Chi chiude gli occhi sulla distruzione di Gaza e il massacro in atto di un popolo, cerca di salvarsi l’anima dicendo che bisogna rimettere al potere Abu Mazen e rilanciare la politica dei due Stati. Ma dove lo dovrebbero fare i palestinesi? Dov’è la terra per loro? Leggete la sintesi di questo bel reportage di Lorenzo Cremonesi nel Corriere della Sera sulla Cisgiordania sempre più occupata dai coloni israeliani.
(Testimonianza) “Quando i coloni ci attaccano l’esercito sta a guardare, non garantisce le vite palestinesi. Se invece ci sono soldati che simpatizzano con i coloni allora intervengono al loro fianco. Irrompono nelle nostre case, uccidono le nostre bestie, danneggiano le piantagioni, avvelenano i pozzi. E se poi qualcuno si ribella lo assassinano. E poi vi stupite se noi inneggiamo ad Hamas?”.
Un conto è parlarne e un altro è vederlo di persona il dedalo di mura, fili spinati, passaggi obbligati, posti di blocco che penalizzano l’esistenza dei quasi 3 milioni di palestinesi residenti in Cisgiordania…Un’intera regione sacrificata per garantire la sicurezza e la comodità dei residenti negli insediamenti ebraici cresciuti a dismisura negli ultimi anni…
(Testimonianza) “Oggi un gruppo di coloni fanatici ha ucciso un contadino palestinese che raccoglieva le olive nel suo campo vicino al villaggio di Al-Sawiya. Lo sapete voi in Europa che capita praticamente tutti i giorni?”. Parole confermate dalle agenzie Onu. Soldati e coloni avevano ucciso circa 200 palestinesi da gennaio ai primi di ottobre e dal 7 se ne sono aggiunti alla lista 110, oltre a quasi 2.000 feriti. In questa luce, i coloni sono visti come uno strumento per espellere i palestinesi dal loro Paese.
I numeri parlano da soli: dall’occupazione della Cisgiordania seguita alla vittoria israeliana nel 1967, i coloni sono passati da poche decine di migliaia negli anni Settanta agli attuali circa 700.000 distribuiti in 279 insediamenti, compresi i circa 230.000 abitanti di Gerusalemme est. A seguito degli accordi di pace a Oslo nel 1993, l’amministrazione della regione è stata divisa in area A, pienamente controllata dai palestinesi e limitata al 18% della terra frammentata in enclave isolate; area B, il 22 per cento dove la sicurezza è in mano a Israele e area C, il 60 per cento totalmente israeliano. Doveva essere una situazione transitoria, ma è diventata permanente a causa del blocco dei negoziati”.
Argomenti: Palestina