Due guerrafondai. Ma uno sta al Cremlino e l’altro è un avventuriero. «Non vi è maggiore minaccia per la Russia del regime di Putin». Dalla colonia penale dove è rinchiuso, Alexei Navalny commenta così su Twitter gli eventi della rivolta Wagner, di cui ha saputo solo a cose fatte, quando ha parlato con i suoi avvocati in tribunale. Sottolineando anche l’ironia di aver appreso di una rivolta armata mentre deve rispondere dell’accusa di aver formato un’organizzazione per rovesciare con la violenza il regime di Putin.
Riguardo quanto è accaduto «ci sono poche cose che ho capito – scrive Navalny – Non c’è maggior minaccia per la Russia del regime di Putin. Né l’Occidente, né l’opposizione hanno abbattuto elicotteri russi in Russia. Non è stata l’Acf (la fondazione anti corruzione di Navalny, ndr) a portare la Russia sull’orlo della guerra civile… E’ stato Putin a farlo personalmente. Ricordo che ha perdonato tutti questi galeotti che erano in marcia per assassinare (il ministro della Difesa Sergei) Shoigu e chiunque altro volessero uccidere».
«Putin – incalza Navalny – è così pericoloso per il paese che anche la sua inevitabile caduta crea la minaccia di una guerra civile. Ora lo capiamo per certo: i sostenitori di Putin sono pronti ad iniziare una guerra contro tutti in ogni momento. Per questo è cruciale ricordare che ogni transizione di potere post Putin deve basarsi su libere elezioni». Il dissidente dice di non sapere quanto il capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin, sia popolare fra le truppe, «ma è probabile che Putin lo sia di meno». «Nel momento in cui colonne militari erano in marcia per prendere Putin, nessuno si è levato per difendere Putin, la nazione non si è unita attorno a lui».
«Non sono la democrazia, i diritti umani e il parlamentarismo che indeboliscono e portano ai disordini. Sono la dittatura e l’usurpazione del potere che portano al disordine, ad un governo debole e al caos. E’ sempre stato così», conclude Navalny.
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