Predrag Matvajevic, il grande scrittore balcanico scomparso nel 2017, aveva coniato una definizione che calza a pennello per regimi come quelli sorti a est dopo il crollo dell’impero sovietico: democratura. Parola con la quale Matvajevic fotografa una realtà nella quale la democrazia, intesa come voto, serviva come paravento dietro al quale celare l’essenza vera di quel regime: la dittatura.
Viktor Orban è espressione di ciò. L’Ungheria su cui comanda è un’autocrazia. Un modello che piace molto a Giorgia Meloni.
“Rischio Ungheria”
Ne scrive Antonella Napoli su Art.21: “Il “rischio Ungheria” non è un’esagerazione di chi “vede fascisti ovunque in tempi in cui serve pragmatismo e compromesso”. Eh no. Non è così come qualcuno tenta di propagandare e avvalorare come tesi: quella del “la marea nera” non è poi così metà…
che Giorgia Meloni sia ospitata dal “modello Ungheria” è un fatto. E ciò che è accaduto negli ultimi anni nel Paese guidato da Viktor Orban é incompatibile con trattati internazionali e statuti dell’Unione Europea.
Orban ha trasforma uno stato membro in dittatura e ha dimostrato ampiamente di non avere requisiti per restare in Europa..
Eppure l’Ue non ha il coraggio di assumere una posizione forte, che vada oltre qualche sterile è innocua sanzione.
Per capire quanto pericolosa sia la deriva ungherese riproponiamo la testimonianza di un giornalista che ben conosce i rischi di opporsi al regime sotto mentite spoglie di democrazia di Orban. A cominciare dall’approvazione del decreto che durante la pandemia di Covid 19 gli ha conferito “pieni poteri” a tempo illimitato aggirando l’iter parlamentare previsto per questo genere di provvedimenti.
Uno stratagemma per consolidare la sua leadership e imbavagliare l’informazione, piuttosto che combattere il virus.
La legge passò a larga maggioranza, 137 voti a favore e 53 contrari, ed era stata presentata come “una misura necessaria per contrastare la pandemia di coronavirus” ma chi ben conosceva il piglio autoritario del primo ministro ultra-nazionalista, allergico alla stampa libera e ai migranti, aveva compreso subito quale utilizzo avrebbe fatto dei poteri illimitati che si era riconosciuto. A cominciare dalla legge bavaglio che prevedeva sono a cinque anni di carcere per chi avesse diffuso notizie ritenute “false” sul Covid 19 e sull’azione del governo per contrastarlo.
Con quel decreto ha rafforzato la sua presa sul Paese. Una morsa che soffoca ogni libertà”.
Un’intervista illuminante
E’ quella di Danilo Ceccarelli a Edith Bruck, scrittrice ungherese sopravvissuta ai lager nazisti.
Eccone alcuni brani.
Cosa la spaventa di più dell’attuale situazione ungherese?
«La mancanza di democrazia. È un Paese dove si censura, vengono chiuse tv e giornali. E in una situazione simile non nascono più grandi scrittori o poeti. Lì gli omosessuali vengono aggrediti, si parla di non dover mischiare il sangue ungherese con quello di altri popoli e si difende l’idea di non fare pagare le tasse agli ungheresi considerati puri. Sembra di essere nel nazismo. Certo, ci sono delle differenze e non voglio esagerare. Ma come si possono dire oggi certe cose? È pazzesco».
Il voto contrario della Lega e di Fratelli d’Italia alla decisione dell’Europarlamento la stupisce?
«Ci sono anche altri che hanno votato contro, ma la decisione della destra italiana è preoccupante. Il loro legame con Orban resta forte e questo non mi meraviglia, direi più che mi inquieta molto».
Stiamo parlando di due partiti che probabilmente andranno al governo dopo il 25 settembre.
«Sono preoccupata da queste elezioni, ma soprattutto addolorata. Io ormai vivo da una vita qui, per questo mi interessa mille volte di più l’Italia rispetto a quello che accade in Ungheria, anche se mi dispiace per quello che accade nel mio Paese natìo. Se la destra vincerà, come temo, acquisirà ancora più coraggio nell’urlare dappertutto quegli slogan come “Sono una donna, sono cristiana”, dove si difendono i soliti valori della patria e della famiglia. Discorsi assolutamente vuoti».
Come influirebbe una vittoria della destra italiana sul piano europeo?
«Temo che la destra aumenterà in tutta Europa. In Paesi come la Francia o la Romania questo tipo di realtà prenderanno un nuovo slancio».
