I documenti, le risoluzioni, sono importanti. Ma solo se poi vengono seguiti dai fatti. Soprattutto in tema di disarmo.
“Gli Stati attivino divieti e restrizioni all’uso di armi esplosive nelle aree popolate per ridurre i danni ai civili”.
Fatti, non parole
I rappresentanti di 86 governi si sono riuniti ieri in una Conferenza globale a Oslo, in Norvegia, per esaminare i progressi compiuti dagli Stati nell’attuazione della Dichiarazione politica sulla protezione dei civili dall’uso di armi esplosive nelle aree popolate. È la prima volta che gli Stati si incontrano da quando l’accordo, finalizzato a ridurre i danni ai civili, è stato adottato nel novembre 2022 anche con la firma dell’Italia.
“La Dichiarazione è un’importante dichiarazione d’intenti, ma è fondamentale che i firmatari procedano ora ad attuare i necessari divieti e restrizioni sull’uso di armi esplosive nelle città, nei paesi e nelle aree popolate, a causa dell’elevato rischio di danni ai civili”, afferma Laura Boillot, coordinatrice della Rete internazionale sulle armi esplosive (INEW) di cui fa parte anche Rete Italiana Pace Disarmo.
Il rischio di danni è maggiore quando le armi esplosive hanno effetti su un’ampia area a causa dell’ampio raggio di esplosione e frammentazione, dell’imprecisione o della consegna di più munizioni contemporaneamente, che inevitabilmente e significativamente aumenta la probabilità di danni ai civili.
In concomitanza con la Conferenza, la pubblicazione dell’Explosive Weapons Monitor (EWM) mostra che nel 2023 civili e le infrastrutture civili sono stati danneggiati da armi esplosive utilizzate da attori statali e non statali in ben 75 Paesi e territori. I pesanti bombardamenti a Gaza, così come l’uso estensivo di armi esplosive in Myanmar, Somalia, Sudan, Siria, Ucraina, Yemen e altrove, hanno provocato migliaia di morti tra i civili, decine di migliaia di feriti e gli effetti a lungo termine della perdita di un accesso sicuro agli aiuti, all’istruzione, all’assistenza sanitaria, all’elettricità e all’acqua.
Data l’entità dei danni ai civili nel 2023 e all’inizio del 2024, il rapporto dell’EWM dimostra che è più importante che mai che gli Stati riducano i danni ai civili e alle infrastrutture da cui dipendono. “L’uso di armi esplosive in aree popolate ha effetti immediati e a lungo termine sui civili”, afferma Katherine Young, responsabile della ricerca e del monitoraggio. “Da Gaza all’Ucraina, dal Myanmar al Sudan, ogni volta che vengono bombardate città e paesi, sono sempre i civili a soffrire di più“.
Le morti civili causate da armi esplosive sono aumentate tra il 2022 e il 2023, e quelle in Palestina sono il principale motivo di questo aumento, insieme a quelle in Sudan, Myanmar e Siria. Il rapporto Explosive Weapons Monitor mostra come le forze armate israeliane abbiano sganciato 29.000 munizioni esplosive su Gaza durante le prime due settimane del conflitto, il 90% delle quali erano bombe a guida satellitare da 1.000 o 2.000 libbre.
Il rapporto dell’EWM mostra inoltre che anche in contesti in cui le vittime civili sono diminuite, gli effetti delle armi esplosive permangono. In Ucraina, i continui attacchi aerei e gli attacchi con razzi Grad MLRS, missili e mortai contro le infrastrutture civili hanno lasciato la popolazione senza acqua, gas o elettricità per settimane e solo un terzo dei bambini ha potuto frequentare la scuola di persona. In Sudan, dove l’uso di armi esplosive in aree popolate nel 2023 ha provocato 4,85 milioni di sfollati, l’invio di aiuti alle persone bisognose è stato reso ancora più difficile da oltre 22 incidenti in cui sono state usate armi esplosive contro i programmi umanitari e di protezione, il che a sua volta aggrava la crisi in corso. Allo stesso modo, sebbene le vittime civili siano diminuite in Myanmar dal 2022, gli attacchi aerei e di artiglieria contro gli ospedali e il personale medico continuano a compromettere la salute mentale e fisica dei civili. Per esempio, il fatto che i militari abbiano preso di mira le strutture sanitarie ha fatto sì che 1,9 milioni di bambini in Myanmar non siano stati vaccinati, il che aumenta la probabilità di epidemie di malattie gravi.
La Conferenza di Oslo è anche un’occasione per monitorare i progressi nell’universalizzazione e nell’attuazione della Dichiarazione politica: al momento la maggior parte degli Stati deve ancora adattare le proprie norme, politiche e pratiche per rispettare gli impegni assunti con il nuovo accordo.
Parallelamente alla Conferenza degli Stati, il 22 aprile la rete INEW e la Croce Rossa norvegese hanno organizzato un Forum sulla protezione dei civili riunendo persone con esperienza diretta di armi esplosive, persone che lavorano sulle politiche nazionali in materia di armi e gruppi di difesa. L’ordine del giorno ha posto l’accento sull’impatto delle armi esplosive sulle persone e sulle comunità. Marwa Almbaed, attivista e sopravvissuta siriana che vive in Germania, osserva: “Non dimenticate mai di includere i sopravvissuti nei vostri scambi. Ascoltate le persone come me che hanno vissuto la guerra in prima persona. Perché conosciamo l’impatto della guerra sulla vita dei civili. Sappiamo di cosa hanno bisogno”.
Volontà politica cercasi
Nell’ultimo decennio si è creato uno slancio internazionale per affrontare l’uso di armi esplosive nelle aree popolate. Più di 100 Stati, diverse organizzazioni multilaterali e diversi Segretari generali e altri funzionari di alto livello delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione, a fronte di esempi eclatanti di danni umanitari.
La rete INEW da tempo sollecita un’azione immediata per affrontare questo problema urgente e sostiene una serie di azioni possibili a livello nazionale e internazionale per affrontarlo: Sviluppo di politiche e procedure operative per fermare l’uso di armi esplosive con effetti ad ampio raggio in aree popolate. Raccolta e messa a disposizione di dati rilevanti. Creazione di pratiche comuni, anche attraverso incontri periodici per discutere il problema e i progressi verso la riduzione del danno umanitario. Fornire assistenza alle vittime, ai sopravvissuti e alle comunità colpite. Attivare misure umanitarie e di protezione. Sviluppo di standard internazionali più severi, compresi alcuni divieti e restrizioni sull’uso di armi esplosive nelle aree popolate.
L’obiettivo finale è quello di una “Dichiarazione politica” che definisca queste azioni concrete per gli Stati attirando l’attenzione su questo tema specifico, fornendo raccomandazioni politiche e operative specifiche in grado di modificare i comportamenti e diventando uno strumento per promuovere il cambiamento, comprendendo una serie di impegni orientati all’azione”.
La postilla è d’obbligo: un mondo senza armi è un mondo più sicuro.