Giorgia&Ursula, nel corso della visita all’hotspot di Lampedusa non hanno incontrato i migranti, presenti dietro una transenna. Si solo limitate a parlare con gli operatori della Croce Rossa e dell’ex Easo, l’Agenzia europea per l’asilo. Tre ore di permanenza nell’isola, una passerella mediatica, dieci minuti dieci, dedicati all’hot spot, con quell’umanità sofferente tenuta a bada da un imponente cordone di polizia. Una vergogna assoluta.
Esibizione mediatica
,”Come avete visto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha immediatamente accettato l’invito a venire qui per rendersi conto della situazione a Lampedusa. Non lo considero tanto un gesto di solidarietà verso l’Italia ma un gesto di responsabilità dell’Europa verso se stessa perché i confini dell’Italia sono i confini dell’Europa”. Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dopo la visita a Lampedusa con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.
“Se qualcuno pensasse che di fronte alla crisi globale in atto la questione si potesse chiudere così prenderebbe un abbaglio. Siamo a una portata tale di flussi che se non lavoriamo tutti insieme saranno investiti prima gli stati di frontiera e poi tutti gli altri. E’ un problema che coinvolge tutti e da tutti va affrontato e la presenza della von der Leyen è un segnale di consapevolezza”. “Credo anche, e ne parleremo in settimana, che un maggiore coinvolgimento delle Nazioni Unite sia assolutamente necessario”, ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dopo la visita a Lampedusa con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Entrambe la prossima settimana saranno all’Assemblea generale dell’Onu.
Sulle migrazioni illegali, “servono soluzioni serie, complesse, durature e che tutti lavorino nella stessa direzione: non avrebbe senso che una parte si impegna per trovare soluzioni e un’altra parte che per ragioni ideologiche si impegna per smontarle”, ha detto ancora Meloni.
“Nel Consiglio dei ministri di domani porteremo la norma per estendere al massimo consentito dalle regole europee il trattenimento ai fini del rimpatrio di chi arriva irregolarmente in Italia. E daremo mandato al Ministero della difesa di attivarsi immediatamente per realizzare le strutture necessarie”,
“In questi giorni così drammatici la comunità locale ha fatto il massimo per portare sostegno agli uomini, alle donne e ai bambini che sono arrivati su quest’isola. Una solidarietà incredibile che veramente scalda il cuore”. Lo ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. La presidente dell’esecutivo europeo ha quindi ricordato che “tutte le persone coinvolte sono prese da una situazione che non hanno creato loro. I migranti vengono attirati da spietati trafficanti e molti arrivano qui a Lampedusa semplicemente per la sua collocazione geografica. Questo – ha detto ancora – pone Lampedusa sotto una fortissima pressione creando una situazione difficile per la sua popolazione. Siamo qui per offrire una risposta coordinata”.
Chiacchiere e distintivo.
L’opposizione all’attacco
«Quello che sta accadendo, il dramma di questi giorni a Lampedusa, dimostra il fallimento totale delle politiche della destra». È quanto dichiarato a Bari dalla segretaria del Pd Elly Schlein a margine del confronto su Pnrr e autonomia differenziata organizzato dal Pd Puglia, in riferimento all’emergenza migranti e alla drammatica situazione di Lampedusa.
«La destra – aggiunge Schlein – ha messo la firma su tutte le politiche che hanno prodotto l’incapacità di gestire questo fenomeno, a partire dal fatto che non ha mai battagliato in Europa per una condivisione fra tutti i Paesi dell’accoglienza». «Spero – dichiara, facendo riferimento alla tre ore di Meloni e von der Leyen a Lampedusa – che oggi Giorgia Meloni parli di questo con la Commissione europea, perché noi abbiamo fatto una battaglia per superare le regole che bloccano i richiedenti asilo nel primo Paese di approdo, spesso l’Italia». «L’abbiamo fatta noi questa battaglia, loro – sottolinea la segretaria del Pd – non l’hanno mai fatta, perché non hanno il coraggio di dire ai loro alleati nazionalisti che bisogna condividere le responsabilità, che serve la solidarietà europea, che non si possono volere soltanto i benefici di far parte dell’Unione europea se non si condividono le responsabilità che ne derivano».
