Gaza: l'apocalisse umanitaria nella denuncia di 4 agenzie Onu
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Gaza: l'apocalisse umanitaria nella denuncia di 4 agenzie Onu

Un comunicato congiunto di quattro agenzie delle Nazioni Unite - Unicef, Undp, Unfpa, Wfp e Oms – dà conto dell’apocalisse umanitaria in atto nella Striscia di Gaza.

Gaza: l'apocalisse umanitaria nella denuncia di 4 agenzie Onu
Funerale di un uomo ucciso dalle bombe israeliane a Gaza
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22 Ottobre 2023 - 14.50


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Un comunicato congiunto di quattro agenzie delle Nazioni Unite – Unicef, Undp, Unfpa, Wfp e Oms – dà conto dell’apocalisse umanitaria in atto nella Striscia di Gaza.

“Un primo, ma limitato, carico di aiuti umanitari salvavita delle Nazioni Unite e della Mezzaluna Rossa egiziana è entrato oggi a Gaza su 20 camion, passando attraverso il valico di Rafah.

Fornirà un’ancora di salvezza urgente ad alcune delle centinaia di migliaia di civili, soprattutto donne e bambini, che sono stati tagliati fuori da acqua, cibo, medicine e altri beni essenziali. Ma è solo un piccolo inizio e non è affatto sufficiente. Più di 1,6 milioni di persone a Gaza hanno un bisogno critico di aiuti umanitari. I bambini, le donne incinte e gli anziani restano i più vulnerabili. Quasi la metà della popolazione di Gaza è costituita da minorenni. 

Con così tante infrastrutture civili a Gaza danneggiate o distrutte in quasi due settimane di bombardamenti costanti, tra cui rifugi, strutture sanitarie, acqua, servizi igienici e sistemi elettrici, il tempo sta per scadere prima che i tassi di mortalità possano salire alle stelle a causa dell’insorgere di malattie e della mancanza di capacità sanitarie.

Gli ospedali sono sovraccarichi di feriti. I civili hanno sempre più difficoltà ad accedere alle scorte alimentari essenziali. Le strutture sanitarie non hanno più carburante e funzionano con le piccole quantità che si sono procurate in loco. Si prevede che queste si esauriranno nei prossimi giorni. La capacità di produzione dell’acqua è al 5% dei livelli normali. Le forniture umanitarie preposizionate sono già esaurite. Le persone vulnerabili sono quelle più a rischio e i bambini muoiono a un ritmo allarmante, vedendosi negare il diritto alla protezione, al cibo, all’acqua e all’assistenza sanitaria.

Quasi un terzo della popolazione palestinese era in condizioni di insicurezza alimentare prima del conflitto a Gaza. Oggi le scorte nei negozi sono quasi esaurite e le panetterie stanno chiudendo, mentre decine di migliaia di persone sono sfollate e non possono cucinare o acquistare cibo in sicurezza.

Chiediamo un cessate il fuoco umanitario e un accesso umanitario immediato e senza restrizioni in tutta Gaza, per consentire agli operatori umanitari di raggiungere i civili in difficoltà, salvare vite e prevenire ulteriori sofferenze umane. I flussi di aiuti umanitari devono essere su larga scala e sostenuti, consentendo a tutti i Gazawi preservare la propria dignità. 

Chiediamo un accesso sicuro e duraturo all’acqua, al cibo, alla salute – compresa la salute sessuale e riproduttiva – e al carburante, necessario per consentire i servizi essenziali.

Chiediamo la protezione di tutti i civili e delle infrastrutture civili a Gaza, comprese le strutture sanitarie .Chiediamo la protezione degli operatori umanitari a Gaza che rischiano la vita per aiutare gli altri.

E chiediamo il massimo rispetto del diritto internazionale umanitario da parte di tutte le parti.

Gaza era una situazione umanitaria disperata prima delle recenti ostilità. Ora è catastrofica. Il mondo deve fare di più”.

La vita di almeno 120 neonati nelle incubatrici degli ospedali di Gaza devastata dalla guerra è a rischio a causa dell’esaurimento del carburante nell’enclave assediata.

E’ l’avvertimento lanciato oggi dall’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef).

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Secondo il ministero della Sanità del territorio palestinese, più di 1.750 minori sono già stati uccisi negli attacchi israeliani lanciati contro la Striscia di Gaza in rappresaglia ai raid di Hamas del 7 ottobre. 

Le Chiese non abbandonano

 Patriarchi e Capi delle Chiese di Gerusalemme esprimono la loro “forte condanna” per “gli attacchi aerei israeliani” alla chiesa di San Porfirio a Gaza e sottolineano che non lasceranno la Striscia.
    “Nonostante la devastazione causata alle nostre e ad altre istituzioni sociali, religiose e umanitarie, restiamo comunque pienamente impegnati ad adempiere al nostro sacro e morale dovere di offrire assistenza, sostegno e rifugio a quei civili che vengono da noi in un bisogno così disperato.

