Un autogol, speriamo frutto solo dell’emotività del momento, perché la cultura era e resta uno strumento di pace e di fratellanza.
Ma adesso l’Ucraina vuole bandire la cultura russa. Lo ha fatto vietando con due diversi disegni di legge velocemente approvati dal Parlamento di Kiev, la Verkhovna Rada, l’importazione e la distribuzione di libri e prodotti editoriali da Russia, Bielorussia e «territori temporaneamente occupati», oltre che dei volumi in russo provenienti anche da altri Paesi.
Contemporaneamente, è stata imposta a tempo indefinito l’esclusione di tutti i musicisti che hanno la cittadinanza russa dalle esibizioni pubbliche, concerti e manifestazioni.
Per gli artisti però c’è una lista bianca: dal divieto sono esclusi tutti coloro che hanno condannato l’invasione di Mosca e che entrano in un elenco di cui si occuperà direttamente un’istituzione come il Consiglio nazionale di Sicurezza e Difesa.
Per essere ammessi e ottenere un permesso, bisognerà presentare una domanda ufficiale al Servizio di sicurezza ucraino. La lista sarà resa pubblica e aggiornata.
La breve discussione parlamentare che ha portato alle nuove regole – il testo è stato presentato dal primo ministro Denis Shmygal lo scorso 11 maggio – dimostra la determinazione di Kiev a voltare pagina e a difendere l’identità nazionale su più piani, non solo quello militare. Tanto più di fronte alla russificazione forzata che gli invasori stanno compiendo nei territori occupati, a cominciare dai programmi scolastici.
A dimostrazione che i tempi sono definitivamente cambiati, anche la decisione di Kiev di aumentare l’utilizzo della lingua ucraina in radio e tv: le trasmissioni radiofoniche dovranno tenere conto che la quota di canzoni in lingua nazionale dovrà arrivare al 40% dall’attuale 35%. E in ucraino dovrà essere anche il 75% del volume giornaliero dei programmi, compresi i notiziari e gli approfondimenti.
Del nuovo corso ha parlato anche il presidente Volodymyr Zelensky. Due giorni fa ha annunciato che l’Ucraina introdurrà i visti per i cittadini russi a partire dal primo luglio, «per contrastare le minacce senza precedenti alla sicurezza nazionale, alla sovranità e all’integrità territoriale del nostro Stato».