Un regime misogino
La Corte dei conti ungherese ha pubblicato un rapporto sui rischi che il sistema educativo del Paese sia “troppo femminile”, avvertendo che questo potrebbe danneggiare lo sviluppo dei ragazzi e creare problemi demografici.
Il rapporto è stato pubblicato il mese scorso ma non ha attirato l’attenzione del pubblico quando un giornale di Budapest vi ha dedicato un lungo articolo.
“Il fenomeno chiamato “educazione rosa” ha “numerose conseguenze economiche e sociali”, ha scritto l’ente statale. Come in molti paesi, la professione di insegnante in Ungheria è dominata dalle donne, che rappresentano l’82% della classe docente.
“Se l’istruzione favorisce tratti femminili” come “maturità emotiva e sociale” e “provoca la sovrarappresentanza delle donne nelle università, l’uguaglianza (dei sessi) sarà notevolmente indebolita”, afferma il rapporto, secondo cui se i ragazzi sono più inclini a essere imprenditori e a correre dei rischi, i tratti fanciulleschi della creatività e dell’innovazione sono “necessari per uno sviluppo ottimale dell’economia”.
La Corte dei conti ha avvertito che alla fine “l’istruzione rosa” potrebbe causare “problemi demografici” poiché le donne istruite non sarebbero in grado di trovare coniugi con un’istruzione simile “il che potrebbe portare a un calo della fertilità”.
Parlare di qualità maschili e femminili è “una totale assurdità scientifica”, ha replicato su Facebook il deputato dell’opposizione ungherese Endre Toth, “È ora di togliersi gli occhiali del secolo scorso.”
Nel 2019, l’ufficio del commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha notato “una retrocessione nei diritti delle donne e nell’uguaglianza di genere in Ungheria”.
Sebbene l’Ungheria abbia recentemente eletto la sua prima donna presidente, Katalin Novak, ha solo una donna che serve come ministro nel governo, il che la colloca al penultimo posto nell’Unione europea.
Scrive Carlotta Sisti per Elle: “ Da quando Orban è salito al potere nel 2010, il suo governo ha spinto e propagandato i “valori familiari tradizionali”, impegnandosi da subito in un’aperta battaglia contro la comunità queer, al punto che da questa estate è stata introdotta una legge che vieta qualsiasi rappresentazione di persone LGTB in materiali destinati ai bambini.
Orban ha anche promulgato una serie di misure volte ad aumentare il tasso di natalità, in calo, come in mezza Europa, nel paese. In questo senso nel 2019, Orban aveva annunciato che le donne con quattro figli sarebbero state esentate dal pagamento dell’imposta sul reddito a vita. Tuttavia, in precedenza non aveva tentato di modificare le leggi sull’aborto, relativamente liberali dell’Ungheria. Ora sì, e per farlo s’è inventato un qualcosa di abbastanza inedito, nel drammatico panorama delle leggi “pro vita” approvate in diversi Stati americani ultra conservatori. L’idea del premier ungherese, infatti, è molto simile a quella del Texas e del Kentucky, che richiedono alle donne di sentire il “battito cardiaco fetale” prima di accedere all’aborto, come parte del “consenso informato”, ma non subito prima della procedura di interruzione della gravidanza. Questo tocco sadico in più è significativo per inquadrare Orban come politico che calpesta, senza che un’opposizione che di fatto non esiste possa in qualche modo frenarlo, i diritti umani fondamentali. La nota politica di estrema destra Dora Duro ha accolto favorevolmente il decreto, definendolo un passo verso la “protezione di tutti i feti dal concepimento”.
Dal rapporto 2021-2022 sui diritti umani nel mondo di Amnesty International
Discriminazione
Persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate
A giugno, l’Ungheria ha adottato una legge omofobica e transfobica, che ha vietato l’accesso ai minori di 18 anni a materiale che promuove o ritrae “la divergenza dall’identità personale corrispondente al sesso alla nascita… o l’omosessualità”. La nuova legge violava i diritti alla libertà d’espressione, alla non discriminazione e all’istruzione1. A luglio, la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione contro l’Ungheria.
Donne
Il governo era ancora riluttante a ratificare la Convenzione di Istanbul, che aveva sottoscritto nel 2014, sostenendo che la Convenzione promuoveva “l’ideologia di genere” e la “migrazione illegale”2.
