Lo scandalo del commercio delle armi: il grido del Papa, il silenzio della politica
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Lo scandalo del commercio delle armi: il grido del Papa, il silenzio della politica

C’è più politica, quella vera, alta, nobile, che coniuga idealità e concretezza, in queste considerazioni del Papa che in tutte le esternazioni, interviste, chiacchiere dei politici che esondano nelle pagine dei giornali o nei salotti televisivi.

Lo scandalo del commercio delle armi: il grido del Papa, il silenzio della politica
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

1 Agosto 2022 - 17.55


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Da Avvenire: “Nel suo commento al Vangelo domenicale, davanti ai circa 12 mila fedeli nel caldo di Piazza San Pietro, il Papa ha puntato il dito contro l’interesse economico, e in particolare lo “scandalo” del commercio delle armi che sta dietro ogni guerra. “Pensiamo anche alle guerre e ai conflitti: quasi sempre c’entrano la brama di risorse e ricchezze. Quanti interessi ci sono dietro a una guerra! Di sicuro uno di questi è il commercio delle armi. Questo commercio è uno scandalo a cui non dobbiamo e non possiamo rassegnarci”.

C’è più politica, quella vera, alta, nobile, che coniuga idealità e concretezza, in queste considerazioni del Papa che in tutte le esternazioni, interviste, chiacchiere dei politici che esondano nelle pagine dei giornali o nei salotti televisivi.

Parole di verità – Bergoglio parla dello “scandalo” del commercio delle armi. E dice chiaro e forte che di fronte a questo “scandalo” non possiamo né dobbiamo rassegnarci”.

E mette il dito su una piaga denunciata più e più volte dal movimento pacifista: Quanti interessi ci sono dietro una guerra.

L’Europa militarizzata – Di grande interesse è il report di Rete Italiana Pace e Disarmo (Ripd). “A pochi giorni dalla decisione dei leader europei di aumentare drasticamente le spese militari al vertice di Versailles, un nuovo rapporto dello European Network Againsta Arms Trade Enaat  (di cui Rete Italiana Pace e Disarmo fa parte) e del Transnational Insitute rivela come i primi programmi di difesa dell’UE, del valore di quasi 600 milioni di euro, siano inficiati da conflitti d’interesse, accuse di corruzione e siano notevolmente al di sotto degli standard etici e legali più elementari.

Il Rapporto rileva che nove dei 16 rappresentanti dell’organo consultivo dell’UE che ha portato alla creazione del bilancio militare erano affiliati all’industria delle armi. Otto di queste entità – Airbus, Bae Systems, Indra, Leonardo, Mbda, Saab, Fraunhofer e Tno – hanno finora ricevuto oltre 86 milioni di euro o il 30,7% del totale, anche se l’importo finale sarà probabilmente molto più alto una volta che l’intero bilancio sarà assegnato. “Il processo decisionale dell’UE è stato indirizzato da aziende altamente lucrative che sfruttano gli spazi politici per il proprio guadagno” avverte Niamh Ní Bhriain, coordinatore del programma al Transnational Institute.

Cinque degli otto maggiori beneficiari – Leonardo, Safran, Thales, Airbus e Saab – sono stati coinvolti in numerose accuse di corruzione, mentre i sette maggiori beneficiari sono coinvolti in esportazioni di armi altamente controverse verso Paesi che vivono conflitti armati o dove sono in vigore regimi autoritari e le violazioni dei diritti umani sono diffuse.

“Il fatto che l’UE potrebbe finanziare entità coinvolte in affari di armi controverse, produttori di armi nucleari, o che sono stati esposti per corruzione, solleva seri interrogativi sulle procedure di approvazione dell’UE”, sottolinea Alexandra Smidman, ricercatrice associata di Shadow World Investigations. L’UE sta finanziando nuovi sistemi d’arma che spesso si basano su tecnologie “intelligenti” come i sistemi automatici senza equipaggio o l’intelligenza artificiale, che rimangono in gran parte non regolamentati dall’UE.

“Questi progetti sono controversi perché potrebbero potenzialmente cambiare la condotta della guerra rendendo le leggi della guerra obsolete”, avverte Pere Brunet, ricercatore del Centro Delàs per gli studi sulla pace. Eppure i controlli applicati dall’UE per approvare il finanziamento di armi letali non rispettano nemmeno i più elementari standard legali ed etici, con l’ufficio del Mediatore che esprime preoccupazione per l’assenza di una valutazione dettagliata della loro conformità al diritto internazionale.

