Libia, le mani del Gruppo Wagner sui miliardi della ricostruzione: e Putin incassa
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Libia, le mani del Gruppo Wagner sui miliardi della ricostruzione: e Putin incassa

La presenza della Wagner nel Paese è in larga parte circoscritta alle basi e ai campi petroliferi sotto l’autorità dell’esercito di Haftar. Inoltre...

Libia, le mani del Gruppo Wagner sui miliardi della ricostruzione: e Putin incassa
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

14 Agosto 2022 - 23.36


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Altro che usare i migranti come “bomba elettorale” da far esplodere in Italia. La Russia mira molto più in alto in Libia. Alla torta miliardaria della ricostruzione. Una torta da oltre 100 miliardi. E per farlo, lo zar del Cremlino usa una delle sue armi più efficaci: il Gruppo Wagner.

La torta della ricostruzione

Il ministro di Stato libico per gli affari economici, Salama al-Ghwail, ha affermato che la Libia ha bisogno di circa 102,5 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni per potersi ricostruire.

In un’intervista a Sky News Arabia, il ministro ha sottolineato che l’entità delle perdite subite dall’economia non può essere stimata con precisione. Ha confermato che “il Paese è stato danneggiato a causa della mancanza di sviluppo interno e dell’assenza di sicurezza, oltre che alla stagnazione economica e al mancato sviluppo degli investimenti del settore privato nel Paese”. Al-Ghwail ha peraltro osservato che “l’assenza di stabilità politica e di sicurezza nel Paese è stato il fattore più importante che ha impedito alla Libia di beneficiare degli alti prezzi del petrolio”. Tuttavia ha spiegato che “la Libia dispone di risorse naturali che possono contribuire allo sviluppo e alla ricostruzione del Paese”.Ha infine affermato che la Libia “impiegherà manodopera egiziana e lavorerà per sviluppare relazioni con i Paesi vicini ed europei come Germania, Italia e Francia, oltre a Cina e Turchia, in concomitanza con il lavoro per attrarre investimenti nel Paese”. 

Il player russo

Globalist ne ha scritto più volte. Con importanti riscontri da report di giornalisti seri e documentati, come Lorenzo Vita e Pietro Orizio.

Scrive Vita su Insideover: “La Russia ha infatti da subito individuato nel caos libico una possibilità di inserirsi al centro del Mediterraneo con un modello di intervento molto simile a quello applicato in altri contesti africani. Avere una base nei cosiddetti “mari caldi”, incunearsi nel Mediterraneo e costruire un avamposto che potesse riprodurre lo schema siriano anche in Libia (quindi condominio con la Turchia e lesione degli interessi Nato) era apparso da subito sufficiente per capire gli obiettivi di Putin nel ginepraio nordafricano. Temi a cui andava aggiunto lo sfruttamento delle risorse energetiche, che rappresentano indubbiamente una delle principali arterie della politica estera russa, tanto in Europa quanto nel continente africano, al pari della vendita di armi o del sostegno agli eserciti locali.

Il tema dell’energia è tornato poi particolarmente in auge proprio dall’inizio della guerra in Ucraina. Perché è chiaro che l’embargo a petrolio e gas russi avrebbe condotto anche a un’attenzione verso la diversificazione energetica europea. E la Libia, ricca di idrocarburi, non fa eccezione. La Russia l’ha capito immediatamente, al punto che anche una recente analisi di Foreign Policy, una delle più autorevoli riviste internazionali, ricorda come la presenza della Wagner nel Paese sia in larga parte circoscritta alle basi e ai campi petroliferi sotto l’autorità dell’esercito di Haftar. L’instabilità è dunque un elemento utile ma nell’ottica di un alleato che abbia in mano le redini di una parte fondamentale dell’oro nero – e dell’oro blu – libici. Proprio per questo motivo, va ricordato un fatto: alcune settimane fa, un misterioso articolo apparso sul Times a firma di Fathi Bahshagha, poi smentito dallo stesso autore, segnalava la volontà dell’uomo di Misurata di unirsi al Regno Unito nella battaglia per frenare le ambizioni russe. Un vero e proprio giallo che però aiuta a comprendere come sia ben più profonda e articolata la questione russa per la Nato e per le potenze inserite in Libia.

