Ucraina, un anno di guerra: give peace a chance
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Ucraina, un anno di guerra: give peace a chance

Nel primo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina le piazze di tutto il continente si animeranno per chiedere reali percorsi di pace.

Ucraina, un anno di guerra: give peace a chance
Pace in Ucraina, un'opera di Laika
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

23 Febbraio 2023 - 17.17


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24 Febbraio 2022-24 Febbraio 2023. Give peace a chance.

In Italia sono previste iniziative in più di cinquanta città, più di venti in Germania, Spagna e Portogallo, almeno quindici in Francia, e poi nel Regno Unito, in Belgio e in Austria.  Nel primo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina le piazze di tutto il continente si animeranno per chiedere reali percorsi di pace.  Era il 24 febbraio del 2022 quando l’esercito di Putin aprì il conflitto che dopo decenni di pace ha scosso il cuore dell’Europa, e adesso, dodici mesi e dopo e con pochi spiragli al momento di sentire le armi tacere, saranno i cittadini ad alzare la loro voce. In Italia le iniziative contro la guerra in Ucraina prenderanno il via con la Marcia per la Pace straordinaria da Perugia ad Assisi la sera di giovedì 23 febbraio, che per rievocare le atrocità del conflitto questa volta si svolgerà di notte. Sabato 25 febbraio si concluderà la grande fiaccolata per la pace promossa dalla coalizione nazionale dei pacifisti.  Oltre a Roma scenderanno in piazza i cittadini di Milano, Torino, Napoli, Bari, Palermo, Cagliari, Firenze, Bologna, ma anche Berlino, Francoforte, Amburgo, Barcellona, Madrid, Siviglia, Parigi, Londra, Bruxelles, Vienna. 

La pace in marcia

Scrive Sara Dellabella su Rollings Stone: “Tutte le iniziative si inseriscono nel solco delle richieste di Pace già condivise in occasione della grande Manifestazione Nazionale di Roma con oltre 100mila partecipanti dello scorso Novembre: «Le guerre e le armi puntano alla vittoria sul nemico ma non portano alla pace: tendono a diventare permanenti e a causare solo nuove sofferenze per le popolazioni. Bisogna invece far vincere la pace, ripristinare il diritto violato, garantire la sicurezza condivisa. Non esiste guerra giusta, solo la pace è giusta. La guerra la fanno gli eserciti, la pace la fanno i popoli. Ad un anno dall’invasione illegale da parte della Russia, abbiamo pensato che fosse il momento di fare sentire la nostra voce. Saremo in tanti e in tante parti dell’Europa per cui ci sarà la voce dei cittadini che da tanto tempo sta chiedendo che tacciano le armi e si arrivi a un vero negoziato di pace», ha chiarito la Presidente di Emergency, Rossella Miccio, che ha aggiunto: «Abbiamo visto in questi mesi che sono state inviate armi, sempre più sofisticate e tecnologiche, ma la guerra non è finita. I nostri colleghi parlano di una situazione devastante con i civili che continuano a soffrire le conseguenze maggiori. È compito della politica trovare le strade per un negoziato».

Nel nostro Paese le iniziative collettive prenderanno il via con la Marcia per la Pace notturna straordinaria da Perugia ad Assisi la sera di giovedì 23 febbraio, culminando simbolicamente a Roma nel pomeriggio di sabato 25 febbraio con l’evento promosso dalla coalizione nazionale: una fiaccolata di Pace che si concluderà al Campidoglio dove è stato invitato il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. «Dopo nove anni dall’inizio della guerra, nel 2014, torniamo a marciare di notte – ha spiegato Flavio Lotti della Tavola per la Pace. Noi crediamo che l’opinione pubblica stanca della guerra non abbia ancora capito la gravità della situazione, quindi abbiamo deciso di organizzare qualcosa di eccezionale, come una marcia notturna, affrontando lo stesso freddo e lo stesso gelo delle vittime della guerra. Una marcia che si concluderà sulla tomba di San Francesco».

Ospiti delle iniziative anche tre attiviste pacifiste provenienti da Ucraina, Russia e Bielorussia che stanno raggiungendo l’Italia in queste ore e che porteranno la propria testimonianza agli eventi. In piazza a Roma, sabato è atteso anche il Segretario generale della Cgil, Maurizio Landini e oggi a spiegare la ragione della mobilitazione è la segretaria confederale Francesca Re David: «La Cgil è da sempre contro la guerra. Muoiono ragazzi al fronte, vengono stuprate le donne, spariscono i diritti sindacali e non c’è futuro. Noi pensiamo che l’unica posizione realistica sia essere contro la guerra». Le voci intervenute oggi hanno chiesto all’Europa e alla politica un cambio di passo nella gestione di questo conflitto in nome di quel popolo pacifista poco ascoltato dalla politica e poco rappresentato dagli organi di informazione.

