Libano, cosa racconta quella madre morta abbracciata al suo bambino
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Libano, cosa racconta quella madre morta abbracciata al suo bambino

Nel tentativo di recuperare i corpi di un’imbarcazione affondata il 24 aprile nelle acque libanesi, il team impegnato nel recupero ha individuato una madre, o quello che rimane di lei, con ancora in braccio il suo bambino.

Libano, cosa racconta quella madre morta abbracciata al suo bambino
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

3 Settembre 2022 - 12.40


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E’ difficile trattenere le lacrime immaginando gli ultimi momenti di vita di quella madre che stringe a sé il suo bambino. Prima di morire. Una morte atroce. Una tragedia annunciata. 

Nel tentativo di recuperare i corpi di un’imbarcazione affondata il 24 aprile nelle acque libanesi, il team impegnato nel recupero ha individuato una madre, o quello che rimane di lei, con ancora in braccio il suo bambino. «C’era una donna giù in fondo al mare, il cui corpo è rimasto incastrato a metà fuori da un oblo’, mentre teneva in braccio suo figlio», ha raccontato un membro della squadra che nel nord del Libano ha preso parte al tentativo di recupero degli oltre 30 corpi annegati quattro mesi fa.

Il 24 aprile scorso l’imbarcazione che trasportava più di 85 migranti era affondata in circostanze ancora da chiarire dopo un contatto con una motovedetta della marina militare libanese. Una quarantina di persone, per lo più donne e bambini — siriani, palestinesi e libanesi che cercavano di fuggire dal Paese al collasso economico — erano fatalmente rimaste intrappolate nell’imbarcazione. Alcuni superstiti avevano accusato i militari libanesi di aver appositamente speronato la nave, ma la marina ha 

Gli avvocati dei familiari delle vittime chiedono che venga aperta un’inchiesta internazionale, visto che l’inchiesta libanese è di fatto archiviata. Si sperava che il recupero dell’imbarcazione potesse fornire indicazioni agli inquirenti.

Il Libano è da tre anni alle prese con la peggiore crisi finanziaria della sua storia. Secondo l’Onu, più dell’80% della popolazione vive ormai sotto la soglia di povertà, e dal 2020 il Libano registra un aumento esponenziale del numero di libanesi, siriani e palestinesi residenti nel Paese che cercano una via di fuga verso l’Europa. 

Le operazioni di recupero dei corpi annegati a fine aprile erano cominciate nei giorni scorsi, con mesi di ritardo e soltanto grazie un’iniziativa privata attivata attraverso una raccolta fondi che in parte è stata gestita dai familiari delle vittime, originari di Tripoli, ma ormai trasferiti in Australia. 

Dopo alcuni tentativi, durante i quali i resti di alcune persone sono stati portati in superficie disfacendosi sotto gli occhi dei soccorritori, la marina libanese ha informato l’organizzazione non governativa australiana dell’impossibilità di continuare per non meglio precisati «rischi di sicurezza». 

La missione quindi non è stata completata e il sommergibile col suo equipaggio tecnico ha già lasciato il Libano. E così i familiari delle vittime non hanno potuto riavere le spoglie dei loro cari da seppellire. I circa 30 corpi, tra cui quello della giovane donna e di suo figlio, sono destinati a rimanere in fondo al mare.

La rotta libanese

Ne scrive Mauro Indelicato, che di migrazioni e geopolitica è esperto. “Da un Libano sempre più in crisi si scappa. Stanno fuggendo intere famiglie e singoli soggetti. Non sempre e non solo libanesi. Il Paese dei cedri da anni accoglie affollati campi profughi con al loro interno palestinesi e siriani. Sono tutti coinvolti dalla crisi finanziaria, economica, sociale che da almeno tre anni affligge la nazione e che sta riducendo a uno stato di povertà almeno i due terzi delle famiglie.

Nel dicembre scorso il centro di ricerca Information International, basato a Beirut, ha stimato che negli ultimi due anni sono partite almeno 200mila persone da tutto il Libano.  Dalla capitale fino alla Bekka, passando per il sud del Paese, si raggiungono le coste di Tripoli, la città settentrionale omonima della capitale libica, e da lì si parte verso l’Europa. Fino a oggi Cipro era la meta più ricercata. Il perché è presto detto: la vicinanza geografica tra l’isola e le coste libanesi ha sempre permesso traversate più veloci rispetto ad altre tratte. Ma ora la situazione sta cambiando.

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Media di Beirut, in particolare, hanno dato ampio risalto ad alcune testimonianze di profughi libanesi che volevano raggiungere l’Italia. E, sempre tra i media locali, sarebbero sempre di più le persone desiderose di allungare la navigazione e provare a sbarcare lungo le coste italiane.

I testimoni sentiti dai media libanesi hanno parlato di imbarcazioni dirette verso l’Italia, fatte però poi girare verso la Grecia “dalla guardia costiera europea”. Probabilmente il riferimento è a qualche nave dell’agenzia Frontexd operativa tra il Mediterraneo centrale e quelloorientale. Possibile che i militari abbiano intimato ai migranti di proseguire il viaggio verso l’Italia, invitandoli a cambiare rotta.

