Tra Iran e Russia il patto di ferro non è più tale

L'Iran non riconosce l'annessione della Russia dei territori ucraini di Lugansk, Donetsk e Crimea. Putin è sempre più isolato

Tra Iran e Russia il patto di ferro non è più tale
Vladimir Putin e Ebrahim Raisi
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

19 Gennaio 2023 - 17.54


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Si apre una falla nell’asse che sembrava di ferro: quella tra Teheran e Mosca. Una falla che racconta più cose, tutte importanti. Racconta di una Federazione Russa che a undici mesi dall’inizio della guerra d’aggressione all’Ucraina sta subendo sconfitte militari alle quali si accompagna un crescente isolamento internazionale.

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Il primo a entrare in crisi è stato l’asse con la Cina. Ora la stessa sorte sembra toccare a quello con l’Iran. Certo, siamo ancora lontani da una rottura, ma se si pensa che solo fino a qualche settimana fa gli analisti internazionali ragionavano sul patto di ferro, militare e politico, tra Mosca e Teheran, la presa di distanza di oggi è un segnale importante che va monitorato con l’attenzione che merita.

L’Iran non riconosce l’annessione della Russia dei territori ucraini di Lugansk, Donetsk e Crimea. Lo ha sottolineato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian in un’intervista al canale turco Trt World. «Riconosciamo la sovranità e l’integrità territoriale dei Paesi nel quadro del diritto internazionale e per questo, nonostante gli ottimi rapporti tra Teheran e Mosca, non abbiamo riconosciuto la separazione della Crimea dall’Ucraina. Non abbiamo riconosciuto la separazione di Lugansk e Donetsk dall’Ucraina perché insistiamo sul nostro principio coerente in politica estera. Quando diciamo che la guerra non è la soluzione in Ucraina, lo intendiamo e lo crediamo come una politica fondamentale e ci basiamo su questo», ha detto il ministro iraniano. «La posizione della Repubblica islamica dell’Iran è stata chiara sin dall’inizio di questa guerra ed è stata reiterata al più alto livello. Ci opponiamo alla guerra e siamo concentrati sulle soluzioni politiche. Inoltre consideriamo gli atti provocatori della Nato e alcuni dei Paesi occidentali come la principale causa dietro a questa guerra», ha affermato Amir-Abdollahian.

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«Abbiamo fatto un grande sforzo per mediare tra Kiev e Mosca a livello di ministri degli Esteri e presidenti, e speriamo che presto ci sarà la pace in Ucraina e la guerra sarà conclusa».

Non sono dichiarazioni di circostanza. Tutt’altro. Ed è importante, confidano a Globalist fonti diplomatiche che ben conoscono il dossier Ucraina, che l’intervista in questione del ministro degli Esteri iraniano sia stata concessa ad una televisione turca. Non è una scelta casuale. Il presidente della Turchia, Recep Tayyp Erdogan, da tempo cerca di accreditarsi, con qualche successo, come il più credibile mediatore tra Mosca e Kiev. Ed è altrettanto significativo che il capo della diplomazia iraniana abbia ripreso un concetto caro ad Ankara come a Pechino: quello dell’integrità territoriale che non può essere messa in discussione da guerre d’aggressione.

D’altro canto, quello lanciato dall’Iran con l’intervista del ministro degli Esteri, uomo considerato molto vicino alla Guida suprema della Repubblica islamica, l’ayatollah ali Khamenei, è un messaggio che ha due destinazioni: il Cremlino e la Casa Bianca. Alle prese con una protesta popolare che dura ormai da quattro mesi e che neanche una feroce repressione è riuscita a placare, il regime teocratico-militare iraniano lancia segnali all’amministrazione Biden. La fine delle sanzioni, o comunque un loro allentamento, in cambio di una presa di distanze, in divenire, da parte di Teheran nei confronti di Mosca. Non si può parlare ancora di una svolta, ma certo può esserne l’inizio. 

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