«L’Europa parli di diplomazia e di cessate il fuoco mettendo in primo piano la pace e non la guerra», ha affermato Giulio Marcon di Sbilanciamoci, mentre Gianfranco Pagliarulo dell’Anpi ha ricordato come di fronte alle diverse posizioni dei partiti «Noi abbiamo una voce che si è espressa in modo inequivocabile da un anno a questa parte, anche se è stata sottaciuta, che è quella del Vaticano. Una voce autorevole, confermata dagli incontri che abbiamo avuto con il Cardinale Zuppi, al quale abbiamo proposto l’appello per la pace che ha condiviso totalmente».

Pacifisti uniti.

L’universo pacifista di Ucraina, Russia e Bielorussia si incontra in Italia per un progetto comune di pace. Il Movimento Nonviolento italiano, che da mesi sostiene le spese legali per gli obiettori di coscienza sia russi che ucraini, ha organizzato il tour di tre esponenti dei movimenti pacifisti, ad un anno dallo scoppio del conflitto in Ucraina.

Kateryna Lanko ha rappresentato il movimento pacifista ucraino: “Sono diventata pacifista durante la guerra perché mi sono resa conto che combattere non avrebbe permesso di porre fine al conflitto. In questo momento nel mio Paese ci sono molte persone che rifiutano di prendere le armi e andare in guerra. Il governo sostiene che l’unico modo per proteggere il Paese è con le armi ma noi vediamo che esiste un’altra via.”

Darya Berg di “Go by the Forest” ha raccontato la realtà russa: “Il nostro obiettivo è di aiutare più persone possibile in Russia ad evitare di andare in guerra. Abbiamo iniziato a lavorare dalla fine di settembre, quando è scattata la mobilitazione in Russia. Forniamo assistenza legale abbiamo oltre 300 consulenti e le persone possono contattarci attraverso un canale Telegram. Forniamo anche supporto psicologico, oggi le persone che non vogliono andare in guerra hanno paura di tutto.”

Olga Karach di “Our House” ha rappresentato la poco conosciuta realtà bielorussa. Paese satellite russo che sta cercando di evitare un coinvolgimento diretto nella guerra: “Il regime bielorusso mi considera una terrorista e un’estremista, ma in realtà sono una difensora dei diritti umani e una peace builder. Un anno fa eravamo in shock per via del modo con cui la Russia ha attaccato l’Ucraina. Come tante donne bielorusse mi sono chiesta cosa potessimo fare per aiutare gli ucraini. Dopo poco ho capito che il nostro obiettivo principale doveva essere quello di boicottare qualsiasi partecipazione dell’esercito bielorusso nella guerra.”

Trasparenza, questa sconosciuta.

“Non è facile capire quale sia stato il sostegno italiano militare all’Ucraina perché l’Italia è l’unico tra i paesi più grandi a non dare dettagli sull’invio dei sistemi d’armi”. A parlarne all’Ansa è Francesco Vignarca della Rete Italiana Pace e Disarmo, sottolineando che si tratta di una “mancanza di trasparenza”, secondo lui utile anche “a continuare a inviare armi senza gli opportuni ragionamenti”. A oggi, spiega, “non si può valutare l’impatto monetario” dell’invio di armi, proprio “per la mancanza di dettagli”. La stima dell’Istituto Kiel “parla di oltre 50 miliardi di dollari in aiuti da parte dell’Europa, di cui però solo 15-20 miliardi sono aiuti militari”. “Con l’Osservatorio Milex valutiamo non solo il valore di magazzino ma il costo – prosegue ancora – E, se fino alla fine dell’anno scorso si poteva valutare in 400 milioni di euro il costo per l’Italia dell’intera operazione, con le ultime dichiarazioni del ministro Tajani e Crosetto, si può ipotizzare che l’Italia al momento abbia sostenuto o debba sostenere un costo di 800 milioni di euro per l’invio degli armamenti in Ucraina”. “Un anno di guerra – continua ancora – dimostra come l’invio di armi non possa portare alla pace”. Vignarca dice ancora: “Ogni governo si muove in maniera autonoma, quindi ogni gioverno decide le poprie modalità. E quello che è stato deciso da Draghi, cioè di secretare il dettaglio dell’invio degli armamenti, è stato deciso anche dal governo Meloni. Questo, per me, non ha una motivazione militare o di cercare di celare alla Russia quello che mandiamo, ma per una motivazione prettamente interna”. E conclude: “Gli altri Paesi, soprattutto europei, sono molto più trasparenti. Questo fa ancora più risaltare la mancanza di trasparenza italiana, noi sappiamo quello che hanno mandato Francia, Germania e Stati Uniti. Mentre dobbiamo solo fare speculazioni o usare rumors per sapere quello che ha mandato l’Italia, questo è inaccettabile“.