Possibile anche ipotizzare che i barconi siano stati dirottati verso la Grecia per via dei rapporti molto stretti tra le autorità elleniche e quelle cipriote. I migranti quindi potrebbero essere indirizzato verso l’isola, il cui governo, proprio per l’importante afflusso di libanesi negli ultimi anni, ha stretto accordi con Beirut per rimpatri più celeri…”.

Così Indelicato

Stato in bancarotta

Secondo molti analisti il Libano è un Paese già fallito. Per altri manca molto poco al crack. Certo è che il paese sta subendo una grave e prolungata depressione economica. Secondo l’ultimo rapporto della Banca Mondiale, Bank Lebanon Economic Monitor (Lem), pubblicato a giugno, la crisi economica e finanziaria del Paese dei cedri è tra le peggiori di sempre nella storia, addirittura da metà del 1800. Per alcuni economisti quella libanese rientra nella top 10 dei default finanziari, per altri addirittura nella top 3. “Di fronte a sfide colossali, la persistente inazione politica e l’assenza di un governo pienamente funzionante, continuano ad aggravare condizioni socio-economiche già disastrose e una fragile pace sociale senza un chiaro punto di svolta all’orizzonte”, scrive l’istituto di Washington.      

Il titolo del rapporto della Banca Mondiale non promette nulla di buono: “Lebanon Sinking: To the Top 3”. La pubblicazione presenta i recenti sviluppi economici ed esamina le prospettive del Paese con i rischi annessi. Per oltre un anno e mezzo, il Libano ha affrontato sfide differenti: la più grande crisi economica e finanziaria in tempo di pace, la pandemia da Covid-19 e l’esplosione del porto di Beirut, avvenuta il 4 agosto del 2020. Come evidenziato dagli osservatori internazionali tutte le risposte politiche ed economiche della politica libanese a queste sfide sono state completamente inadeguate e fallimentari. Nel paese non si è mai arrivati a un consenso su iniziative politiche efficaci. L’unità d’intenti, invece, si è trovata nella difesa strenua di un sistema economico fallimentare che continua a favorire pochi a danno della maggioranza. A peggiorare la situazione, una prolungata guerra civile che ha aggravato condizioni socio-economiche sempre più disastrose che rischiano di provocare fallimenti nazionali sistemici con effetti regionali e potenzialmente globali. 

I numeri impietosi della Banca Mondiale

I numeri della Banca Mondiale non lasciano scampo e tratteggiano uno scenario con moltissime ombre. L’istituto stima chenel 2020 il Pil si sia contratto del 20,3%, dopo un calo del 6,7% nel 2019. Di fatto, il Pil libanese è crollato dai quasi 55 miliardi di dollari nel 2018 a circa 33 miliardi di dollari nel 2020, mentre il prodotto pro capite è sceso di circa il 40%. Una contrazione così forte, normalmente, è associata, spiega la Banca Mondiale, a conflitti o guerre. “Le condizioni monetarie e finanziarie rimangono altamente volatili; nel contesto di un sistema di tassi di cambio multipli”. Il cambio medio della Banca Mondiale si è deprezzato del 129% nel 2020. L’effetto sui prezzi si è tradotto in un’impennata dell’inflazione, con una media dell’84,3% nel 2020. Soggetto a un’incertezza eccezionalmente alta, si prevede che il Pil si contrarrà di un ulteriore 9,5% anche quest’anno. 

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“Il Libano affronta un pericoloso esaurimento delle risorse, compreso il capitale umano, e la manodopera altamente qualificata è sempre più propensa a cogliere opportunità all’estero, creando una perdita sociale ed economica permanente per il Paese”, ha detto Saroj Kumar Jha, direttore regionale del Mashreq della Banca Mondiale. “Solo un governo riformista, che intraprenda un percorso credibile di ripresa economica e finanziaria, e che lavori a stretto contatto con tutte le parti interessate, può invertire la rotta di un’ulteriore caduta e prevenire una maggiore frammentazione nazionale”.       

Le condizioni del settore finanziario continuano a deteriorarsi

L’onere dell’aggiustamento in corso nel settore finanziario è altamente regressivo, concentrato sui depositanti più piccoli, sulla maggior parte della forza lavoro e sulle pmi. Più della metà della popolazione è al di sotto della soglia di povertà nazionale, con la maggior parte della forza lavoro – pagata in lire – che soffre per il crollo del potere d’acquisto. Con il tasso di disoccupazione in aumento, una quota crescente di famiglie sta affrontando difficoltà di accesso ai servizi di base, compresa l’assistenza sanitaria in questo periodo più importante che mai.