Il dialogo con l’Ue e la “Mare nostrum” europea
Secondo la segretaria del Pd l’emergenza va affrontata comunque attraverso il dialogo con l’Europa. «Se vogliamo che l’Italia non sia lasciata sola – spiega – è a Bruxelles che il governo deve chiedere le cose giuste. Non l’ha mai fatto». Per Schlein è essenziale superare il trattato di Dublino ma anche «una equa condivisione delle responsabilità sull’accoglienza, l’apertura di vie legali e sicure per l’accesso a tutti i Paesi europei e una “Mare nostrum europea”, anziché fare la guerra alle Ong, che stanno sostenendo la guardia costiera italiana quando chiede loro supporto per i salvataggi». «Il governo – attacca – non sta chiedendo una missione europea di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Queste sono proposte che noi abbiamo portato avanti in questi anni, peccato che la destra non l’abbiamo mai vista sui tavoli dove queste decisioni si prendevano». «Questo è il momento – dichiara la segretaria del Pd – in cui si chiarisce che la destra ha fatto retorica, che ha intossicato il dibattito per anni su questo tema, senza essere in grado, una volta al governo, di fornire delle soluzioni, ma scaricando le proprie responsabilità sui Comuni». «La responsabilità sulla prima accoglienza è del governo nazionale», sottolinea Schlein. Che a questo proposito spiega: «Sono loro a dover mettere le risorse, garantire le strutture adeguate per un’accoglienza dignitosa». Schlein torna poi sui rapporti tra la premier e l’Europa evidenziando che «gli alleati europei di Giorgia Meloni e di Matteo Salvini sono quelli che costruiscono i muri contro la solidarietà all’Italia sull’accoglienza e farneticano di cose non solo inumane, ma ineseguibili, a
proposito di blocchi navali»
«La situazione a Lampedusa è assolutamente inaccettabile. Siamo di fronte a una tragedia umana di proporzioni immense, con oltre duemila migranti morti nel Mar Mediterraneo solo nei primi otto mesi di quest’anno. Le parole sono insufficienti; è ora di agire». Così, in una nota, il co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli.
«La premier Meloni invita alcuni Paesi europei a collaborare sulle politiche migratorie, ma tale collaborazione deve essere basata sui diritti umani, non su campi di detenzione che sono sia una violazione dei diritti fondamentali, sia un boomerang economico e organizzativo. La risposta italiana per ora sono campi di detenzione che diventeranno permanenti che ospiteranno famiglie con bambini. Nessuna politica vera e concreta di cooperazione. E se è la cooperazione quella che la premier va cercando in Ue, dovrebbe iniziare dal suo alleato Orban, con cui si è incontrata di recente e che è noto per le sue posizioni fortemente restrittive sui migranti e contrarie a qualsiasi tipo di collaborazione con gli altri Stati europei», conclude Bonelli.
Nonostante Meloni dica il contrario, i fatti inchiodano il suo governo che dopo la lotta alle Ong e l’accordo (fallimentare), insieme a von der Leyen, con l’autocrate razzista tunisino Kais Saied per contenere il flusso dei migranti in Europa, deve fare i conti con il record di sbarchi registrato negli ultimi mesi e con l’attuale emergenza a Lampedusa, con Francia e Germania che accusano l’Italia di non rispettare la convenzione di Dublino, bloccando per il momento l’arrivo dei migranti.
