 69% dei pozzi completamente distrutti;
  • 33% degli impianti di desalinizzazione ridotti in macerie;
  • 70% delle pompe per lo smaltimento delle acque reflue fuori servizio;
  • 100% degli impianti di trattamento delle acque e dei principali laboratori di analisi della qualità dell’acqua rasi al suolo.
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La crisi sanitaria peggiora giorno dopo giorno

La mancanza di acqua pulita favorisce la diffusione di malattie mortali, specialmente tra i bambini. Malattie come colera, dissenteria acuta, epatite, poliomielite e tifo si stanno diffondendo rapidamente all’interno della Striscia, in assenza di acqua potabile e servizi igienici adeguati.

I dati sono allarmanti:

  • Oltre 485 mila casi di dissenteria acuta con quasi 113 mila riguardanti bambini sotto i 5 anni;
  • Oltre 81 mila casi gravi di ittero, che è manifestazione dell’epatite;
  • Oltre 865 mila casi di infezioni respiratorie acute.

Le malattie possono colpire chiunque, comprese le persone che lavorano direttamente sul campo, come i nostri colleghi. Recentemente, il marito della nostra collega Fatima ha contratto l’epatite. Poiché in queste condizioni l’isolamento sanitario è impossibile, anche Fatima si è ammalata.

Pochi giorni fa mi è stata diagnosticata l’epatite. […] L’ultima volta che ho visto acqua potabile scorrere da un rubinetto è stato prima dell’inizio della guerra. La quarantena è impossibile, poiché viviamo in uno spazio condiviso con molte persone. Non abbiamo acqua, sapone, shampoo – nulla che garantisca una corretta igiene, racconta Fatima.

Il nostro appello alla comunità internazionale

  • Il drammatico scenario descritto nel nostro rapporto rende più che mai imperativo che il governo di Israele e i gruppi armati palestinesi raggiungano un accordo per un cessate il fuoco immediato e permanente.
  • Israele deve porre fine all’assedio e revocare il blocco su Gaza per garantire un accesso senza ostacoli e sostenibile all’assistenza umanitaria, compreso cibo, acqua pulita, servizi igienico-sanitari e rifugi.
  • La comunità internazionale deve sostenere un’indagine indipendente sulle potenziali violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, inclusa la devastazione delle infrastrutture civili essenziali, e garantire che i responsabili di tali crimini siano chiamati a rispondere.
  • Israele deve contribuire ai costi di riparazione e ricostruzione delle infrastrutture idriche e igienico-sanitarie danneggiate o distrutte durante il conflitto.
  • È cruciale che la comunità internazionale deve sostenere il rispetto del diritto, ponendo fine alla cultura dell’impunità per i crimini di guerra.

Chiamata urgente per un cessate il fuoco immediato

Il rapporto sottolinea l’urgente necessità di azioni decisive per sostenere la giustizia e i diritti umani, prevenire ulteriori sofferenze e proteggere i diritti dei palestinesi a Gaza, in conformità con le Convenzioni di Ginevra e con quella sul genocidio.

Il nostro impegno a fianco della popolazione palestinese continua incessantemente, ma solo un cessate il fuoco duraturo può garantire l’ingresso degli aiuti vitali necessari per la sopravvivenza.

È una nostra responsabilità collettiva fermare questa tragedia: bambini, donne e uomini vulnerabili non possono più attendere. Unisciti a migliaia di persone per chiedere un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e in tutta la regione”.

Così l’Unicef. Così Save the Children. Così Oxfam. Nessuno osi dire: “Non sapevo”. 

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