Tempi cupi ci assalgono da ogni lato. A Bruxelles cresce la vergogna della corruzione al Parlamento europeo mentre non ha sosta la straziante violenza del novello zar di Mosca Putin che prosegue la sua caparbietà distruttrice anche in vista delle festività natalizie.
Con buona pace dei crolli dei muri, della distensione e dei trattati e dei diritti universali, della dignità di uomini e donne in una civiltà rispettosa delle differenze e della crescita del ruolo della donna, tutti elementi affermati dalle nazioni Unite e che Russia ed Iran considerano carta straccia.
Tempi difficili dunque che portano indietro negli anni più tragici delle guerre e del terrore che sembrava dischiudersi verso una stagione di rispetto multilaterale e quindi si serenità e giustizia. Tutto questo in qualche modo è stato sotteso al clima di svolgimento dei giochi in Qatar che hanno avuto silenziosamente ma in modo non meno drammatico manifestazione significative di dissenso e di protesta anche sul campo di gioco durante gli inni nazionali e la presentazione delle squadre.
Il calcio tuttavia provoca anche la capacità di concentrarsi alla fine solo o comunque prevalentemente sull’aspetto sportivo che prende totalmente non solo i giocatori in campo e i tantissimi tifosi sulle tribune ma anche i tantissimi appassionati e non interessati comunque allo svolgersi delle partire e ai risultati conclusivi. Né poteva essere diversamente per una finale che vedeva difronte Argentina e Francia, con quest’ultima desiderosa di vincere per la seconda volta il titolo mondiale e per l’Argentina forse meno attrezzata ma ma con a disposizione una eccellenza come Messi, ormai trentacinquenne e desideroso – quasi estrema possibilità per vincere un mondiale.
Lo spettacolo in effetti è risultato bellissimo, anche se la competizione grande tra Messi e Mbappé è stata fortissima ma è ha anche arricchito la vivacità e gli scontri verbali di sventolio di bandiere e di suoni di fanfare e chitarre tra gli opposti schieramenti.
Non solo allo stadio ma anche nelle strade e nelle piazze di Buenos Aires e Parigi, e dell’intero mondo. Riguardo alla Francia in particolare sostenuta anche da un intrepido presidente Macron, ammirevole soprattutto nel sostenere i giocatori sconfitti e addolorati . Un esito epico si potrebbe dire che aiuta in ogni caso lo spirito argentino, depresso da difficoltà economiche e politiche assai gravi e utilizzeranno come una boccata d’aria fresca la straordinaria impresa di Messi ormai acclamato quasi come Maradona.
Mi torna in mente il mio professore di liceo che il lunedì mattina, dopo i risultati delle partite della domenica, ci invitava a tenere bene a mente delle contrapposizioni delle nostre preferenze di tifosi, che gli antichi greci quando organizzavano i giochi olimpici dell’antichità sospendevano guerre e tensioni.
Oggi purtroppo nemmeno questo accade e dittatori come Putin si vantano personalmente e attraverso i propri portavoce che non smetteranno di lanciare droni e distruggere tutto anche nelle festività natalizie.
A me quasi a piccola consolazione pedagogica è giunta già domenica sera una telefonata di mio nipote Camillo: “hai visto nonno che ha vinto Messi e tu tifavi per la Francia?” Ma il mio non era tifo ma riconoscere solo la qualità migliore – in azione e strategia- della squadra di Francia. Ma alla fine contano il numero di goal che finiscono in rete!