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“Questa è una deregolamentazione de facto di uno dei bacini di denaro più letali di Bruxelles”, aggiunge Joaquin Rodriguez, professore associato all’Università Autonoma di Barcellona.
Il rapporto dettaglia la mancanza di trasparenza e di controllo democratico nel modo in cui vengono approvati i finanziamenti della Commissione europea.“Dato che questi progetti sono destinati a creare armi e altri sistemi militari che potrebbero essere usati dagli eserciti in Europa e oltre, è necessaria una rigorosa supervisione pubblica”, dice Laëtitia Sédou, responsabile del programma della Rete europea contro il commercio di armi.


La gran parte dei finanziamenti stanziati finora va alle aziende situate nei maggiori Paesi esportatori di armi dell’UE, vale a dire Francia, Germania, Italia e Spagna, cui è stato assegnato il 68,4% del bilancio. “La spesa militare dell’UE mira esplicitamente a rafforzare l’industria della difesa europea, che aumenterà le sue esportazioni di armi, alimenterà una corsa globale alle armi e porterà a più guerre, distruzione e morte”, sostiene Mark Akkerman, ricercatore di Stop Wapenhandel”. Così Vignarca.  

La pandemia non frena il commercio degli armamenti – Ne dà conto Patrizia Caiffa in un dettagliato report su Agensir.it. “La spesa militare globale ha raggiunto il suo massimo storico nel secondo anno di pandemia: 2.113 miliardi di dollari, con un aumento dello 0,7%, un trend in crescita costante negli ultimi sette anni. Chi ha investito di più in armamenti nel 2021? Stati Uniti, Cina, India, Regno Unito e Russia, che insieme rappresentano il 62% della spesa globale. I principali esportatori di armi nel mondo sono invece, nell’ordine, Stati Uniti, Russia, Francia, Cina e Germania. Nel 2021 sono aumentate le esportazioni di armi da Stati Uniti e Francia e calate invece le esportazioni di armi russe, cinesi e tedesche. Il commercio mondiale di armi è diminuito leggermente (-4,6% tra il 2012–16 e il 2017–21), ma sono aumentate le importazioni in Europa, Asia orientale e Oceania. Sono aumentate notevolmente le esportazioni di Stati Uniti e Francia e le importazioni verso Europa (+19%), Asia orientale (+20%) e Oceania (+59%). La crescita maggiore delle importazioni è in Europa. Elevati sono sempre i trasferimenti verso il Medio Oriente, mentre quelli verso l’Africa e le Americhe sono diminuiti. La facile equazione è che i conflitti e la violenza non cessano perché i governi – e le lobby delle armi – hanno interesse a vendere, comprare e fare profitti. Come purtroppo si sa, i leader decidono le guerre e mandano i poveri a morire. I dati costantemente aggiornati sulla spesa militare globale e sull’import-export globale sono forniti dal Sipri (Stockholm international peace research institute)”.

In Europa la crescita maggiore dell’import di armi  – In Europa, a causa del grave deterioramento delle relazioni tra molti Stati europei e Russia, nel periodo 2017-21 le importazioni di armi sono state +19% rispetto al 2012-16 e hanno rappresentato il 13% dei trasferimenti globali di armi. I maggiori importatori sono stati il Regno Unito, la Norvegia e i Paesi Bassi. Secondo il Sipri “si prevede che anche altri Stati europei aumenteranno in modo significativo le loro importazioni di armi nel prossimo decennio, avendo recentemente effettuato ingenti ordini per le principali armi, in particolare aerei da combattimento dagli Stati Uniti”. La Francia ha rappresentato l’11% delle esportazioni globali di armi nel 2017-21, diventando così il terzo maggiore esportatore di armi. Il suo export è aumentato del 59% tra il 2012-16 e il 2017-21.

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In Italia l’export di armi è cresciuto del 16% rispetto al 2016. Le esportazioni italiane di armi hanno rappresentato il 3,1% del totale mondiale nel 2017-21.  L’export è diminuito invece nel Regno Unito del 41% tra il 2012-16 e il 2017-21 e del 19% in Germania.

Asia e Oceania sono le più grandi regioni importatrici di armi – I due continenti hanno ricevuto il 43% dei trasferimenti globali nel 2017-21, in particolare: India, Australia, Cina, Corea del Sud, Pakistan e Giappone.

Gli Stati Uniti rimangono il principale fornitore dell’Asia e dell’Oceania. – Le importazioni di armi nell’Asia meridionale sono diminuite del 21% e quelle nel sud-est asiatico sono diminuite del 24% tra il 2012-16 e il 2017-21. Nello stesso periodo, le importazioni di armi in Oceania sono cresciute del 59%, a causa di un aumento del 62% delle importazioni australiane, e le importazioni in Asia orientale sono aumentate del 20%. La causa sono le tensioni tra la Cina e molti Stati asiatici e dell’Oceania.

