Una storia drammatica. «Come ci si sente ad essere un reporter di crimini di guerra la cui famiglia ha finanziato una nazione che sta commettendo crimini di guerra? Ve lo posso dire io». Inizia così il lungo articolo sul Washington Post di Peter Maas giornalista che spiega di aver «coperto il genocidio in Bosnia per il Post, scritto un libro su questo, e scritto dall’Iraq e dall’Afghanistan, tra gli altri Paesi sconvolti dai conflitti».
«Anche i miei antenati sono stati finanziatori chiave dell’emigrazione ebraica verso la Palestina controllata dai britannici», aggiunge ricordando che «i Warburgs e gli Schiff hanno donato milioni di dollari alla causa e durante la guerra tra ebrei ed arabi iniziata nel 1948, hanno aiutato a raccogliere vaste somme per il nuovo stato di Israele».
«Mentre le forze israeliane polverizzano Gaza, in quello che la Corte di Giustizia Internazionale definisce un `plausibile´ caso di genocidio, la storia della filantropia della mia famiglia si incrocia con la mia familiarità con i crimini di guerra», continua Maas ricordando la sua esperienza in Bosnia e Sarajevo, e rintracciando similarità con quello che sta accadendo a Gaza.
«Quando Israele bombarda e spara ai civili, blocca gli aiuti alimentari, attacca ospedali e taglia le forniture idriche, mi ricordo delle stesse vergogne in Bosnia – scrive – quando la gente in fila per la farina a Gaza è stata attaccata, ho pensato agli abitanti di Sarajevo uccisi mentre aspettavano in fila il pane, e ai responsabili che in entrambi i casi hanno detto che vittime erano state massacrate dalla loro stessa parte».
Nel suo articolo, Maas sottolinea che proprio «la sua esperienza con i crimini di guerra mi ha insegnato che essere ebrei vuol dire schierarsi contro qualsiasi nazione che commetta crimini di guerra. Qualsiasi». E parlando del 7 ottobre afferma che «è evidente che crimini di guerra sono stati commessi da Hamas, israeliani sono stati uccisi nelle loro case nei kibbutz, i ragazzi al festival musicale Nova sono stati massacrati, ho visto foto e video», scrive ancora il giornalista.
«Questo non dà a Israele la licenza di rispondere come vuole, occhio per occhio – o cento occhi per un occhio – non è una cosa del diritto internazionale», scrive ancora le leggi di guerra stabiliscono regole di necessità e proporzionalità.
«Vale a dire che non si possono uccidere moltissimi civili per un piccolo avanzamento militare e certamente non si possono prendere di mira i civili», continua ricordando che tra le oltre 30mila vittime a Gaza, la maggior parte sono civili tra i quali 13mila bambini. «Alle vittime di genocidio, come sono stati gli ebrei nell’Olocausto, non è dato il diritto di perpetrarne uno», aggiunge, riconoscendo che comunque dovrà essere un tribunale a stabilire se le azioni di Israele a Gaza si qualificano come genocidio anche se «appare che esistano sufficienti prove per l’incriminazione»
«Questo mette tutti gli americani, non solo gli ebrei americani, in una posizione difficile – conclude Maas – il governo americano è il principale sostenitori di Israele, per le bombe ed altre armi che continua a fornire al governo estremista di Benjamin Netanyahu. Siamo tutti coinvolti».
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