Migranti: in Europa Giorgia Meloni gioca sempre in trasferta (meno che in Ungheria)
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Migranti: in Europa Giorgia Meloni gioca sempre in trasferta (meno che in Ungheria)

In Europa, tranne che dalle parti di Budapest, Giorgia Meloni gioca sempre in trasferta. E su campi ostici e ostili.

Migranti: in Europa Giorgia Meloni gioca sempre in trasferta (meno che in Ungheria)
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

10 Dicembre 2022 - 19.19


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Lo scontro frontale non paga. Blocco navale, respingimenti di massa, porti chiusi, guerra alle Ong nel Mediterraneo…Tutto questo può andare bene per una narrazione farlocca, ad uso e consumo interno, una narrazione veicolata, amplificata, vistata, da una stampa mainstream che ormai va ben oltre le testate apertamente di destra.

E’ che in Europa, tranne che dalle parti di Budapest, Giorgia Meloni gioca sempre in trasferta. E su campi ostici e ostili. E alla fine per non doversi ritirare con le classiche pive nel sacco, è necessario fare buon viso a cattivo e ammorbidire le proprie posizioni “muscolari”. Come? Ad esempio aprendo i porti alle navi Ong.

Marcia indietro

La buona notizia è che le 248 persone migranti soccorse nei giorni scorsi dalla nave Geo Barents di Medici Senza Frontiere sbarcheranno nel porto di Salerno entro la prima mattinata di domani, le 261 sulla Humanity 1 della ong tedesca SOS Humanity lo faranno nel porto di Bari, mentre le 33 persone che erano a bordo della più piccola Louise Michel, la nave per il soccorso dei migranti finanziata dall’artista britannico Banksy, sono state fatte sbarcare la sera dell’8 dicembre a Lampedusa per il peggioramento delle condizioni meteorologiche.

“Il governo italiano  – annota il Post – sembra dunque aver cambiato strategia rispetto alla gestione dell’arrivo di migranti attraverso il mar Mediterraneo, perlomeno per il momento. Apparentemente l’obiettivo di questo nuovo atteggiamento è favorire il dialogo con gli altri paesi europei intorno al nuovo ‘ Piano d’azione per il Mediterraneo centrale’, presentato dalla Commissione Europea a fine novembre, dopo la crisi diplomatica 

 con la Francia a proposito dell’attracco della nave Ocean Viking carica di persone soccorse in mare.

Il documento è piuttosto vago ma tra le altre cose contiene un’apertura alle richieste italiane nella forma di una menzione della possibilità di coinvolgere gli ‘stati di bandiera’ nelle discussioni sulla gestione delle navi delle Ong, nonché un rafforzamento della ‘dichiarazione di solidarietà’ che prevedeva un meccanismo volontario e non vincolante di sostegno ai paesi più esposti ai flussi migratori. Ora però deve essere sottoposto ai processi legislativi europei per entrare in vigore. Nella stessa giornata in cui l’Italia ha assegnato alla Geo Barents e alla Humanity 1 i porti in cui attraccare, la Germania ha annunciato di aver accolto 164 migranti che si trovavano in Italia attraverso il meccanismo della “dichiarazione di solidarietà” Sempre il 9 dicembre circa 150 persone migranti sono sbarcate in Calabria, a Roccella Ionica: sono state soccorse da un’unità navale della Guardia di Finanza e da una motovedetta della Guardia costiera.

Delle 509 persone che attualmente si trovano sulla Geo Barents e sulla Humanity 1 circa 150 sono minorenni; uno è nato il 7 dicembre sulla nave di Medici Senza Frontiere”.

Tajani il “ricucitore”

L’Italia continuerà a porre il problema dell’immigrazione a livello europeo. Lo ha affermato, ieri, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a margine del vertice EuMed9 ad Alicante, in Spagna. “Continueremo a porre un problema” di importanza globale, chiedendo una risposta a livello europeo, e “abbiamo trovato ascolto da tanti Paesi”, ha detto Tajani. “Non c’è solo il Corridoio mediterraneo”, ha spiegato il ministro, parlando di “un passo importante della Commissione” sul tema, che va “nella direzione delle richieste” dell’Italia. E sul botta e risposta tra Roma e Parigi, il ministro degli Esteri non ha dubbi, “tra Italia e Francia possono esserci opinioni divergenti ma dobbiamo sempre trovare soluzioni a livello europeo. “Non credo si debba insistere su divisioni” tra i due Paesi, ha spiegato Tajani, secondo cui il tema di una visita del presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Parigi non è stato discusso nelle riunioni odierne.