Del resto la Libia, proprio nel momento in cui l’energia assume un ruolo totalmente preponderante nello scacchiere internazionale, può essere considerato un vero e proprio Eldorado nel caos. Foreign Policy parla di riserve accertate di petrolio per 48 miliardi di barili e di gas naturale che potrebbe trasformare la Libia anche nel più importante fornitore d’Europa. Il blocco della produzione libica ha già avuto modo di incidere sui mercati pur avendo delle infrastrutture minime rispetto al potenziale. È chiaro quindi che tutte le potenze abbiano l’interesse a gestire questo tesoro, ma soprattutto a evitare che qualcuno abbia il controllo al proprio posto. La Russia come le altre forze. E tutto questo risulta abbastanza evidente nel momento in cui il Paese di fatto non esiste ma in cui una delle poche istituzioni unitarie è proprio il colosso dell’energia, la Libyan National Oil Corporation. Controllare i giacimenti, i depositi e le rotte del gas e del petrolio libico è quindi fondamentale. Molto più di flussi migratori che nel contesto geopolitico dello scontro tra Nato e Russia appaiono quantomeno minimi.

Tutto ciò si sovrappone poi a una posizione geografica della Libia che risulta fondamentale anche per le varie ramificazioni della partita russa in Africa. Avere i propri uomini ai confini dell’Egitto, a ridosso del fianco sud della Nato e dell’Unione europea e non lontano dalla complessa e fondamentale regione del Sahel (dove la Wagner è presente anche in Mali) implica che la Cirenaica è essenziale per tutto il conflitto tra Russia e Occidente. Non è un caso che il Pentagono, Londra e le varie difese europee abbiano più volte lanciato l’allarme sulla presenza della Russia in Libia anche vista la capacità di Putin di inserirsi in quello che era il “territorio di caccia” delle vecchie potenze imperiali europee. Lo scontro è a tutto tondo. Credere che si possa ridurre a un presunto interesse del Cremlino per i partiti italiani rischia di essere un’ulteriore dimostrazione della miopia con cui alcuni segmenti della politica italiana hanno letto quanto accadeva in Libia e a sud di essa. Territori in cui Roma conta ormai sempre meno”.

Fin qui Vita.

Gruppo Wagner: un espansionismo ibrido

Ne scrive in un documentatissimo report su AnalisiDifesa Pietro Orizio:” […]Il Gruppo Wagner, di proprietà del magnate russo della ristorazione Evgeny Prighozyn  e parte del suo network di società di facciata chiamato Gruppo Concord, è una compagnia militare ibrida. Oltre a perseguire gli obiettivi commerciali – privati – dello chef di Putin, infatti, è alle dipendenze dell’intelligence militare: il GRU.

Con le Forze Armate russe il Gruppo Wagner condivide la base di Molkino, i velivoli del 223° e 224° Distaccamento Aereo dell’Aeronautica Militare, servizi logistici, sanitari e tutta una serie di infrastrutture ed assetti che gli consentono di operare nei vari teatri per il conseguimento degli obiettivi strategici del Cremlino.

Da quando il Gruppo Wagner ha iniziato ad operare sul campo, guidando l’insurrezione dei separatisti nel Donbas nel 2014, sempre più governi hanno optato per il supporto di Mosca e dei suoi contractors. Ventotto i Paesi in cui avrebbe operato, diciotto dei quali africani: Libia, Repubblica Centrafricana, Mozambico, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Mali, Madagascar e Zimbabwe tanto per citarne alcuni[…]Il 2 marzo 2022 è stata approvata una Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che chiedeva alla Federazione Rrussa di fermare l’offensiva in Ucraina ed il ritiro immediato di tutte le sue truppe. I Paesi che hanno votato a favore sono stati 141. Tra i 5 contrari, 35 astenuti e i 12 assenti vi sono molti Paesi in cui il Gruppo Wagner e/o la Internet Research Agency di Prighozyn hanno o stanno operando: Burkina Faso, Camerun, Costa d’Avorio, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Guinea, Madagascar, Mali, Mozambico, Siria, Sudan, Venezuela, Zimbabwe ed altri.

Il punto di forza di questo espansionismo sta nell’offrire a leader autoritari barcollanti, isolati ed invisi all’Occidente soluzioni complete ed economiche per restare al potere: addestramento e consulenza alle forze di sicurezza locali, operazioni di controinsorgenza e controterrorismo, protezione di risorse naturali ed infrastrutture strategiche ecc.

Il tutto con estrema risolutezza e, secondo le accuse mosse da ong e istituzioni occidentali e internazionali, senza preoccuparsi delle vittime civili o del rispetto dei diritti umani.

Numerose, infatti, le accuse di stragi, esecuzioni extragiudiziali, torture, stupri e saccheggi. Da gennaio a metà aprile gli uomini del Gruppo Wagner sarebbero stati implicati in almeno una dozzina di operazioni che hanno provocato complessivamente la morte di più di 500 persone.

In cambio dei propri servigi “l’esercito privato di Putin” ottiene concessioni minerarie, energetiche ed altri contratti commerciali attraverso società appositamente create: M-Invest e Meroe Gold in Sudan, EvroPolis in Siria, M-Finans, Lobaye Invest e Sewa Security Services in Repubblica Centrafricana ed altre ancora. Risorse di cui la Russia è carente o che risultano nettamente più economiche rispetto a quelle di cui già dispone.

