Ucraina, il piano di pace in 12 punti redatto dalla Cina non è stato accolto con entusiasmo dalla Nato e dai principali protagonisti internazionali della questione tra Mosca e Kiev. Una sottovalutazione che, secondo il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e attuale presidente della fondazione Icsa intervistato dall’AdnKronos, potrebbe essere un errore.
«E’ un po’ irritante e frustrante la maniera sbrigativa con cui la comunità internazionale sembra aver liquidato la proposta di pace cinese senza neppure avvertire la necessità di un approfondimento e di un confronto allargato sul documento di dodici punti di Pechino sintetizzante l’idea cinese per porre fine al conflitto russo ucraino».
«Viene saltato a piè pari, come se nulla fosse, il rispetto di due impegni non da poco come il principio della sovranità e dell’integrità territoriale e quello della sicurezza di una regione che non dovrebbe essere raggiunta rafforzando o espandendo i blocchi militari» spiega.
«Molti poi hanno detto che nel documento non si parla di ritiro delle truppe russe senza chiedersi o chiedere se il concetto di ritiro non sia implicito in quello della sovranità e del diritto internazionale universalmente riconosciuto, compresi gli scopi e i principi delle Nazioni Unite fissati al primo punto della visione cinese come ineludibili. Insomma – prosegue il generale – la Cina lascerebbe intendere che l’integrità territoriale di un qualunque paese non si discute a condizione che ognuno si senta sicuro in casa propria, senza dover temere il continuo abbaiare alle proprie frontiere, come ebbe a dire tempo fa Papa Bergoglio con un’espressione particolarmente efficace».
«Gli altri punti che prevedono il cessate il fuoco, la ripresa dei colloqui, la crisi umanitaria, i civili e i prigionieri di guerra, l’uso del nucleare, le sanzioni e la ricostruzione paiono condivisibili se non proprio scontati. Una cosa però manca nella proposta cinese – conclude l’ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica – un silenzio certamente non casuale, laddove non si fa menzione alla protezione e alla tutela delle minoranze e delle etnie che, comunque vada, in Ucraina rimarrà sempre la questione più spinosa. Forse sarebbe valsa la pena vedere le carte prima di passare la mano, cercando di capire se, magari con l’integrazione di ciò che manca, il passo cinese non potesse rappresentare una prima base di discussione. Invece sembrano aver prevalso l’irriducibilità e la bocciatura preventiva di chi non vuole sentir ragione».
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