Anche di fronte alle incessanti richieste militari di evacuare le nostre istituzioni di beneficenza e i nostri luoghi di culto, non abbandoneremo questa missione cristiana, perché non c’è letteralmente nessun altro posto sicuro al quale questi innocenti possano rivolgersi”, affermano in una nota che è supportata anche da Justin Welby, Arcivescovo di Canterbury, in questi giorni a Gerusalemme per esprimere solidarietà alle Chiese colpite, dall’ospedale anglicano allo stabile della chiesa ortodossa.

Gaza: la testimonianza di un operatore di Save the Children

“È con il cuore pesante che scrivo questo messaggio da Gaza, sotto l’incessante bombardamento che ha travolto le nostre vite e reso il più semplice diritto alla vita una lotta. Mentre scrivo, mi aggrappo a tutto il coraggio che riesco a trovare, anche se non so se questo messaggio sarà l’ultimo. Nel corso della mia carriera professionale, sono stato fortemente coinvolto nella pianificazione e nella guida di risposte di emergenza a conflitti su larga scala. Tuttavia, quello che stiamo vivendo ora a Gaza è diverso da qualsiasi cosa abbia mai visto prima. Stiamo razionando le bottiglie d’acqua. Il cibo sta finendo. I feriti e i malati non possono essere curati. Di notte, i bambini siedono al buio, nell’oscurità, chiedendosi se vivranno fino al mattino.

Questa situazione è unica. Devo ammettere che i bisogni umanitari sul campo, l’impatto sulle famiglie come la mia e il numero della popolazione colpita sono al di là di ogni comprensione. Nessuno può comprendere appieno l’entità della sofferenza. Non ho risposte da dare ai miei tre figli piccoli su ciò che accadrà. Per la prima volta nella mia vita, provo un senso di disperazione e impotenza che non mi rappresenta. 

Come tutti a Gaza, il mio desiderio più grande è quello di svegliarmi ogni giorno con i miei familiari e i miei cari al sicuro. La paura di non poter vedere un altro giorno insieme è un peso costante sui nostri cuori. In passato mi sono spesso sentita sopraffatta, chiedendomi perché non ho scelto di lasciare questa striscia assediata, anche se ciò significava andare contro le mie stesse convinzioni. Mi sono chiesto perché non ho dato priorità al futuro della mia famiglia e perché non ho avuto il coraggio di prendere questa difficile decisione. Mia figlia di 10 anni ha già assistito a tre ostilità su larga scala. Tuttavia, ho sempre risposto a me stesso che il mio profondo legame con la terra in cui sono nato, cresciuto e di cui ho innumerevoli ricordi – le mie radici e il senso di identità come palestinese orgoglioso – mi hanno tenuto qui. Oggi, quelle domande non mi perseguitano più.

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Non c’è via d’uscita da Gaza. Non c’è posto sicuro a Gaza.

 Il mio sogno è semplice: svegliarmi al mattino con i miei figli in braccio, vivi e vegeti, e che questa violenza abbia fine. Preghiamo per giorni migliori.”
[…] “Guardando i miei figli negli occhi ogni minuto, posso vedere le domande che hanno: sono alla ricerca di risposte, di rassicurazioni sul fatto che tutto andrà bene e di un barlume di speranza per un futuro migliore. Io, come ogni genitore, sento la profonda responsabilità di fornire loro questo senso di sicurezza e speranza. Tuttavia, la realtà della nostra situazione attuale è straziante. Per la prima volta, mi ritrovo a desiderare di essere una roccia, incapace di farsi scalfire e resistente al dolore. Vorrei avere dei superpoteri, come gli uccelli, per fuggire da questa striscia di terra con la mia famiglia, in cerca di un rifugio. Vorrei essere un supereroe, per portare via i miei figli a vivere in pace”.

Da Gaza è arriva la testimonianza di Giuditta Brattini, volontaria veronese della onlus Gazzella che ha fatto arrivare un messaggio da Rafah: “Israele ha sempre fatto oggetto dei suoi bombardamenti anche le strutture ospedaliere, ieri è stata bombardata anche la chiesa ortodossa con 16 morti, qui si sta consumando una catastrofe nel silenzio dell’Europa e del mondo, compresi i paesi arabi. Le denunce e le condanne sono facili da fare e da scrivere, sono le azioni conseguenti che non si fanno e questo ha dato a Israele l’impunità di continuare”.