Medio Oriente – Le importazioni si stabilizzano dopo un forte aumento (+86% tra il 2012-2016). Gli Stati mediorientali hanno importato il 2,8% di armi in più nel 2017-21 rispetto al 2012-2016.  L’Arabia Saudita è il secondo importatore di armi al mondo (+27% tra il 2012-16 e il 2017-21). Le importazioni di armi del Qatar sono cresciute del 227%, spingendolo dal 22° posto al 6°. La spesa militare del Qatar nel 2021 è stata del 434% superiore rispetto al 2010. Le importazioni di armi israeliane sono aumentate del 19% tra il 2012-16 e il 2017-21.

Africa – Nel 2017-21 i cinque maggiori importatori di armi nell’Africa subsahariana sono stati Angola, Nigeria, Etiopia, Mali e Botswana. Le importazioni di armi dell’Egitto sono cresciute del 73% tra il 2012-16 e il 2017-21, diventando così il terzo importatore di armi a livello globale. La Nigeria, in risposta all’estremismo violento e alle insurrezioni separatiste, ha aumentato la sua spesa militare del 56% nel 2021, per raggiungere i 4,5 miliardi di dollari.

Stati Uniti – La spesa militare statunitense è stata di 801 miliardi di dollari nel 2021, con un calo dell’1,4% rispetto al 2020. I finanziamenti statunitensi per la ricerca e lo sviluppo militari sono aumentati del 24% tra il 2012 e il 2021, mentre per l’approvvigionamento di armi sono diminuiti del 6,4% nello stesso periodo. Questo significa che gli Stati Uniti vogliono mantenere un vantaggio tecnologico rispetto agli altri Paesi.

Le esportazioni di armi degli Stati Uniti sono cresciute del 14% tra il 2012-16 e il 2017-21, aumentando la propria quota globale dal 32% al 39%.  Nel periodo 2017-21 sono state più del doppio (108% in più) rispetto a quelle del secondo esportatore, la Russia. Il 43% delle armi statunitensi va in Medio Oriente, con un aumento del 106% nelle consegne di armi principali all’Arabia Saudita.

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La Russia ha aumentato il budget militare del 2,9% nel 2021, pari a 65,9 miliardi di dollari, per rafforzare le sue forze lungo il confine ucraino. Questo è stato il terzo anno consecutivo di crescita e la spesa militare russa ha raggiunto il 4,1% del Pil nel 2021. La cifra finale è stata di 48,4 miliardi di dollari.

La Russia, che ha rappresentato il 19% di tutte le esportazioni di armi nel 2017-21, ha visto le sue esportazioni ridursi del 26% tra il 2012-16 e il 2017-21. Ciò è dovuto ad un calo delle consegne a India e Vietnam, ma nei prossimi anni sono previste grandi consegne all’India.

Ucraina, +72% di spesa militare – Poiché l’Ucraina ha rafforzato le sue difese contro la Russia, la sua spesa militare è aumentata del 72% dall’annessione della Crimea nel 2014. La spesa è scesa nel 2021, a 5,9 miliardi di dollari, ma rappresentava ancora il 3,2% del Pil.

Cina – È il secondo Paese al mondo, dopo gli Usa, a spendere più soldi in armamenti. Ha stanziato circa 293 miliardi di dollari per le sue forze armate nel 2021, con un aumento del 4,7% rispetto al 2020. La spesa militare cinese è cresciuta per 27 anni consecutivi. Le esportazioni di armi della Cina sono però diminuite del 31% tra il 2012-16 e il 2017-21

India – La spesa militare indiana di 76,6 miliardi di dollari si è classificata al terzo posto nel mondo. È aumentata dello 0,9% dal 2020 e del 33% dal 2012. Le importazioni di armi indiane sono diminuite del 21% tra il 2012-16 e il 2017-21. Tuttavia l’India è il più grande importatore a livello globale e sta pianificando importazioni di armi su larga scala nei prossimi anni da diversi fornitori.

Iran – Nel 2021 il budget militare iraniano è aumentato, per la prima volta in quattro anni, a 24,6 miliardi di dollari. I finanziamenti per il Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche hanno continuato a crescere nel 2021, del 14% rispetto al 2020, e hanno rappresentato il 34% della spesa militare totale dell’Iran.

Armi nucleari – Nell’ottobre 2021, nonostante i progressi nella riduzione degli arsenali dalla “guerra fredda”, il totale mondiale delle testate nucleari è ancora elevato: 9 Paesi ne possiedono circa 13.150. In particolare, Russia e Stati Uniti (ognuna con circa 4.000 testate nelle loro scorte militari) ne possiedono circa il 91%.

Gli altri Stati che possiedono armi nucleari – conclude Caiffa – hanno un centinaio di testate per la propria sicurezza nazionale”.

Chiosa Globalist: un mondo con più armi è un mondo meno sicuro. Il Papa lo ripete in ogni dove. Ma l’argomento è tabù nel miserevole dibattito politico-elettorale che ammorba il belpaese.

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