Nel “pacchetto” di supporto sono comprese anche operazioni di Information Warfare di cui si occupa la Troll Factory del Gruppo Concord: la Internet Research Agency o IRA.

Attraverso specifiche campagne di disinformazione e propaganda – 16 quelle accertate in Africa – la società di Prighozyn cerca di acquisire vantaggi politici e militari: ottenere il supporto popolare, catalizzare il malcontento, fomentare divisioni o generare confusione in Paesi-obiettivo. E, quindi, si effettuano donazioni di cibo e medicinali, l’invio di finti osservatori elettorali, la produzione di pellicole cinematografiche, finanziamento di giornali e stazioni radio e, addirittura, l’organizzazione e sponsorizzazione di eventi sportivi e concorsi di bellezza.

Tutto ciò porta all’instaurazione di un rapporto fortemente sbilanciato in favore di Mosca che le consente di inserirsi o di esercitare la propria influenza in aree cruciali, sempre più dominate da sentimenti antioccidentali ed antidemocratici.[…] Dal maggio 2018 gli uomini del Gruppo Wagner hanno supportato il generale ribelle Khalifa Haftar ed il suo Esercito Nazionale Libico – LNA.

Oltre all’addestramento di miliziani e trasferimenti di armi gli uomini di Prighozyn hanno preso parte alle ostilità contro le forze del Governo di Accordo Nazionale – GNA – riconosciuto dalle Nazioni Unite. In particolare, al fallito tentativo di conquista di Tripoli del settembre 2019 dove hanno subito la perdita di una quarantina di uomini a causa dell’attacco di un drone turco.

I contractors russi si sono occupati anche di reclutare e facilitare il dispiegamento di mercenari siriani nel Paese, nonché della conquista e presidio di campi ed infrastrutture nella cosiddetta mezzaluna petrolifera libica.

Nell’estate 2020, ad esempio, sono finiti nelle loro mani al-Sharara ed Es-Sider: rispettivamente il più importante giacimento petrolifero ed il principale terminal petrolifero portuale del Paese.

Dal 18 aprile 2022 “manifestanti” collegati all’LNA hanno chiuso i campi petroliferi di al-Sharara e di el-Feel, così come i porti di Zuetina e Marsa al-Brega, prima di espandersi ai terminal di Ras Lanuf, Es-Sider e Sarir ad inizio giugno. Un blocco che avrebbe tagliato la produzione petrolifera libica dagli 1,2 milioni di barili al giorno a 300.000-400.000.  Scenario che si è ripetuto anche ad inizio luglio.

In questo modo, direttamente con il Gruppo Wagner o indirettamente attraverso altri attori ibridi, la Russia esercita pressioni sull’Europa, controllando i flussi petroliferi ad essa indirizzati. In cambio di un’ulteriore presenza nel Mediterraneo – dopo la Siria, proprio sul fianco meridionale di Nato ed Unione Europea, Mosca ha fornito ad Haftar anche supporto diplomatico, oltre che tattico.

In qualità di membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, infatti, la Russia ha bloccato risoluzioni contro di lui e suoi miliziani e ha proposto provvedimenti a loro favore. In aggiunta, la IRA di Prighozyn ha cercato di rafforzare la figura politica di Haftar che potrebbe candidarsi alla presidenza del Paese.

Tuttavia Mosca ha individuato in Saif al-Islam Gheddafi un altro possibile “cavallo vincente” in Libia. Due cittadini russi sono stati arrestati dal Governo di Accordo Nazionale nel 2019, dopo aver incontrato e proposto al secondogenito del Colonnello di inserirsi nel processo elettorale, favorendolo attraverso un vero e proprio network organizzato.

Sulla vicenda e a sostegno della scarcerazione del noto stratega politico del Cremlino, Maxim Shugaley e del suo interprete sono stati girati due film da una casa cinematografica di proprietà di Prighozyn: Shugaley e Shugaley 2. Mosca ha finanziato anche canali televisivi, giornali ed agenzie di stampa, nonché campagne di supporto sui social media per i propri alleati.

Anche in Libia gli uomini del Gruppo Wagner si sarebbero macchiati di violenze. Particolarmente gravi le accuse di Human Rights Watch  sull’impiego di mine e trappole esplosive tra il 2019-2020: ordigni non segnalati che hanno provocato la morte di numerosi civili e sminatori…”.

 Il report di Orizio chiarisce nei dettagli la potenza del Gruppo Wagner. Una potenza al servizio dei disegni imperiali dell’uomo che vorrebbe essere ricordato come il Pietro il Grande del Terzo millennio: Vladimir Vladimirovich Putin. 

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