Migranti: sfrattati, in mezzo alla strada, trattati come "pacchi umani"
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Migranti: sfrattati, in mezzo alla strada, trattati come "pacchi umani"

Sfrattati dai centri di accoglienza straordinari. In mezzo alla strada o “depositati” come pacchi umani davanti ai municipi. La crudeltà si fa governo. Globalist lo ha denunciato, e altre testate giornalistiche sono tornate sulla vergognosa vicenda.

Migranti: sfrattati, in mezzo alla strada, trattati come "pacchi umani"
Il ministro dell'interno Matteo Piantedosi
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

13 Agosto 2023 - 12.52


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Sfrattati dai centri di accoglienza straordinari. In mezzo alla strada o “depositati” come pacchi umani davanti ai municipi. La crudeltà si fa governo. Globalist lo ha denunciato, e altre testate giornalistiche sono tornate sulla vergognosa vicenda.

La ricostruzione

Il 7 agosto  – annota il Post in un dettagliato report – il ministero dell’Interno ha inviato una circolare ai prefetti in cui chiede di mandare via da alcuni centri di accoglienza i migranti che hanno ottenuto una protezione internazionale, cioè quelli a cui è stata riconosciuta la possibilità di rimanere in Italia per via delle condizioni di grave difficoltà da cui provengono. I centri in questione sono i CAS, i centri di accoglienza straordinaria, che in teoria servono alla prima accoglienza dei richiedenti asilo ma che in pratica finiscono per ospitarli molto più a lungo, a volte anche per anni. Nella circolare il ministero spiega che nei CAS serve spazio per accogliere i migranti arrivati nell’ultimo periodo, dato che quasi ovunque i posti sono esauriti da settimane. Per legge però l’Italia dovrebbe garantire alle persone che hanno ottenuto una forma di protezione internazionale – per semplicità li si possono definire “rifugiati” – il soggiorno nelle proprie strutture di accoglienza, almeno finché non ricevono fisicamente il permesso di soggiorno. Quest’ultima è una pratica per cui i tempi d’attesa possono essere anche lunghi. In seguito i rifugiati vengono trasferiti in centri di quella che viene chiamata “seconda accoglienza”, dove in teoria è previsto un percorso di inserimento sociale e orientamento lavorativo.

Con la nuova circolare del ministero chi ha ottenuto una protezione internazionale sarà così costretto a uscire dalle strutture di accoglienza in modo improvviso, verosimilmente senza sapere dove andare. «Migliaia di persone, pur avendo diritto all’accoglienza, dalla mattina alla sera si ritroveranno per strada», ha detto Filippo Miraglia, responsabile immigrazione della rete di circoli Arci. Le strutture di seconda accoglienza – che fanno parte del sistema di accoglienza integrata (SAI) – spesso infatti non hanno posto e non sono in grado di accogliere grandi numeri di persone in così poco tempo.

Non sempre le persone che hanno ottenuto una forma di protezione internazionale sono pienamente inserite e integrate. Molte di loro non hanno ancora fisicamente ricevuto il permesso di soggiorno: di conseguenza non possono ottenere legalmente un lavoro o affittare un posto per dormire, ammesso che abbiano i soldi per farlo. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone che non conoscono bene l’italiano, anche perché le misure sulla gestione dell’accoglienza introdotte dal governo negli ultimi mesi hanno fortemente ridotto o del tutto eliminato alcuni servizi che prima venivano offerti alle persone nei centri d’accoglienza: come appunto i corsi di lingua italiana, o i servizi di assistenza psicologica e di orientamento legale.

Secondo Repubblica nella circolare il ministero ha motivato la decisione spiegando che è necessario liberare una parte dei posti nei centri d’accoglienza per assicurarli alle persone migranti arrivate più recentemente. Dall’inizio dell’estate gli arrivi di migranti via mare sono molto aumentati, soprattutto dalla Tunisia, ed è noto ormai da diverse settimane che non ci sono più posti disponibili nei CAS, che a dispetto della straordinarietà a cui fa riferimento il nome attualmente sono la principale forma di accoglienza in Italia. Secondo i dati più recenti del ministero dell’Interno, dal primo gennaio al 10 di agosto del 2023 sono arrivati in Italia circa 95mila migranti: più del doppio rispetto allo stesso periodo del 2022 e circa il triplo del 2021.