Elettricità, acqua, istruzione: dove morde la crisi 

L’istituto di Washington sottolinea anche l’impatto delle crisi su quattro servizi pubblici di base: elettricità, approvvigionamento idrico, servizi igienici e istruzione. La depressione ha ulteriormente minato i già deboli servizi pubblici attraverso due effetti: ha aumentato significativamente i tassi di povertà, con un numero maggiore di famiglie che non possono permettersi beni sostitutivi privati, diventando così più dipendenti dai servizi pubblici. Pone a forte rischio la sostenibilità finanziaria e l’operatività di base del settore, aumentandone i costi e riducendone le entrate.    

La fornitura di servizi pubblici essenziali è fondamentale per il benessere dei cittadini. Il forte deterioramento dei servizi di base continuerà a creare implicazioni nel lungo termine: migrazione di massa, perdita di apprendimento, cattivi servizi sanitari, mancanza di reti di sicurezza adeguate. Il danno permanente al capitale umano, evidenzia la Banca Mondiale, sarebbe molto difficile da recuperare. E forse proprio questa dimensione della crisi libanese la rende unica rispetto ad altre. 

L’appello di Save the Children, la denuncia dell’Unicef

Quasi un quarto della popolazione libanese e la metà dei rifugiati siriani in Libano sta affrontando carenze alimentari. A denunciarlo è Save the Children che invita il governo “a sostenere economicamente i più colpiti”. “La quantità di cibo in tavola per i bambini in Libano – si legge in un comunicato della organizzazione umanitaria – si riduce di giorno in giorno, poiché i prezzi del pane salgono di un altro 11% a causa dell’aggravarsi della crisi. Una razione di pane per un mese fa arretrare le famiglie di quasi la metà del salario minimo mensile. Un sacchetto di focaccia costa 5.000 sterline libanesi nei supermercati, oltre il triplo rispetto all’anno scorso, un effetto a catena dell’impennata dei prezzi del carburante e del collasso dell’economia”. Secondo Save the Children “le famiglie più povere del Libano hanno probabilmente bisogno di almeno due sacchi di pane al giorno a causa dell’impossibilità di permettersi cibi nutrienti come riso, lenticchie e uova. Ciò significa che il costo mensile del consumo di pane (circa 300.000 sterline) è circa il 44% del salario minimo mensile, che è di 675.000 sterline”. “Nessuna famiglia può vivere senza pane in Libano – dichiara Jennifer Moorehead, direttrice di Save the Children in Libano -. Se il pane diventerà fuori portata – cosa che in alcuni casi sta già accadendo – non c’è un piano B oltre alla fame. I bambini ci dicono che stanno andando a letto affamati e i genitori riferiscono di dover saltare completamente i pasti. Migliaia di famiglie al momento fanno affidamento su pasti a base di pane e ora sentono che questo verrà loro portato via. La situazione dei bambini, soprattutto i più piccoli, è sempre più disperata”. “Il Libano è in caduta libera e i bambini sono i primi a sentirne l’impatto. Esortiamo il governo libanese a fornire sostegno in denaro alle famiglie più povere dei gruppi economici più colpiti, per aiutarle almeno a garantire i bisogni minimi e impedire che la crisi si trasformi in una catastrofe umanitaria per i bambini libanesi”, conclude Moorehead.

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“A meno che non venga intrapresa un’azione urgente, più di quattro milioni di persone in tutto il Libano – soprattutto bambini e famiglie vulnerabili – affrontano la prospettiva di una carenza critica di acqua o di essere completamente tagliati fuori dalla fornitura di acqua sicura nei prossimi giorni”, le fa eco, sempre ad agosto,   direttore generale dell’Unicef, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, Henrietta Fore.
L’Unicef, ricorda il direttore generale, “ha avvertito che più del 71% della popolazione del Libano potrebbe rimanere senza acqua quest’estate. Da allora, questa situazione pericolosa è continuata, con servizi essenziali come l’acqua e i servizi igienici, le reti elettriche e l’assistenza sanitaria sotto enorme tensione. Strutture vitali come gli ospedali e i centri sanitari non hanno avuto accesso all’acqua sicura a causa della mancanza di elettricità, mettendo a rischio delle vite”.


Fore chiarisce: “Se quattro milioni di persone sono costrette a ricorrere a fonti d’acqua non sicure e costose, la salute pubblica e l’igiene saranno compromesse e il Libano potrebbe vedere un aumento delle malattie legate all’acqua”. L’Unicef chiede “l’urgente ripristino della rete elettrica – l’unica soluzione per mantenere in funzione i servizi idrici”. “I bisogni sono enormi e l’urgente formazione di un nuovo governo con chiari impegni di riforma, è fondamentale per affrontare la crisi attuale attraverso un’azione determinata e sistematica per proteggere la vita dei bambini e garantire l’accesso all’acqua e a tutti i servizi di base”,  conclude Fore.

Questo è il Libano da cui quella madre e il suo piccolo fuggivano. Trovando la morte in mare, in una delle tante stragi di innocenti che la comunità internazionale continua colpevolmente a ignorare. 

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