Tunisia, il "flop di Cartagine" di Giorgia Meloni mentre Saied alza il prezzo
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Tunisia, il "flop di Cartagine" di Giorgia Meloni mentre Saied alza il prezzo

La propaganda di Giorgia Meloni non può cancellare la realtà. E la realtà è che il suo pompato viaggio a Tunisi, l’ennesimo di una lunga e recente serie, è stato un buco nell’acqua. 

Tunisia, il "flop di Cartagine" di Giorgia Meloni mentre Saied alza il prezzo
Giorgia Meloni e il presidente tunisino Saied
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

12 Giugno 2023 - 14.18


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Può fare e rifare conferenze stampa senza giornalisti. Può spacciare per realtà dei fatti una narrazione propagandistica volta a enfatizzare successi inesistenti. Può evocare per la milionesima vota un inesistente “Piano Mattei per l’Africa”. Può farsi affiancare dalla imbarazzata presidente della Commissione Ue per dimostrare che l’Europa è con noi. Può fingere. E lo sa far bene, Giorgia Meloni. Ma non può cancellare la realtà. E la realtà è che il suo pompato viaggio a Tunisi, l’ennesimo di una lunga e recente serie, è stato un buco nell’acqua. 

Un mezzo flop

Ne dà conto il Post: “Domenica la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è tornata in Tunisia a poco meno di una settimana di distanza dalla sua ultima visita ufficiale per un secondo colloquio coi principali leader politici tunisini, fra cui il presidente autoritario Kais Saied. Con Meloni c’erano anche la presidente della Commissione Europea, Ursula on der Leyen, e il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte.

Meloni, Von der Leyen e Rutte hanno proposto al governo tunisino un aiuto finanziario da circa un miliardo di euro in aggiunta al prestito del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) da 2 miliardi di cui si parla da settimane, chiesto dalla Tunisia per provare a risolvere la sua complicata situazione dal punto di vista economico e sociale. In cambio dei suoi aiuti, l’Unione Europea ha chiesto che la Tunisia applichi le riforme chiesta dall’Fmi ma soprattutto collabori maggiormente nel bloccare le partenze dei migranti e richiedenti asilo che cercano di raggiungere l’Italia via mare.

Non sembra che la missione sia andata benissimo: dopo l’incontro con Said è stato diffuso un comunicato in cui si annuncia un nuovo incontro di alto livello fra il governo tunisino e la Commissione Europea per preparare un documento, chiamato memorandum of understanding, che vincoli gli aiuti europei a impegni precisi da parte della Tunisia. La Tunisia non ha commentato nel dettaglio l’incontro, ma Reuters scriveche secondo i media tunisini di stato durante la conversazione con i leader europei Saied ha ribadito di non volere accettare le condizioni imposte dall’Fmi per ottenere il prestito, descrivendole come un «diktat».

La Tunisia è da anni in gravi difficoltà economiche: il Pil è stagnante da anni, la disoccupazione è stimata intorno al 15 per cento .I timori si concentrano soprattutto sul 2024, durante il quale lo Stato potrebbe esaurire le proprie riserve che ammontano a circa 7 miliardi di euro, come ha stimato l’economista Aram Belhadj in un’intervista a Repubblica. In cambio di un prestito a condizioni agevolate da circa 2 miliardi di euro l’Fmi ha chiesto a Saied di privatizzare alcune aziende pubbliche e rimuovere sussidi sull’acquisto di farina e carburante. Al momento Saied ha rifiutato questa proposta, spiegando di giudicare le condizioni dell’Fmi eccessivamente impopolari.

Anche l’Unione Europea ha offerto aiuti finanziari sotto forma di un prestito a tassi favorevoli di 900 milioni di euro – da erogare a rate nei prossimi anni – oltre a due contributi a fondo perduto rispettivamente da 150 milioni di euro, come contributo al bilancio nazionale, e da 100 milioni di euro per impedire le partenze delle imbarcazioni di migranti.

Questi 100 milioni di euro in particolare finirebbero verosimilmente alle autorità tunisine che si occupano di controllo delle frontiere: in sostanza, l’Unione Europea replicherebbe su scala minore gli accordi fatti negli anni scorsi con la Libia e la Turchia affinché impediscano con la forza le partenze di migranti e richiedenti asilo.

