Yulia Tymoshenko, simbolo (controverso) della rivoluzione arancione, ossia del movimento che – con tutte le contraddizioni – ha ricoperto molti ruoli nella sua vita. Nata nel 1960, è stata prima una donna d’affari, tra le più ricche in Ucraina e tra le più potenti al mondo secondo Forbes. Poi è scesa in politica, è diventata uno dei volti della Rivoluzione arancione e infine prima donna ad essere nominata premier. Soprannominata “principessa del gas”, è stata indagata più volte e condannata dopo quello che alcuni hanno definito un “processo politicamente motivato”.
Yulia si è candidata anche all’ultimo turno delle presidenziali nel 2019, poi vinto da Volodymyr Zelensky. Oggi è la leader dell’Unione Pan-Ucraina Patria e guarda con preoccupazione a quanto sta accadendo nel suo Paese. “Questo è un genocidio del popolo ucraino e non è un attacco solo all’Ucraina ma a tutto il mondo libero. La Russia non ci considera come Stato”
Tymoshenko ha detto che nessun Paese accetterebbe le condizioni imposte dalla Russia e che dopo l’incontro tra il ministro degli Esteri ucraino e il suo omologo russo, si è capito che “la Russia non si basa su leggi umane, vale solo la forza”. Per questo motivo, sostiene l’ex premier, si può rispondere solo con la forza, ma non può farlo l’Ucraina da sola.
“Questa è una battaglia tra il mondo della democrazia e gli aggressori e non abbiamo dubbi che se tutto il mondo si unirà, allora vinceremo noi. Bombardare un ospedale pediatrico è una crudeltà a cui deve reagire tutto il mondo”.