Non è ancora chiaro se le espulsioni dai centri d’accoglienza siano già iniziate, né quante persone coinvolgeranno complessivamente. Verosimilmente però si parla di migliaia di persone. Nel 2022 in Italia sono stati riconosciuti diversi tipi di protezione internazionale a quasi 20mila persone: non è detto che siano tutte nei CAS, ma è un numero utile per avere la dimensione del fenomeno. A giugno i posti complessivi nei CAS erano circa 83mila. 

Il sistema di accoglienza in Italia, spiegato
Quando sbarcano in Italia i migranti vengono portati nei cosiddetti hotspot, centri di prima assistenza dove vengono identificati e ricevono le prime cure. Dopo avere manifestato la volontà di chiedere una forma di protezione internazionale – lo fanno praticamente tutti, perché altrimenti verrebbero trasferiti nei controversi centri di permanenza per i rimpatri – vengono inviati al sistema di accoglienza, una rete di strutture pubbliche finanziata dal ministero dell’Interno e affidata alle prefetture e agli enti locali, che a loro volta ne assegnano la gestione ad associazioni o cooperative attraverso dei bandi.

Tutte le persone straniere che entrano in Italia hanno diritto a chiedere allo stato protezione internazionale. La domanda viene esaminata dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, un ufficio presente nelle prefetture italiane. A seconda dei casi può riconoscere vari tipi di protezione internazionale, fra cui l’asilo politico e la “protezione sussidiaria”. Fino ad alcuni mesi fa esisteva anche un altro tipo di protezione, la “protezione speciale”, che aveva requisiti assai meno rigidi e veniva garantita a persone che provenivano da contesti complessi ma difficilmente inquadrabili nei rigidi parametri delle altre. La “protezione speciale” è stata sostanzialmente abolita con il cosiddetto “decreto Cutro” approvato a marzo dal governo, per ragioni che il governo Meloni non ha mai spiegato del tutto (dall’inizio del suo mandato il governo ha approvato diverse misure per impedire e rendere più complicato l’arrivo di richiedenti asilo in Italia). Nel 2022 più della metà delle persone che avevano ottenuto una protezione internazionale lo aveva fatto grazie alla protezione speciale.

I migranti in attesa di una risposta sulla protezione internazionale dovrebbero in teoria essere ospitati in strutture pubbliche apposite, i CARA, che però hanno pochissimi posti. Nella pratica quasi tutta la gestione dell’accoglienza è demandata ai CAS, che sono edifici privati o alberghi utilizzati per sopperire alla mancanza di posti nelle strutture pubbliche. La gestione dei CAS è affidata alle prefetture, che cercano le strutture private e si servono delle associazioni o delle cooperative per l’assistenza. Lo stato di regola si limita a pagare il vitto e l’alloggio, senza alcun riferimento alla formazione o all’inserimento sociale, con il risultato che questi centri diventano di fatto dei dormitori e poco più.

Chi ottiene una protezione internazionale dovrebbe poi finire nel sistema di accoglienza integrata (SAI), il livello secondario di accoglienza fatto di strutture gestite dagli enti locali, dove sono previsti percorsi per favorire l’integrazione delle persone ospitate. Le persone che saranno coinvolte nelle espulsioni dai CAS previste dalla circolare del ministero dell’Interno dovrebbero finire in questi centri, ma nella pratica per il momento finiranno in strada e non è chiaro tra quanto tempo potranno essere accolte in queste strutture.

I posti nei centri del SAI sono poche migliaia, da sempre inferiori al numero di persone che ne avrebbero diritto. E in generale l’organizzazione è molto carente e caotica: nelle ultime settimane ci sono state molte dispute tra le prefetture che gestiscono i CAS e i Comuni che gestiscono il SAI. A Vicenza ci sono stati casi in cui la prefettura ha abbandonato dei migranti davanti ai municipi senza alcuna spiegazione.

Fino a prima del decreto Cutro poteva accedere al SAI anche chi aveva solo fatto domanda d’asilo, cioè di protezione internazionale: ora può farlo solo chi ha già ottenuto una forma di protezione internazionale oltre ad alcune categorie specifiche di richiedenti asilo, come i minori stranieri non accompagnati o quelli provenienti da Ucraina e Afghanistan. In questo modo la gran parte dei migranti che arrivano in Italia continua a stare nei CAS, che però non hanno più posto”

La protesta delle Ong

Ne dà conto, per Repubblica, Alessandra Ziniti. “No ad una nuova stagione di ghetti, no a decisioni illegittime che scaricheranno sui Comuni e i territori il disagio sociale di migliaia di migranti che si ritroveranno improvvisamente in strada nonostante abbiano diritto all’accoglienza.

