Il rabbino di Mosca fugge in Ungheria e il patriarca Hilarion vice di Kirill esiliato a Budapest: le purghe putiniane
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Il rabbino di Mosca fugge in Ungheria e il patriarca Hilarion vice di Kirill esiliato a Budapest: le purghe putiniane

Tutti e due contrari alla guerra non hanno accettato le pressioni per pronunciarsi a favore della missione militare speciale. Poi la destinazione ungherese fa riflettere...

Il rabbino di Mosca fugge in Ungheria e il patriarca Hilarion vice di Kirill esiliato a Budapest: le purghe putiniane
Pinchas Goldschmidt, rabbino capo di MOsca
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

8 Giugno 2022 - 11.21


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C’è qualcosa che fa spavento in quanto è accaduto a Mosca nelle ore in cui Medvedev ha fatto sapere che odia l’Occidente. E cosa è successo? E’ successo, proprio in quelle ore, che il patriarca di Mosca, Kirill, ha ordinato e il santo sinodo disposto la rimozione del numero due del patriarcato, l’autorevolissimo metropolita Hilarion. In dissenso sulla guerra, dissenso dichiarato 100 giorni fa e poi seguito da un lungo silenzio, Hilarion, che guidava le relazioni internazionali del patriarcato da anni, ha perso anche il seggio nel sinodo, è stato infatti mandato in esilio, a Budapest. Per un uomo che tutti indicavano come il prossimo patriarca un colpo di scure. Per le prassi sinodali una decisione da bunker. 

Subito dopo si è appreso della fuga da Mosca del rabbino capo, Pinchas Goldschmid.  E’ dovuto fuggire come in tempi lontani, che speravamo finiti per qualsiasi leader religioso. Ha scritto al riguardo l’agenzia Ansa al riguardo della fuga che l’ha resa nota Avital Chizhik-Goldschmidt, giornalista negli Stati Uniti e nuora dell’autorità religiosa ebraica scrivendo sui suoi social: ”Posso finalmente rendere noto a tutti – scrive la reporter sul suo account Twitter – che i miei suoceri sono stati messi sotto pressione dalle autorità per sostenere pubblicamente la ‘operazione speciale’ in Ucraina e si sono rifiutati di farlo. Sono fuggiti in Ungheria due settimane dopo l’invasione russa e ora sono in esilio dalla comunità che hanno amato e costruito e in cui hanno cresciuto i loro figli per oltre 33 anni”. 

Sembra un clima da purghe staliniane. E forse lo è. 

Lascia sgomenti che questo clima coinvolga i vertici religiosi nella nuova capitale che sostituisce l’ateismo di Stato con il fondamentalismo di Stato. Impressionante. Ma un dettaglio colpisce: la scelta di Budapest. 

La scelta del rabbino sarà certamente dovuta a tanti fattori, comunitari e privati, ma non si può escludere che il coraggioso rabbino di Mosca, uno dei pochi che ha avuto il coraggio di dire “no”,  voglia mantenere un contatto con la comunità ebraica russa senza trovarsi sotto il tacco di un’autorità così invasiva, capace di uccidere i dissenti. E da dove altro avrebbe potuto sentirsi abbastanza sicuro senza perdere un filo possibile di vicinanza umana con la sua comunità? 

E allora come non notare che anche  Hilarion è stato spedito a Budapest? Il suo dissenso dalla linea di intervento armato in Ucraina è noto da tempo, la sua presenza ai vertici della Chiesa moscovita ormai era impossibile per un regime che si comporta così con il rabbino capo della comunità ebraica. 

Ma se Mosca vuole sperare di non recidere i rapporti con il resto del mondo per sempre, dove altro avrebbe potuto mandare un diplomatico noto come Hilarion? A Budapest lui è in Europa, se si volesse è noto che di lì potrebbe viaggiare, mentre Lavrov non può andare neanche in Serbia. Dunque se domani ci fosse da dialogare con qualcuno Hilarion potrebbe essere  l’uomo giusto per farlo, chissà. Ma il filo tenue non deve ledere il la compattezza del bunker che Mosca deve avere. Più dura di così la scure di Kirill non poteva essere nei confronti di un dissenso inammissibile, ma forse nella scelta del luogo d’esilio c’è un calcolo, un possibile uso dello spiraglio che viene da Budapest, la città a cavallo tra Oriente putiniano e Occidente. Orban, l’uomo che partecipa ai vertici europei stando con Putin, ha giocato bene le sue carte illiberali.   

Sono due fatti molto diversi, tutti e due di drammatico rilievo. Danno il senso dell’assedio in cui Mosca deve percepire se stessa, ma forse ci dicono anche che Orban oggi è più importante di quanto si pensi. E’ un’osservazione che nulla toglie alla profondità della notte, notte siberiana, che oscura il cielo di Mosca.  

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