E’ la “Quinta colonna” di Vladimir Putin nell’Unione europea. “Regna” in Ungheria. Il suo nome è Viktor Orban. A Bruxelles l’autocrate magiaro impugna l’”arma” del veto. Impugna e “spara”. Contro Kiev.
La “Quinta colonna” dello zar del Cremlino.
Per il via libera serviva l’unanimità, ma il veto di Budapest ha bloccato il provvedimento. Resta al palo, almeno al momento, uno dei tre provvedimenti legislativi necessari affinché l’Unione europea possa erogare nel 2023 aiuti per 18 miliardi di euro all’Ucraina, in guerra contro la Russia. L’Ungheria si è dichiarata contraria, durante l’Ecofin in corso a Bruxelles, ad un emendamento al regolamento sull’Mff 2021-27 (Multiannual Financial Framework, il bilancio della Ue), che va approvato all’unanimità, e che creerebbe l’headroom, o margine, necessario alla Commissione come garanzia per emettere obbligazioni sul mercato. Questo emendamento va approvato all’unanimità, ha spiegato durante il briefing con la stampa il portavoce della Commissione per il bilancio, Balasz Ujvari, a differenza degli altri due provvedimenti legislativi, per i quali basta la maggioranza qualificata. Budapest, che ha ottenuto il via libera al suo Pnrr ma che potrebbe vedersi tagliata una parte dei fondi Ue (7,5 mld) per via del meccanismo di condizionalità per lo Stato di diritto, ha deciso di porre il veto, cosa che avrebbe fatto anche per l’accordo sulla minimum tax per le multinazionali, che è stata tolta dal tavolo dalla presidenza ceca all’ultimo minuto. A quanto si è appreso, l’intenzione sarebbe quella di chiedere alla Commissione di rimodulare la proposta relativa al meccanismo di condizionalità rivedendo al ribasso l’importo da tagliare all’Ungheria (lo hanno chiesto già in Coreper Italia, Francia e Germania), approvando la proposta rivista poi per procedura scritta oppure al primo Consiglio utile. A fronte del veto il portavoce della Commissione Ue Eric Mamer ha assicurato che “se non ci sarà accordo vedremo cosa potremo fare ma ciò che è chiaro è che l’Ue è al fianco all’Ucraina e continuerà a sostenerla”. E ha aggiunto: “C’è una proposta sul tavolo che richiede l’unanimità. Noi abbiamo fatto una proposta, ora spetta al Consiglio. Vediamo che succede, non pregiudicheremo il dibattito”. Il ministro delle finanze ceco Zbynek Stanjura (alla presidenza di turno) ha poi precisato che, a fronte del veto di Budapest, si cercano “soluzioni alternative a ventisei Stati” per arrivare all’esborso di aiuti all’Ucraina già a gennaio. “Condivido la frustrazione di tutti sul fatto che non siamo in grado di proseguire con l’intero pacchetto ma non di meno è importante che siamo in grado di avanzare con la regolamentazione finanziaria perché ci aiuta” nella “soluzione per il quadro finanziario”, ha spiegato Tuomas Saarenheimo presidente del Comitato economico e finanziario dell’Eurogruppo nel proprio intervento. “Consente alla Commissione di avanzare velocemente ed evitare ulteriori ritardi per muoversi velocemente per l’assegnazione dei fondi all’Ucraina”.
L’asse Mosca-Budapest e i reattori nucleari.
Scrive l’HuffPost il 27 agosto 2002: “L’azienda pubblica russa dell’energia nucleare Rosatom inizierà nelle prossime settimane a costruire due nuovi reattori nucleari in Ungheria. Lo ha affermato il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto.
L’accordo raggiunto da Mosca e Budapest nel 2014, riferisce la Bbc, mira ad ampliare l’esistente centrale nucleare di Paks, che attualmente genera il 40% della fornitura di elettricità dell’Ungheria. Con i due reattori aggiuntivi, la centrale nucleare, oggi composta da quattro reattori di era sovietica, potrà almeno raddoppiare la sua capacità di produzione. Il progetto da 12,5 miliardi di euro è in gran parte finanziato dalla Russia, la cui industria nucleare non è soggetta alle sanzioni Ue per l’invasione dell’Ucraina. Il governo ungherese si aspetta che i lavori vengano ultimati entro il 2030. “Che la costruzione abbia inizio! Questo è un grande passo, una pietra miliare importante”, ha scritto Szijjarto in un post su Facebook. “In questo modo – ha aggiunto – garantiremo la sicurezza energetica dell’Ungheria a lungo termine e proteggeremo gli ungheresi dalle oscillazioni selvagge dei prezzi dell’energia”.