Dalla parte dei bambini.

Dichiara Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef Italia. “A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, 438 bambini sono stati uccisi e 854 feriti. Circa 3,4 milioni di bambini hanno bisogno di assistenza umanitaria nel paese. 1,5 milioni di bambini sono a rischio di depressione, ansia, disturbo da stress post-traumatico e altre patologie mentali, più di 5 milioni di bambini hanno subito un’interruzione nella loro istruzione, 2 bambini ucraini rifugiati su 3 non sono attualmente iscritti alsistema scolastico del paese ospitante, oltre 1.000 strutture sanitarie sono state danneggiate o distrutte, così come oltre 2.300 scuole primarie e secondarie.

Questi non sono solo numeri: i bambini ucraini hanno sopportato 365 giorni di violenza, traumi, perdite, distruzione e sfollamento da quando la guerra si è intensificata nel febbraio 2022. I 7,8 milioni di bambini del paese sono stati privati di 365 giorni di giochi, ricordi, istruzione e tempo con amici e familiari.

Questo significa 365 giorni in cui i bambini hanno trascorso i loro compleanni rannicchiati nei rifugi antiatomici anziché che a casa con i loro affetti. 365 giorni in cui i bambini hanno dovuto adattarsi a una vita in altri paesi piuttosto che giocare con i loro amici nel parco sotto casa. 365 giorni in cui i bambini hanno incontrato i compagni e gli insegnanti attraverso uno schermo, invece che in un’aula scolastica sicura e riscaldata. 365 giorni in cui i bambini hanno sperato che la vita sarebbe presto ‘ritornata alla normalità’.

Mentre ci avviciniamo al termine di un anno, i bambini ucraini si sono resi conto che il mondo è instabile, imprevedibile e può essere un posto terribile. La perdita di un senso di sicurezza di base ha un effetto catastrofico sul loro apprendimento e sullo sviluppo emotivo e sociale.

Sebbene i bambini e le famiglie ucraine abbiano dimostrato un’enorme capacità di recupero, le ferite psicologiche di questa guerra potrebbero infatti segnarli per tutta la vita. A un anno dall’inizio della guerra, i bambini continuano ad affrontare la paura, l’ansia e il dolore associati alla perdita dei propri cari, alla separazione dalla famiglia, allo sfollamento forzato dalle proprie case, all’isolamento e al completo sconvolgimento della propria infanzia. Le ferite mentali della guerra possono ripercuotersi sui bambini fino all’età adulta. Per evitare una generazione di bambini segnati dalla guerra, occorre dare priorità alla loro salute mentale e ai loro bisogni psicosociali”.

Questa guerra ha già privato i bambini ucraini di un anno della loro vita. Non possiamo permettere che questa li privi anche del loro futuro. I bambini ucraini hanno bisogno di pace e noi dobbiamo aiutarli a riprendersi e a ricostruire le loro vite”.

Uno spiraglio svizzero.

Colloqui segreti “non a livello più alto” per raggiungere un accordo di pace sulla guerra in Ucraina sarebbero in corso a Ginevra in Svizzera. Lo ha detto il ministro degli Esteri di Berna, Ignazio Cassis al quotidiano Le Temps. «Un giorno questa guerra finirà attraverso un negoziato. Costruire la pace è un affare complicato che necessita molta diplomazia», ha detto Cassis. La Svizzera fa «tutto il possibile» all’Onu, assicura. «Ma siccome la Russia ha diritto di veto, è quasi impossibile fare qualcosa». Per questo, conclude una soluzione imminente è molto difficile «a meno di un miracolo». «Offriamo sempre i nostri servizi – ha spiegato ancora – tuttavia, la questione è quale approccio adotteranno Russia e Ucraina».

Diplomazia dei popoli e diplomazia “sotterranea”. Un combinato disposto su cui vale la pena tentare. Con la consapevolezza, ben sintetizzata da Domenico Quirico, uno che la guerra l’ha conosciuta e raccontata sul campo, che “chi vuole il negoziato non è un pacifista pauroso. La tecnica della pace richiede coraggio e determinazione”.

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