Annota Piero Fassino sull’Huffington Post: “Si è incominciato con l’annuncio di un “blocco navale”, impraticabile per ragioni di diritto – lo vietano le regole internazionali – e operative, migliaia e migliaia di chilometri di coste da presidiare. Poi si è continuato evocando una chiusura dei porti illegittima. Si è continuato ostacolando l’azione di soccorso in mare dei migranti a rischio. Inseguendo queste misure velleitarie, si è abbandonato ogni impegno in Europa per la redistribuzione dei migranti e per una politica di accoglienza e di integrazione. E ancora inseguendo l’illusione del “blocco delle partenze” si è sottoscritto con la Tunisia un accordo clamorosamente smentito dall’enorme afflusso di migranti partiti proprio dalle coste tunisine. E di fronte al fallimento di ogni ipotesi perseguita, in queste ore si ritorna all’antico: “blocco navale e detenzioni” ignorando una elementare verità: a chi vive nella fame e nella miseria non puoi dire semplicemente “stai dove sei”. Se non vuoi che venga qui, devi offrirgli ragioni di vita lì dove risiede, altrimenti se le cercherà da solo migrando. Per “bloccare le partenze” è necessario un robusto piano di investimenti e di interventi sociali a favore dei paesi da cui originano i flussi migratori. Ma di questo non c’è nulla. Il governo evoca da mesi un “Piano Mattei” che ad oggi non va al di là del titolo, non essendosi concretizzato in alcun progetto, né tanto meno in stanziamenti. Ed è significativo che nelle discussioni avviatesi in queste settimane sulla prossima legge di bilancio non ci sia alcuna menzione a stanziamenti per lo sviluppo dei Paesi da cui oggi provengono i migranti, così come si sono ridotti i fondi per la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo.
Incapace di affrontare la crisi migratoria, il governo accusa l’Europa di volgere lo sguardo altrove. Certo, chi sbarca sulle nostre coste sbarca in Europa ed è destinato al fallimento qualsiasi azione che non muova dalla necessità di una politica europea condivisa e gestita in comune con l’impegno di tutti gli Stati europei. Ma si deve essere consapevoli che chi ostacola una strategia europea non sta a Bruxelles, ma a Budapest, Varsavia, Vienna e in altre capitali renitenti. E anziché battersi per superare quelle resistenze e ottenere l’adozione delle proposte avanzate dalla Commissione europea, il governo italiano flirta con quelle capitali.
La verità è che avendo la destra una radicata ostilità verso i migranti, avendo cavalcato negli anni un demagogico rancore contro gli “stranieri”, elude la necessità di una strategia vera per gestire un fenomeno che è pura illusione eliminare a colpi di decreto. Lo si vede anche nel modo caotico con cui si gestisce l’accoglienza dei migranti, tutta incardinata su una episodica distribuzione dei migranti affidata alle prefetture. Ma un prefetto – anche il migliore e il più consapevole – si occupa essenzialmente di trovare un letto per i migranti che il Ministero gli invia…”.
Il NYT boccia l’approccio securitario
Il New York Times dedica un articolo all’isola di Lampedusa e alla crisi dell’arrivo dei migranti in Italia sottolineando “i limiti” dell’approccio adottato da Giorgia Meloni e il fatto che ora la premier si trova “in un dilemma simile a quello dei precedenti governi italiani”.
“Con l’aumento degli arrivi di migranti, Lampedusa è diventata il centro di crescenti tensioni tra Italia e Nord Africa, così come con i suoi vicini europei”, scrive Gaia Pianigiani nell’articolo intitolato “Un’isola italiana riflette le sfide di Giorgia Meloni sulla migrazione”.
Per il New York Times, “le enormi sfide poste dall’immigrazione sono finite nuovamente sotto i riflettori in Italia questa settimana, minando gli sforzi della coalizione di governo di estrema destra guidata dalla premier Giorgia Meloni per dimostrare di aver fatto progressi nel dissuadere i migranti dall’arrivo. Negli anni che hanno preceduto la sua elezione l’anno scorso, la signora Meloni si è posizionata come una dura oppositrice della migrazione, chiedendo un “blocco navale” e suggerendo che le barche utilizzate per salvare i migranti venissero affondate una volta che i migranti fossero stati sbarcati. Da quando ha preso il potere, ha cambiato tattica, firmando un accordo dell’Unione Europea con la Tunisia volto ad arginare il flusso di migranti provenienti da quel paese, e lavorando per facilitare la ridistribuzione di coloro che arrivano tra gli Stati membri. Gli eventi di questa settimana”, analizza il quotidiano liberal statunitense, “hanno mostrato i limiti di questo approccio, lasciandola in un dilemma simile a quello dei precedenti governi italiani. Ora, i membri della coalizione della Meloni le chiedono di adottare un approccio più duro e affermano che l’Italia ha bisogno di maggiore sostegno da parte di altri paesi europei”.