I fans di Viktor
Così Marco Brasolin, inviato de La Stampa a Bruxelles, in un articolo del 25 luglio 2022: “Il segretario della Lega Matteo Salvini e il premier ungherese Viktor Orban si sono incontrati oggi a Roma, all’Accademia di Ungheria. Il meeting è durato in tutto circa un’ora. Il colloquio tra i due è terminato con uno scambio di saluti davanti ai cronisti. Con il segretario leghista c’era il responsabile del Dipartimento Esteri Lorenzo Fontana. Ai giornalisti che gli hanno fatto una domanda sull’opportunità di incontrare il leader di Budapest Salvini ha risposto: “Non scherziamo, il presidente ha visto pure il Papa”, riferendosi al colloquio privato di Orban, in visita questa mattina da Papa Francesco.
I due hanno parlato prevalentemente della guerra in Ucraina e della situazione internazionale e il leader della Lega si è complimentato con Orban per la recente vittoria elettorale, e per le parole di Papa Francesco, che questa mattina ha lodato Budapest per l’impegno nell’accoglienza dei profughi ucraini. Il leader della Lega ha sottolineato l’apprezzamento del proprio partito “per la saggezza del Papa, in particolare a proposito dell’invasione dell’Ucraina per sollecitare lo stop al conflitto”.
Orban quindi ha illustrato le sue politiche economiche a tutela delle famiglie e dei più giovani, con finanziamenti mirati per chi fa figli e vantaggi fiscali. Salvini ha ricordato che a breve in Italia ci saranno le elezioni amministrative, il prossimo 12 giugno, e tra un anno si svolgeranno le politiche: “Sono convinto che il centrodestra vincerà”.
Così Bresolin.
Legami “neri”.
Un passo indietro nel tempo: 21 aprile 2022. Scrive Annalisa Cangemi su Fanpage.it: “Stop all’immigrazione. Difesa delle radici cristiane. No al miscuglio delle razze. Basta con la follia gender. Recupero della sovranità. Fin qui i punti-cardine del discorso di Viktor Orban alla Tusvanyos Summer Open University in Romania potrebbero essere il manifesto politico per il rilancio dell’internazionale sovranista, l’ossimoro inseguito per anni dai partiti euroscettici ed eurocritici nei quattro angoli del Vecchio Continente per contrastare «lo strapotere dei burocrati di Bruxelles». Ma con la guerra in Ucraina le cose sono cambiate. Il premier ungherese dice no all’invio di armi a Kiev e basta alle sanzioni alla Russia. Vuole che l’Occidente «non si schieri dalla parte dell’Ucraina, ma che sia super partes», esattamente il contrario di ciò che dicono i suoi ormai ex alleati di Polonia e Repubblica Ceca che con lui avevano condiviso le battaglie nazionaliste ai tavoli Ue.
In Italia, Orban ha sempre suscitato un certo fascino su tutti i tre principali partiti del centrodestra che si presenteranno compatti alle elezioni del 25 settembre, ma la linea politica europea inseguita dagli orbanisti alle vongole, almeno in partenza, va in tre diverse direzioni. E non è ancora chiaro quale di queste prevarrà.
«Un governo M5S-Lega? Sono un ragazzo all’antica, sono leale. In Italia ho un solo grande amico e si chiama Silvio Berlusconi». Era il 16 maggio del 2018, in Italia si discuteva dei contenuti anti-euro della prima bozza del “governo del cambiamento” e a Sofia, a margine della riunione dei leader del Ppe, Viktor Orban rispondeva così a chi gli chiedeva un parere sul nascituro governo gialloverde. Il suo partito, Fidesz, ha sempre avuto un rapporto particolare con Forza Italia, frutto dello stretto legame tra i due leader. Basti pensare che Forza Italia ha cercato fino all’ultimo di ricucire i rapporti tra gli ungheresi e i vertici del Ppe, che si sono rotti definitivamente nel marzo dello scorso anno dopo che Orban è stato di fatto messo alla porta. Forza Italia ora è saldamente nel Ppe, il primo partito all’Europarlamento (ma non al Consiglio europeo), quello di cui fa parte anche Ursula von der Leyen. Con l’uscita di Orban, e su spinta dei partiti nordici, i popolari hanno cercato di tagliare i ponti con i sovranisti e di spazzare via le proprie ambiguità interne. Ora che il centrodestra italiano potrebbe tornare al governo, è naturale che il Ppe auspichi la prevalenza della linea di Forza Italia. Anche se pure al numero 10 della rue du Commerce a Bruxelles, nel quartier generale del partito, sanno benissimo che quello di Berlusconi sarà con ogni probabilità il junior partner della coalizione.