Le difficoltà a recuperare il pane e l’acqua, la mancanza di rete e connessione per comunicare con chi è rimasto a Gaza e il trauma dei bambini. Li racconta in un audio Wassim Mushtaha, saving lives manager di Oxfama Gaza che in questo momento si trova a Khan Younis, città nel sud della Striscia. Mushtaha è stato costretto a spostarsi a sud insieme alla sua famiglia, dopo l’ordine di evacuazione emanato da Israele il 12 ottobre, che ha intimato alla popolazione di lasciare l’area settentrionale. Come altri è fuggito da casa in fretta per sfuggire all’escalation, senza la possibilità di portarsi dietro il necessario per sé e per i suoi figli.

“Molti dei nostri colleghi nella Striscia sono ora sfollati insieme a centinaia di migliaia di altri civili in fuga. Le loro case vengono bombardate, l’acqua potabile è quasi esaurita e le scorte di cibo stanno diminuendo” dice Paolo Pezzati, portavoce per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia. 

“Nessuna parola al mondo può descrivere la situazione in cui ci troviamo. Ci sono 15mila rifugiati palestinesi qui. Hanno lasciato le loro case senza cibo né acqua. Ci sono diabetici, bambini, perfino disabili, neonati. Il nostro centro non riesce ad accogliere un numero così grande di persone né in termini di provviste, di servizi sanitari, acqua o elettricità. Ci taglieranno la corrente tra poco e non saremo in grado di assistere tutti”. È la testimonianza da Gaza, inviata a ilFattoQuotidaino.it, della coordinatrice di uno dei rifugi dell’Unrwa, Rawya Halas. L’Unrwa è l’agenzia dell’Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi. “Non sappiamo come andare incontro ai loro bisogni. Per favore salvate Gaza, vi supplico, salvate Gaza, sta morendo. Ci sono bambini, anziani e adulti a cui io non riesco a dare assistenza. Abbiamo bisogno di insulina”.

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Pubblichiamo una testimonianza tratta da “Gazzella onlus” sul conflitto Israele-Palestina.

“La notte appena trascorsa è stata difficile. Le forze di occupazione israeliane hanno bombardato ininterrottamente tutta la striscia di Gaza, edifici e siti della resistenza. Noi chiusi all’interno della struttura sanitaria con l’illuminazione grazie al generatore, e fuori buio. Solo i bagliori delle deflagrazioni. Israele ha tagliato la fornitura della corrente quindi in tutta la striscia si utilizza l’elettricità fornita da una compagnia privata, ma comunque per sole 4 ore al giorno. Quindi i generatori funzioneranno finchè c’è gasolio e anche dove mi trovo siamo all’ultima goccia. Senza corrente si ripropone lo scenario delle scorse aggressioni: scarsa disponibilità di acqua potabile, famiglie al buio e senza la possibilità di connessione con l’esterno, ma ancora una volta saranno le strutture sanitarie già carenti di attrezzature, medicine, materiali sanitari che avranno i maggiori danni. Intanto negli ospedali sono stati sospesi tutti gli interventi chirurgici, le terapie e altre prestazioni, solo emergenze. 

Anche oggi chiusi uffici, scuole, negozi. Le scuole dell’Unrwa si stanno riempiendo di famiglie che sono costrette ad abbandonare le loro case; IDF ha mandato un messaggio telefonico a centinaia di famiglie residenti nelle aree di Beit Hanun, El Burej, Khus’a-Khan Yunis di abbandonare le case e trovare un posto sicuro. IDF avvisa con un messaggio telefonico o telefonata. Altra dimostrazione della capacità di Israele di conoscere “abbastanza”. Lo sfollamento di centinaia di famiglie nelle scuole Unrwa richiederà l’intervento dell’Agenzia e delle Ong umanitarie per sostenere le famiglie e rifornirle di  generi alimentari.

Stamattina le strade sono deserte, e avvolte da una sottile polvere bianca sospesa nell’aria.

La notte appena trascorsa A. si è sistemato nella stanza degli addetti alla reception, io nel laboratorio analisi sistemando un materasso per terra. Ad ogni scoppio di bomba ci ritrovavamo in piedi. A. non vuole farmi preoccupare, ma mi ha detto di tenere pronti gli effetti personali. Ci siamo sdraiati vestiti, insomma il  tempo di infilare le scarpe e via

Nelle news di stamane ho visto Palazzo Chigi illuminato con i colori della bandiera di Israele. Non uso l’obsoleto slogan “Not in my name” , ma vorrei indicare ai filo sionisti e a quelli che definiscono Israele stato democratico, che l’operazione militare dei Resistenti di ieri, condannata dall’Europa e Usa, e quello che hanno provato i civili israeliani durante l’azione, è la quotidianità del popolo Palestinese. Restare umano per i palestinesi è un valore assoluto e nessuna azione di Resistenza lo fa venire meno, diversamente da chi l’umanità non l’ha e non potrà “Restare Umano”.

Testimonianze da Gaza, sotto assedio da oltre 16 anni. Bombardata, rasa al suolo. Gaza, dove l’umanità è morta.

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