Il New York Times sottolinea peraltro che a Lampedusa “alcuni abitanti temono che i crescenti arrivi di migranti possano danneggiare l’industria del turismo, ma molti esprimono empatia per le persone che sbarcano sulle loro coste”.
La denuncia di Save the Children
“La terribile morte di un bambino di 5 mesi annegato prima di raggiungere il porto di Lampedusa, non può essere considerata una fatalità, ma richiama ancora una volta l’urgenza di un’assunzione di responsabilità europea e nazionale che preveda l’attivazione di un sistema di ricerca e soccorso coordinato nel Mediterraneo. La situazione a Lampedusa negli ultimi giorni è estremamente complessa per l’incremento dei flussi migratori in un lasso di tempo così ristretto: da domenica sono arrivate oltre 7 mila persone.
È terribile apprendere lanotizia della morte di un altro bambino di soli 5 mesi, l’ultima innocente vittima del Mediterraneo, annegato dopo essere caduto in acqua poco distante dal porto di Lampedusa. Esprimiamo il più sentito cordoglio alla mamma e la vicinanza alle persone sopravvissute e a tutti i soccorritori impegnati giorno e notte per salvare vite umane.
Ancora una volta – rimarca in un comunicato Save the Children – sottolineiamo quanto sia necessario un impegno europeo di solidarietà rispetto alla gestione dei flussi migratori. L’UE e gli Stati Membri hanno l’obbligo di cooperare e coordinarsi per soccorrere le persone in difficoltà nel Mediterraneo, ai propri confini, agendo nel rispetto dei principi del diritto internazionale.
I nostri team sono presenti a Lampedusa con Unicef, e stiamo operando in queste giornate di grande difficoltàa sostegno dei più vulnerabili, come minori non accompagnati, donne sole e famiglie con bambini. Sperando inoltre che i trasferimenti avvengano al più presto, visti gli ultimi dati parziali che riportano la presenza tra hotspot e molo Favaloro di un numero compreso tra le 6 e le 7 mila persone.
Potenziare il sistema di accoglienza
Inoltre, chiediamo che in Italia venga potenziato il sistema di accoglienza per i minori non accompagnati. Solo nel 2023, secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Interno, sono arrivati sulle nostre coste oltre 11.600 minori soli. Rappresentato circa il 10% sul totale degli arrivi, con l’incremento di bambini molto piccoli. Non preoccupa solamente l’alto numero, quanto il fatto che vi siano tra i minori soli in arrivo, molti bambini e bambine. In alcuni casi addirittura di 3 o 4 anni.
“È necessario, dunque, potenziare il sistema di protezione per fare in modo che tutti i minori che giungono da soli, a partire da quelli più vulnerabili, siano immediatamente presi in carico e accolti in centri dedicati, scongiurando ogni rischio di tratta e sfruttamento” affermaRaffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children che prosegue, “È necessario che tutti i Paesieuropei cooperino nel soccorso e nell’accoglienza di tutti coloro che fuggono da guerre, violenza, povertà estrema e che il Parlamento e il Consiglio europeo mettano al centro delle negoziazioni sul Patto Asilo e Migrazione la protezione e rispetto dei diritti dei minori, a partire dalla velocizzazione e dalla semplificazione dei ricongiungimenti familiari, dal rafforzamento delle vie legali per ottenere protezione in Europa e dalla previsione di meccanismi obbligatori di relocation.”
Rinnoviamo l’appello alle istituzioni affinchési ampli la rete di accoglienza per i minori stranieri, a partire dalla attivazione di centri di prima accoglienza in tutte le Regioni e l’ampliamento della accoglienza diffusa nella rete SAI dei comuni, per assicurare quanto stabilito dalla legge 47/17 un percorso di accoglienza e di inclusione sociale adeguato alle effettive esigenze e vulnerabilità”.
Proposte concrete, praticabili, umane. Ma che non hanno trovato riscontro nelle considerazioni della premier italiana e della presidente della Commissione europea. Così come, nella conferenza stampa-spot, non è mai stato pronunciato il nome della neonata morta in mare. Neanche un accenno, una parola, una lacrima, sia pur di coccodrillo.
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