E lo sa pure Orban – uno che predica costantemente l’importanza dei valori, ma razzola inseguendo sempre i propri interessi –, visto che negli ultimi anni ha di fatto scaricato Forza Italia. Con l’intensificarsi dello scontro con i popolari, il leader ungherese ha lavorato dietro le quinte per costruirsi una rete europea fuori dal Ppe. Un progetto che puntava a unire le formazioni sovraniste di “Identità e Democrazia” con quelle iscritte al partito dei “Conservatori e Riformisti europei”. Da una parte la Lega di Matteo Salvini e il Rassemblement National di Marine Le Pen, dall’altra Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e Diritto e Giustizia di Jaroslaw Kaczynski. Entrambi i leader italiani si sono fatti corteggiare e hanno corteggiato Orban. Entrambi sono volati a Budapest per la photo opportunity di rito sulle rive del Danubio. Ma proprio la rivalità tra Salvini e Meloni è stata uno dei principali ostacoli al progetto del grande gruppo sovranista, soprattutto per volere della seconda che già si stava costruendo una solida casa in Europa grazie anche all’intenso lavoro sottotraccia di Raffaele Fitto. L’altro ostacolo principale era invece rappresentato dalle ambiguità nei rapporti dei potenziali partner di coalizione con la Russia. L’invasione in Ucraina ha spazzato via queste ambiguità, visto che lo schieramento sul conflitto ha creato una frattura profondissima tra il governo polacco di Mateusz Morawiecki – perfettamente allineato con la posizione Ue – e quello ungherese guidato da Orban. Recupero della sovranità. Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono d’accordo con Orban. Che però sta vivendo una fase di profondo isolamento, senza più un gruppo al Parlamento Ue e senza più alleati al tavolo del Consiglio europeo. Il leader della Lega può offrirgli la sua compagnia nella battaglia contro “lo strapotere di Bruxelles”. La leader di Fratelli d’Italia anche, ma non può certo sposare la posizione ungherese sull’invasione russa. Ed è quindi facile immaginare che da qui al 25 settembre non sgomiterà affatto per volare a Budapest alla corte del leader magiaro. Resta da capire se sotto la cenere del conflitto ucraino potranno ricomporsi i pezzi dell’internazionale sovranista. E se l’Italia – uno dei Paesi fondatori dell’Unione europea, quello con il secondo debito più alto dell’Eurozona – potrà permettersi di farne parte”.
Rimarca Luca Veronese su Il Sole 24Ore: “L’Ungheria di Viktor Orban si sta scontrando da mesi con l’Unione europea sulla gestione dei migranti. Ma il blocco alle quote di rifugiati e il muro costruito al confine con la Serbia sono solo l’ultima, anche se certo non la meno importante, delle questioni che allontanano Budapest da Bruxelles. Nella sua deriva autoritaria, per quanto sostenuta da almeno due elezioni stravinte in modo democratico, Orban ha allacciato rapporti sempre più stretti con la Russia, nello stesso momento in cui l’Unione europea decideva di colpire Mosca con sanzioni economiche a seguito della crisi ucraina. Fin da quando venne eletto nel 2010 del resto, il premier magiaro ha scelto una linea politica autarchica in aperto conflitto con i cosiddetti «poteri forti dell’Occidente», contro l’Fmi e anche contro alcuni dei principi fondanti dell’Unione europea, della quale l’Ungheria è parte integrante da oltre dieci anni. Sono questi elementi, che mescolano retorica nazionalista e populismo, ad alimentare i dubbi dei partner europei.[…]. Orban ha dato prova più volte di essere – con la sua azione diplomatica inusuale – il migliore amico della Russia nell’Unione europea in una fase sempre più complicata per l’Europa dell’Est, nonostante la tregua raggiunta in Ucraina. Orban, diventato capopopolo a 26 anni nel 1989, rivendicando «elezioni libere» e intimando alle truppe sovietiche di lasciare il Paese, è oggi in Europa il principale critico delle sanzioni contro la Russia. Il contratto per la fornitura di gas russo ha garantito il riscaldamento nella maggioranza delle case del Paese negli ultimi dieci anni e oggi copre circa l’85% del fabbisogno nazionale. Il presidente russo Vladimir Putin – nonostante la crisi economica del suo Paese – ha inoltre assicurato a Orban un prestito di 10 miliardi di euro per la modernizzazione, affidata ai russi, dell’unico impianto nucleare ungherese, a Paks, un centro a circa 130 chilometri da Budapest. Con contratti che Bruxelles ha tenuto a lungo sotto osservazione prima di dare il via libera…”. Così Veronese.
L’Orban che “spara” contro Kiev è lo stesso che erige muri anti migranti alla frontiera, che parla di purezza etnica, che calpesta i diritti delle minoranze etniche. Tutto si tiene. E i suoi fans italiani lo sanno bene.