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Per il titolare della Farnesina “dalla stabilità dei Balcani dipendono anche i flussi sulla rotta dei migranti nella regione”. Il ministro ha spiegato di essere in contatto con il presidente serbo Aleksandar Vucic e con il premier kosovaroAlbin Kurti “per cercare di dare un contributo a una riduzione della conflittualità in quella parte dei Balcani”. E sulle navi di migranti in arrivo in Italia “non manca mai una risposta solidale” da parte del nostro Paese, ha sottolineato Tajani. Ogni nave è un caso a sé, ha rilevato Tajani, secondo cui, non manca mai da parte dell’Italia una risposta solidale. Al contempo, ha concluso il ministro, “è importante che si rispettino sempre e comunque le regole, anche da parte delle Ong”.

La rotta balcanica. 

Di grande interesse è un documentato report di Openpolis.

“A ottobre del 2022 sono stati più di 22mila i tentativi di attraversamento registrati da Frontex lungo la rotta balcanica. Il 172% in più rispetto al mediterraneo centrale, la seconda rotta per numero di rilevamenti, e una cifra superiore al totale di tutte le altre rotte, cumulativamente.

Anche nel bilancio annuale è lungo i Balcani che si registra il numero più elevato di tentativi di attraversamento: oltre 128mila.

Queste cifre non corrispondono però al numero di arrivi, in quanto una stessa persona può tentare più volte di attraversare un confine. Oppure un tentativo può non essere intercettato dalla guardia di frontiera. Si tratta piuttosto di respingimenti, ovvero casi di allontanamento spesso anche violento dei richiedenti asilo dal confine, per impedire loro di raggiungere l’Europa. A oggi non esistono numeri precisi sugli arrivi via terra. Una mancanza di trasparenza colmata solo in parte dalle stime dell’alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, secondo il quale nel 2022 sarebbero transitate nei Balcani occidentali 26.532 persone. Di queste, pochissime sono effettivamente riuscite a presentare una domanda di asilo. Nel 2022 rispetto al 2021 il numero di richiedenti asilo presenti nei paesi dei Balcani occidentali è andato gradualmente diminuendo, per poi riprendere a crescere da aprile in poi. A settembre 2022, l’ultimo dato disponibile, erano 11.505 i migranti registrati, leggermente di più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (10.756). Di questi, la maggior parte si trovava in Serbia (il 62%) e in Bosnia Erzegovina (il 32%). Nel 38% dei casi si trattava di afghani, nel 17% di siriani. Quasi 400 erano minori non accompagnati.

Anche se questi dati sono considerabili alla stregua di “nuovi arrivi”, come indica la stessa Unhcr, vanno considerati esclusivamente mese per mese, non a livello annuale, perché la stessa persona può essere registrata più volte, in più momenti diversi”.

Quella narrazione smentita dai dati

Ne scriva Antonio Maria Mira in un articolo su Avvenire del 16 novembre. “La presenza delle navi delle Ong fa aumentare gli sbarchi sulle coste italiane”. È una delle frasi più ripetute da esponenti del governo e della maggioranza di centrodestra per colpevolizzare le organizzazioni umanitarie. E lo ha sostenuto anche il ministro Piantedosi parlando di “un fattore di attrazione” durante la sua informativa alle Camere. 

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Ma è vero l’esatto contrario. Da quando le Ong sono state bloccate dal ministro dell’Interno, gli immigrati sbarcati sono quasi raddoppiati. Lo rivelano proprio i dati ufficiali di Viminale, il cosiddetto “cruscotto giornaliero”. 

Prendiamo in esame gli ultimi due mesi – rimarca Mira-.  Dall’1 al 24 ottobre, giorno dell’intervento del ministro Piantedosi, con le imbarcazioni delle Ong in mare, sono sbarcate 7.244 persone. Dal 25 ottobre a oggi ne sono sbarcate 13.703 (mancano ancora alcune centinaia sbarcate negli ultimi due giorni). Tutto questo senza imbarcazioni delle Ong. E in meno giorni. Con un ritmo di arrivi che non accenna a calare, soprattutto a novembre, con sbarchi giornalieri mai inferiori a 400, col picco il 3 e il 14 con 938 e 1.258. Nello stesso periodo 24 ottobre-15 novembre, del 2021 erano sbarcate 6.413 persone. E allora le Ong operavano. 

Piantedosi nel suo intervento ha affermato che dall’1 gennaio 2021 al 9 novembre 2022 le Ong hanno portato sulle coste italiane 21.046 migranti, di cui 9.956 nel 2021 e 11.090 nel 2022. Vero ma per il 2021 rappresentano il 14% del totale degli sbarchi e per il 2022 l’11%. Dunque addirittura un calo, mentre cresce il totale degli sbarchi. Ma sono sbarchi autonomi o soccorsi da Guardia costiera, Guardia di Finanza e navi mercantili di varie nazionalità. Anche questi sono dati ufficiali del Ministero.

