Un incontro tra dittatori. Il primo un tiranno figlio di un altro tiranno che ha sulla coscienza la morte di decine di siriani. L’altro un autocrate che lo ha tenuto in piedi con le armi, altrimenti il presidente siriano avrebbe già fatto la fine di Saddam Hussein.
Nel giorno in cui si ricorda il 12/mo anniversario dell’inizio delle violenze armate in Siria, il presidente siriano, Bashar al Assad, incontra a Mosca il collega russo, Vladimir Putin.
Il raìs di Damasco è arrivato ieri sera nella capitale russa e stamani, secondo quanto riferito dall’agenzia governativa siriana Sana, si è recato sulla tomba del milite ignoto a Mosca prima di essere ricevuto da Putin.
La Russia è uno stretto alleato strategico della Siria. L’alleanza tra i due Paesi risale ai tempi dell’Unione Sovietica.
Nel contesto del conflitto siriano, degenerato nel corso degli ultimi 12 anni in seguito lo scoppio, nel marzo del 2011, delle repressioni governative delle proteste popolari anti-regime, la Russia è intervenuta militarmente in Siria nell’ottobre del 2015.
La visita di Assad a Mosca si concentrerà, secondo analisti, sul tema del disgelo, mediato dalla Russia, tra il governo centrale siriano e quello turco dopo un decennio di aperta ostilità. Fondamentalmente l’accordo passerà sul via libera alla repressione dei curdi del Rojava che Erdogan considera ‘terroristi’ del Pkk mentre Damasco li considera persone che mettono in discussione la centralità del potere di Damasco, fino ad ora indisponibile a qualsiasi riconoscimento.
Le milizie popolari curdo-siriane del Ypg e Ypj sono state le protagoniste della liberazione del nord della Siria dall’Isis e della conquista di Raqqa. Ma una volta liberato il nord del paese Trump (con il placet di Putin) li ha abbandonati e la Turchia ha invaso il cantone di Afrin e il nord della Siria dando il via a una vera e propria sostituzione etnica