Nel 2023, per via della crisi economica e della campagna razzista di Saied contro i migranti subsahariani, la Tunisia è diventata il principale paese da cui partono le imbarcazioni di migranti e richiedenti asilo che cercano di raggiungere l’Italia via mare. Nelle ultime settimane Meloni ha indicato più volte che intende rafforzare la cooperazione con la Tunisia affinché, per esempio, accetti più facilmente i rimpatri dei tunisini a cui viene negata la richiesta di asilo in Italia. Qualche giorno fa in un negoziato europeo sulla riforma del Regolamento di Dublino il governo italiano ha ottenuto di inserire nella bozza di riforma alcune norme che rendono più agevole rimpatriare i richiedenti asilo in “paesi terzi” dopo un rapido esame della richiesta di asilo. Se approvata, questa norma restringerebbe il diritto previsto dalle leggi italiane ed europee secondo cui ogni richiesta di asilo va esaminata individualmente e con grande attenzione.

La proposta dei paesi europei è già stata criticata dal Forum tunisino per i diritti economici e sociali, un’organizzazione che si occupa anche dei diritti dei migranti, che ad Associated Press ha detto: «l’Europa non considera la Tunisia come un paese che ha bisogno di cooperazione sulla base di valori democratici come i diritti e le libertà, ma soltanto come una frontiera esterna che ha bisogno di maggiori strumenti per contenere la migrazione, con l’obiettivo che nessuno riesca a raggiungere l’Europa».

Anche Saied, poche ore prima della visita di Meloni, Rutte e Von der Leyen, aveva detto pubblicamente che non vuole che la Tunisia diventi la guardia di frontiera dei paesi europei. Non è chiaro, in questo contesto, se e come Saied sarà convinto ad accettare gli aiuti dell’Fmi e quelli europei”.

Quei silenzi complici

Così Francesco Olivio, inviato a Tunisi de La Stampa: “Una dichiarazione congiunta per poi arrivare a un memorandum. E poi un nuovo strappo del padrone di casa: «Non accettiamo i migranti in cambio di soldi». L’Unione europea si presenta al palazzo presidenziale di Cartagine con un po’ di soldi, 150 milioni di euro per le disastrate casse tunisine, altri 100 per il controllo dell’immigrazione irregolare. Solo in caso di un accordo con Washington l’Ue è pronta ad intervenire pesantemente per evitare il fallimento dei conti pubblici nel Paese mediterraneo. Dietro al linguaggio diplomatico, ci sono un fatto e alcune incognite. Giorgia Meloni è tornata a Tunisi cinque giorni dopo l’incontro con il presidente Kais Saied, stavolta accompagnata da due partner considerati strategici, in vista del Consiglio europeo di fine giugno che, nelle intenzioni italiane, si dovrà occupare di migranti: la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il capo del governo dei Paesi Bassi Mark Rutte. Il presidente tunisino, poche ore prima dell’arrivo dei tre, aveva già messo le mani avanti: «Non saremo la guardia di frontiera di altri Stati». Concetto ribadito in un comunicato diffuso quando gli ospiti avevano già lasciato il Nordafrica: «La soluzione che alcuni sostengono segretamente di ospitare in Tunisia migranti in cambio di somme di denaro è disumana e inaccettabile, così come le soluzioni di sicurezza si sono dimostrate inadeguate, anzi hanno aumentato le sofferenze delle vittime della povertà e delle guerre». L’incontro avviene lontano degli occhi della stampa, nel palazzo presidenziale di Cartagine i giornalisti non vengono ammessi e le dichiarazioni finali dei tre leader europei vengono diffuse in streaming senza alcuna possibilità di fare domande e nemmeno di poter assistere a strette di mano e saluti, in ossequio a una esplicita decisione della presidenza tunisina. Come già accaduto martedì scorso, Meloni evita poi di incontrare i giornalisti all’interno dell’ambasciata italiana, forse per evitare imbarazzi con ospiti poco sensibili alla libertà di stampa.Il risultato formale della visita è una dichiarazione congiunta, propedeutica a un patto più ampio: «Un importante risultato – dice Meloni – primo passo verso un partenariato, vogliamo arrivare al Consiglio europeo di fine giugno con un memorandum d’intesa già firmato». Secondo la premier, l’immagine dei tre leader europei nel palazzo presidenziale di Cartagine, «rende l’idea di quanto siamo impegnati a dare una risposta ai nostri vicini tunisini». Meloni chiude con un annuncio: «Roma sarà pronta a organizzare la conferenza internazionale sulla migrazione e lo sviluppo che è un ulteriore tappa di questo percorso». Von der Leyen dà qualche dettaglio in più sul negoziato in corso: «La Commissione europea valuterà l’assistenza macrofinanziaria non appena sarà trovato l’accordo necessario. E siamo pronti a mobilitare fino a 900 milioni di euro per questo scopo di assistenza macrofinanziaria. Come passo immediato, potremmo fornire subito un ulteriore sostegno al bilancio fino a 150 milioni di euro». La questione dei diritti umani viene sottolineata con nettezza soltanto da Rutte.