E’ l’appello rivolto al presidente della Repubblica Mattarella da associazioni e ong dopo la circolare, anticipata ieri da Repubblica, con la quale il Viminale ( nel disperato tentativo di trovare posti alle decine di migliaia di migranti che continuano a sbarcare in Italia) chiede ai prefetti di effettuare un monitoraggio sui 93.000 ospiti dei centri di accoglienza straordinari disponendo la revoca per coloro che hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale anche se non sono ancora in possesso del permesso di soggiorno, e dunque di un tetto o di un lavoro.

Il no del Tavolo Asilo e Immigrazione

Le associazioni che si occupano di accoglienza da tempo lamentano la mancanza assoluta di programmazione del circuito dell’accoglienza. Il Tavolo Asilo e immigrazione si è riunito solo la scorsa settimana al Viminale, limitandosi a prendere atto di quelle che vengono definite “misure emergenziali”.

“Migliaia di titolari di protezione internazionale o speciale stanno per essere espulsi dai CAS e mandati per strada – spiegano le associazioni del Tavolo Asilo – in questa direzione si stanno muovendo le prefetture. Tale prassi risulta del tutto illegale in quanto i titolari di protezione internazionale e speciale hanno diritto di essere collocati tempestivamente dai Centri di accoglienza straordinaria verso il sistema SAI, e non abbandonati nel giro di pochi giorni. Una così clamorosa violazione di legge è altresì generatrice di enormi problematiche sociali nei diversi territori, dal momento che migliaia di rifugiati privi di mezzi e senza accoglienza si troveranno allo sbando in strada e dunque a carico del welfare locale. Facciamo appello al presidente della Repubblica, al governo, affinché si arresti immediatamente la deriva del sistema dell’accoglienza e perché non si rinnovi una stagione di ghetti e di produzione di disagio sociale estremo, scaricato sui territori”.  

Fortemente critico il responsabile immigrazione del Pd Pierfrancesco Majorino che definisce “sciagurata” la circolare Piantedosi. “Questa è la conseguenza del progressivo smantellamento, a livello nazionale, del sistema d’accoglienza. Diversi sindaci da settimane denunciano tutto ciò palesemente inascoltati. Il governo di fronte alla situazione dei centri esistenti spesso assolutamente sovraffollati reagisce nel modo peggiore. Invece di pensare a un nuovo piano per la redistribuzione ordinata dei titolari di protezione accelera la loro uscita dalle strutture esistenti. Questo, come già avvenuto durante la tragica parentesi rappresentata dalle scelte del ministro Salvini, produrrà un unico risultato: aumenteranno le persone destinate a vivere per strada”.

Militarizzazione del territorio

Mezzi di trasporto dei reparti di polizia sono stati fatti convergere, da tutta la Sicilia, per ordine del capo della polizia Vittorio Pisani, a Porto Empedocle, per trasferire i migranti, al momento 130, che andranno verso le strutture d’accoglienza di Augusta e Catania. 

All’estremità del porto, dove è stata creata la tensostruttura, oltre ai 60 migranti sbarcati dal veliero Astral, stanno arrivando i 371 Migranti dell’Ocean Viking; al momento sono in corso, a bordo della nave della ong Sos Méditerranée, gli screening sanitari, ma non ci dovrebbero essere emergenze, né situazioni complicate.

Tutte le operazioni su strada, ma anche al porto, sono dirette dai dirigenti della Questura di Agrigento che, a causa dell’emergenza creatasi a Porto Empedocle, sono rientrati o hanno rinviato ferie e riposi. Grazie all’impegno dei poliziotti, anche a Porto Empedocle, si sta procedendo con ritmi altissimi, raggiungendo numeri record, per pre-identificazioni e fotosegnalamenti. Tranne pochi carabinieri presenti sul posto, il 90 per cento delle operazioni è sulle spalle della polizia che ha messo a disposizione anche i medici per effettuare i necessari triage sanitari ai migranti sbarcati. 

Previsti un migliaio a #PortoEmpedocle, nell’ambito dell’ormai ordinario piano straordinario di evacuazione giornaliera dell’hotspot di #Lampedusa. Mezzi della polizia dirottati per mancanza pullman. Il capo della polizia Pisani, messo a mobilitare l’autoparco. #ItaliaPaeseG7

Il Twitter di Sergio Scandura, intrepido inviato di Radio Radicale sul fronte migranti, sintetizza alla perfezione l’approccio securitario del governo Meloni-Piantedosi. La “straordinarietà” che si fa ordinaria. ItaliaPaeseG7. 

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