Da quando Donald Tusk è primo ministro, la Guardia di Frontiera polacca ha respinto verso la Bielorussia più di 1.700 persone. A denunciarlo è il Gruppo Granica che da anni segue il drammatico fenomeno della migrazione che va a sbattere contro il “muro” di confine tra Polonia e Bielorussia. Lo faceva al tempo difficile della destra al potere, continua a farlo oggi, denunciando come in quel sofferto fazzoletto di terra poco è cambiato per chi prova a costruire un futuro meno drammatico, avviando un lungo, pericoloso e assai incerto viaggio. Uomini, donne e bambini dai tanti Sud del mondo.
Un dramma che si ripropone in una foto eloquente: una donna che cammina malferma, con addosso una coperta termica e sorretta da una donna in divisa, con i gradi di ufficiale. Pochi passi più avanti, tre militari, e uno di questi sorregge una bambina che la donna ha appena partorito nella terra di mezzo tra Polonia e Bielorussia, dopo aver vagato per un mese nella foresta. Diverse ore prima di quando questa foto è stata scattata, la donna aveva dato alla luce la bambina. Sullo sfondo, un’auto che ha illegalmente la targa coperta.
L’Associazione che è intervenuta a sostegno della donna, ha scritto su Facebook che la giovane madre è eritrea e in precedenza aveva trascorso più di un mese tra i due confini, polacco e bielorusso. Di notte, completamente sola, ha dato alla luce una bambina, nel bosco, al freddo. Non aveva nulla con cui avvolgere la bambina, quindi l’ha avvolto con la sua felpa. Poco dopo il parto, ha chiesto aiuto alla Guardia di Frontiera. La donna eritrea ha raccontato a “Egala” che, mentre era incinta, aveva già subito due deportazioni.
A raccontare della donna e della piccola nata nel bosco, OKO.press. In risposta alle domande poste dal giornale, il Ministero dell’Interno e dell’Amministrazione risponde che la Guardia di Frontiera non ha registrato alcun caso di donne incinte che hanno attraversato il confine contro le norme. Chi sta dicendo la verità è difficile da verificare – scrive il giornale – È possibile che nessuna delle parti stia mentendo, perché la Guardia di Frontiera non registra tutte le persone che vengono “riportate sulla linea di confine” o gli agenti non si sono accorti di avere a che fare con una donna incinta. Secondo “Gazeta Wyborcza” una donna con una bambina appena nata è stata trovata sul lato polacco del confine. Madre e figlia sono state portate all’ospedale di Hajnówka. Entrambi deboli e sofferenti, la bambina ora è tenuta in osservazione, in incubatrice.
Katarzyna Zdanowicz, portavoce della Guardia di frontiera di Podlasie, assicura che madre e figlia saranno adeguatamente curate.
Dopo le cure, la deportazione in Bielorussia? Questo caso dimostra che la situazione al confine non è quella mostrata dagli annunci ufficiali. Le speranze dei difensori dei diritti umani di fermare i respingimenti, cioè il rimpatrio degli stranieri che attraversano il confine verde con la Bielorussia verso la linea di confine, si sono rivelate vane.
Grupa Granica riferisce che nel periodo dal 13 dicembre al 4 aprile, la Guardia di frontiera ha riportato più di 1.770 persone alla linea di confine. Durante questo periodo, più di 838 persone hanno chiesto aiuto e sostegno al Gruppo Granica: 73 donne, 64 bambini, 31 minori non accompagnati. Più di 46 persone sono state ricoverate in ospedale e 115 persone hanno riferito di aver subito violenze da parte polacca o da parte bielorussa. Almeno 25 persone risultano disperse e cinque sono morte. Come si può ben capire, i numeri sono sempre incerti, di sicuro, nella sola prima settimana di aprile ci sono stati 1600 tentativi. Nella seconda settimana di aprile, la Guardia di frontiera ha sventato ogni giorno circa 100 tentativi di attraversare il confine ogni giorno. Lunedì 15 aprile sono stati registrati 68 tentativi, il giorno dopo i tentativi sono stati 133. Molti degli attraversamenti riescono grazie al lavoro coraggioso degli attivisti, chiamati a intervenire più volte al giorno.
La Guardia di Frontiera sul portale X si vanta di fornire assistenza agli stranieri che attraversano il confine verde, che sono state istituite squadre speciali di ricerca e soccorso per fornire loro assistenza, ma le loro azioni sollevano non pochi dubbi. “Abbiamo incontrato un gruppo di 11 sudanesi nella foresta – raccontano gli attivisti – Tutti volevano chiedere protezione internazionale in Polonia. Uno di loro non riusciva a camminare, aveva problemi al ginocchio. Altri hanno denunciato di essere allo stremo, ferite da percosse, esaurimento. Erano disidratati, affamati e infreddoliti perché era una notte molto fredda”. Il racconto prosegue:”Abbiamo chiamato un’ambulanza per un uomo con un ginocchio malandato e la guardia di frontiera in modo che gli stranieri potessero richiedere protezione internazionale”, dice Dominika Ożyńska, volontaria di Egali. In attesa dell’arrivo dei servizi, Ożyńska ha inviato un’e-mail al comandante della Guardia di frontiera con informazioni sul gruppo che chiedeva protezione. Quando la Guardia di Frontiera, la polizia e l’ambulanza sono arrivate sul posto – denunciano i volontari – gli sfortunati migranti sono stati trattati con fastidio. Nessuno della Guardia di Frontiera era desideroso di aiutare e non ha toccato chi ne aveva bisogno, e quando la volontaria ha chiesto aiuto, ha ricevuto un “no” da una delle guardie. È stato solo dopo una seconda richiesta che due agenti hanno aiutato chi aveva bisogno di salire sull’auto di soccorso”.
“Peraltro, gli agenti della Guardia di Frontiera non avevano equipaggiamento, cibo e nemmeno acqua, non si presentavano come un gruppo di ricerca e soccorso – racconta una volontaria – quindi sono rimasta sorpresa nel leggere il giorno dopo sul sito web della Guardia di Frontiera che una squadra di intervento di ricerca e soccorso dell’avamposto della Guardia di Frontiera a Białowieża ha fornito assistenza a 11 cittadini del Sudan”. Le squadre di intervento non si presentano nemmeno quando gli attivisti lo chiedono.
“Non siamo entrati in contatto con le squadre di ricerca e soccorso della Guardia di frontiera, anche quando abbiamo cercato un ragazzo in gravi condizioni e ne abbiamo denunciato la scomparsa alla polizia. Nessuno è venuto a cercarlo. C’erano tre auto della polizia nelle vicinanze, perché avevano appena fermato un corriere e abbiamo chiesto loro di unirsi alla ricerca, ma si sono rifiutati. Non siamo riusciti a trovare il ragazzo, in seguito il ragazzo ci ha contattato dalla Bielorussia, dove è stato cacciato”, racconta Eliza Kowalczyk, attivista del Servizio di Emergenza Umanitaria Volontaria di Podlasie. Anche Dominika Ożyńska non ha mai visto le guardie disposte ad aiutare, e le vede tutti i giorni: “È difficile per noi prendere sul serio l’annuncio dell’istituzione di squadre di soccorso composte da guardie di frontiera, poiché le norme che consentono alle guardie di frontiera di respingere le persone all’estero, oltre il confine, non sono cambiate. L’esempio del cittadino afghano, di cui abbiamo scritto a marzo, mostra chiaramente che l’operazione di salvataggio condotta dalla Guardia di frontiera si concluderà con l’espulsione”, riassume Bartosz Rumieńczyk.