La destra celebra la giornata: «La missione segna un altro importante successo della politica estera italiana portando ad un importante accordo di cooperazione che servirà a stabilizzare la Tunisia», dice il capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo, Carlo Fidanza. «Aiutare la Tunisia non serve solo a governare i flussi migratori ma innanzitutto a dare un grande segnale di attenzione al continente africano», aggiunge Maurizio Lupi, leader di Noi moderati. Un trionfalismo che non convince le opposizioni: «Sui migranti non c’è nessuna svolta. Il problema in Tunisia è serio e non si risolve con una visita», dice Giuseppe Conte, leader del M5S. Laura Boldrini del Pd, è critica: «Nessuna istituzione italiana o europea può ignorare la violazione delle libertà democratiche e dei diritti umani che sta avvenendo in Tunisia». Mentre dal Terzo Polo, arrivano le osservazioni di Osvaldo Napoli, dirigente di Azione: «Il viaggio a Tunisi non ha cavato un ragno dal buco, e questo dispiace perché questo insuccesso lo pagheranno gli italiani».

Annota su Il Foglio David Carretta: “Kais Saied non sembra intenzionato a farsi comprare troppo facilmente dall’Ue per bloccare le partenze. “La soluzione non sarà a spese della Tunisia”, aveva già detto Saied sabato, alla vigilia della visita dei tre leader europei: “Non possiamo essere un guardiano per i loro paesi”. In una nota pubblicata ieri sera, la presidenza tunisina ha confermato la linea dura con l’Ue. Nell’incontro con von der Leyen, Meloni e Rutte, Saied “ha fatto notare che la soluzione che alcuni sostengono segretamente di ospitare in Tunisia migranti in cambio di somme di denaro è disumana e inaccettabile, così come le soluzioni di sicurezza si sono dimostrate inadeguate, anzi hanno aumentato le sofferenze delle vittime della povertà e delle guerre”, ha detto il palazzo presidenziale.

La visita di Ursula von der Leyen ieri a Tunisi segna il ritorno al silenzio dell’Unione europea sulla democrazia e i diritti in Tunisia, nel momento in cui il regime di Kais Saied concentra sempre più poteri nelle mani del presidente, perseguita l’opposizione e moltiplica le campagne xenofobe contro i migranti. “L’incontro è un’importante pietra miliare”, ha detto von der Leyen. Il messaggio sulla deriva autoritaria di Saied è stato il contrario di una critica, quasi un incoraggiamento a continuare su questa strada. “Il percorso democratico della Tunisia è stata una strada lunga, talvolta difficile, ma queste difficoltà si possono superare”, ha detto von der Leyen”.

A proposito di diritti calpestati

Ventisei organizzazioni per i diritti umani e della società civile hanno rilasciato recentemente una dichiarazione congiunta, invitando il governo tunisino a garantire la protezione dei migranti, in particolare quelli provenienti dall’Africa subsahariana, il cui numero è stimato in oltre 20.000, e per porre fine alla discriminazione sociale e sistemica che subiscono. Lo si 

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