Le donne hanno continuato a subire una diffusa discriminazione di genere. Molte politiche e comunicazioni governative hanno attivamente rafforzato gli stereotipi di genere, promuovendo i ruoli domestici delle donne e minimizzando l’importanza dell’uguaglianza di genere.
La riluttanza dei datori di lavoro a fornire modalità di lavoro flessibili, combinata con la tradizionale assegnazione di compiti di cura all’interno della famiglia alle donne, ha esacerbato l’impatto negativo della pandemia da Covid-19 sulla parità di genere.
Rom
È perdurata la discriminazione nei confronti dei rom. I bambini provenienti da famiglie rom che vivono in povertà hanno continuato a essere separati dalle loro famiglie e affidati a cure statali a lungo termine, anche se questa pratica è vietata dalla legge ungherese sulla protezione dei minori.
Il Gruppo di lavoro del Consiglio per i diritti umani, che si è riunito dal 1° al 12 novembre, si è detto preoccupato per la diffusione di discorsi di odio razzista contro i rom e altre minoranze e per i crimini d’odio.
Diritti di rifugiati e migranti
A gennaio, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) ha sospeso le operazioni in Ungheria, dopo che il governo non ha tenuto conto di una sentenza della Corte di giustizia dell’Ue del dicembre 2020, sfavorevole alla sua legislazione e alle sue pratiche in materia di asilo. La Corte aveva stabilito che i respingimenti su larga scala introdotti dalla legge nel 2016 violavano l’obbligo dell’Ungheria di garantire ai richiedenti asilo un accesso effettivo alla protezione internazionale. Nel 2021 si sono verificati oltre 71.000 respingimenti al confine serbo-ungherese.
A marzo, la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che trattenere i richiedenti asilo in aree note come “zone di transito” corrispondeva a detenzione illegale. Il caso riguardava una famiglia iraniano-afgana di cinque persone (tra cui una madre incinta e tre minori), detenute nella zona di transito della città di Röszke in condizioni inadatte, senza cibo o cure mediche adeguate, circostanza che equivaleva a un trattamento disumano e degradante. Questa situazione, combinata con la mancanza di una base legale per la detenzione e con la sua durata, equivaleva anche a detenzione illegale. Dopo un primo rigetto della loro domanda di asilo, ai richiedenti era stata concessa la protezione sussidiaria.
A luglio, la Corte europea dei diritti umani si è pronunciata per la prima volta sui respingimenti nel caso Shahzad vs. Ungheria, relativo al diniego di accesso alla procedura di asilo e all’espulsione violenta di un cittadino pakistano da parte di agenti di polizia ungheresi nel 2016. La Corte ha ritenuto che l’Ungheria avesse violato il divieto di espulsione di massa e il diritto a un rimedio effettivo. Tale pratica tuttavia è continuata.
Libertà d’espressione, associazione e riunione
La legge sulla “trasparenza delle organizzazioni della società civile in grado di influenzare la vita pubblica” (la nuova LexNgo) è entrata in vigore il 1° luglio, portando a un ulteriore controllo e stigmatizzazione delle Ong.1 La nuova legge era necessaria per una sentenza della Corte di giustizia dell’Ue del giugno 2020, secondo cui la legge del 2017 sulla trasparenza delle Ong introduceva restrizioni discriminatorie e ingiustificate alla libertà di associazione. Tuttavia, pur abrogando la legge precedente, il parlamento ha introdotto nuovi regolamenti che ancora una volta hanno indebitamente limitato il diritto alla libertà di associazione. La legge ha prescritto audit annuali delle Ong, il cui patrimonio totale superava i 20 milioni di fiorini ungheresi (55.000 euro). Le Ong hanno espresso preoccupazione per il fatto che queste nuove disposizioni potrebbero portare ad audit arbitrariamente selettivi e intimidatori da parte delle autorità.
Nella sua decisione del 16 novembre 2021 sulla LexNGO 2018 (“Stop Soros”), la Corte di giustizia dell’Ue ha stabilito che l’Ungheria aveva violato sia le direttive Ue sulle procedure che quelle sull’accoglienza, introducendo un motivo di inammissibilità per respingere quasi automaticamente le domande di asilo di coloro che arrivano in Ungheria attraverso un “paese di transito sicuro”. La Corte ha anche rilevato che l’Ungheria ha illegalmente criminalizzato le attività di coloro che hanno fornito assistenza ai richiedenti asilo.
Ecco cos’è una democratura. Quella che Orban ha instaurato in Ungheria. E che la destra italiana vorrebbe importare.
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