Un’ulteriore conferma arriva dall’ultimo rapporto di Frontex. Nei primi dieci mesi del 2022 gli arrivi di immigrati rilevati ai confini esterni dell’Ue sono stati circa 275.500, in aumento del 73% rispetto ai primi dieci mesi del 2021. La rotta più attiva è quella dei Balcani Occidentali, dove si sono registrati 128.438 attraversamenti, in aumento del 168%. Una rotta terrestre, dove, ovviamente, non ci sono le Ong. E un fortissimo aumento ha avuto anche la rotta del Mediterraneo Orientale (dalla Turchia o dalla Libia orientale), con 35.343 arrivi (+122%). E anche qui non operano le Ong, ma solo le imbarcazioni della Guardia costiera e della Gdf. Mentre la rotta del Mediterraneo Centrale, quella che porta a Lampedusa e dove operano le Ong, pur essendo la seconda in numero assoluto con 79.140 rilevamenti è cresciuta “solo” del 48%. 

Ma dove finiscono tutti questi immigrati? Come confermato anche per gli ultimi sbarchi in Calabria dalla rotta turca (ma anche per quelli in Puglia), gran parte delle persone, soprattutto afghani, curdi, siriani, non fanno domanda d’asilo e accettano tranquillamente il decreto di respingimento, anche se avrebbero sicuramente diritto alla protezione internazionale, perché vengono da Paesi in guerra o dove dominano violenza e persecuzione. Ma non vogliono restare in Italia. Per loro è solo luogo di sbarco e di transito per poi raggiungere il Nord Europa, soprattutto attraverso il confine italo-francese. Un percorso in aumento”.

Cambiare narrazione

 Ne parla, in una approfondita intervista all’agenzi Sir, a firma Irene Giuntella, la presidente del Comitato economico e sociale europeo (Cese)Christa Schweng

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“Recentemente la Commissione europea ha presentato un piano di accordi con gli Stati terzi, come Egitto, Libia e Tunisia, per corridoi legali per i flussi migratori e per i rimpatri dei migranti che arrivano in Europa ma non godono di protezione internazionale. Sembra, però, il rispolvero di piani già portati avanti in questi anni, ad esempio con la Turchia e la Libia, che hanno spesso alimentato la creazione di centri di detenzione per i migranti in condizioni disumane terribili. “Come Cese abbiamo sempre chiesto la creazione di corridoi sicuri per i migranti e rifugiati, ma siamo anche convinti che gli accordi con i Paesi terzi debbano sempre rispettare i valori europei. È fondamentale cambiare la narrativa sulla migrazione con i Paesi terzi e dobbiamo monitorare come i migranti sono trattati in questi Paesi”, afferma la presidente.

Allo stesso tempo in Europa c’è bisogno di migranti: “nel mercato del lavoro Ue ci sono 6 milioni di posti di lavoro vacanti, per i quali abbiamo necessità di lavoratori qualificati. Ma dobbiamo assicurare che i migranti possano arrivare con canali legali sicuri senza abusare del sistema di asilo, altrimenti rischiano di essere rimpatriati perché non hanno diritto di restare nell’Ue. Penso che dobbiamo guardare seriamente caso per caso”. Dopo l’invasione della Russia in Ucraina, l’Ue ha deciso l’applicazione del meccanismo di protezione internazionale temporanea ai rifugiati ucraini che ha permesso loro di scappare dalla guerra ed essere accolti in Europa in modo più rapido e in condizioni migliori. Ci si interroga però se non fosse possibile applicare questo meccanismo anche in differenti situazioni per migranti provenienti da altri Paesi, ad esempio per siriani e afgani. Oppure l’Ue applica due pesi e due misure a seconda del Paese di origine dei migranti? “Il meccanismo temporaneo di protezione internazionale è stato creato come reazione alla guerra in Ex Jugoslavia, quindi esiste già da un po’ di tempo. È vero, avrebbe potuto essere utilizzato per i rifugiati dalla Siria e dall’Afghanistan, ora lo abbiamo fatto con gli ucraini. Certamente si può diventare più saggi con il tempo e abbiamo visto una solidarietà incredibile con gli ucraini, ancora la vediamo, e riteniamo che sia assolutamente importante che resti così”. 

Non criminalizzare le Ong 

Alcuni pensano sia necessario regolare le operazioni di soccorso in mare delle Ong e ripensare le norme dell’Organizzazione marittima internazionale. Ci si interroga se tutto questo potrebbe finire per limitare le operazioni di soccorso in mare? “Ribadisco: le vite umane non possono essere messe in pericolo in conseguenza di scelte politiche. Questo non è accettabile, non possiamo permettere che le persone rischino di perdere la vita in mare. Continuerò a ripetere questo concetto con forza”, afferma la presidente del Cese. “Non dobbiamo neanche criminalizzare la solidarietà, ma continuare a vigilare e a porre attenzione perché questo non avvenga”. Secondo Scwheng è certamente urgente andare a colpire i criminali che attuano il traffico dei migranti: “penso ci sia ancora molta strada da percorrere nel punire i trafficanti, perché non c’è abbastanza cooperazione tra le forze dell’ordine di Paesi europei e Paesi terzi nel prevenire questo traffico”.

Non criminalizzare le Ong. Presidente Meloni, è proprio vero. Lei in Europa gioca sempre in trasferta

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