Ucraina, qualcuno chiede: "Pacifisti dove siete?" I pacifisti sono in marcia, direzione Kiev
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Ucraina, qualcuno chiede: "Pacifisti dove siete?" I pacifisti sono in marcia, direzione Kiev

Anche la Rete Italiana Pace e Disarmo è tra le organizzazioni che promuovono "Stop the war: facciamo la pace", l'azione di pace nonviolenta che vedrà la presenza in Ucraina fra pochi giorni di rappresentanti della socie

Ucraina, qualcuno chiede: "Pacifisti dove siete?" I pacifisti sono in marcia, direzione Kiev
La manifestazione contro l'invasione russa dell'Ucraina
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

30 Marzo 2022 - 17.39


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Strateghi della domenica. Professori in divisa che alzate l’indice accusatorio contro “quei pacifisti amici di Putin”. Direttori di giornali mainstream dispensatori di un pensiero unico militarizzato. Voi che ripetete come un mantra insopportabile e saccente: “Pacifisti, dove siete?”.  I pacifisti sono in marcia. Direzione Kiev.

La risposta ai signori della guerra

Anche la Rete Italiana Pace e Disarmo  – annuncia Ripd in un comunicato – è tra le organizzazioni che promuovono “Stop the war: facciamo la pace”, l’azione di pace nonviolenta che vedrà la presenza in Ucraina fra pochi giorni di rappresentanti della società civile italiana. Al momento sono già confermati nella Carovana almeno 60 mezzi di trasporto e la presenza di circa 200 persone, con almeno 20 tonnellate di materiali che verranno donati agli ucraini fra generi alimentari e medicinali (di cui molta parte acquistata per un valore di oltre 500.000 euro). La capacità di ospitalità per il rientro è di circa 300 posti che verranno messi a disposizione di persone fragili e bambini come via di fuga dalla guerra che infuria. La Carovana è stata coordinata dall’Associazione Papa Giovanni XXIII (parte di Ripd) e promossa anche da altre aderenti alla Rete che si sono impegnate fattivamente per la buona riuscita dell’iniziativa di Pace, sia con presenza di persone che con sostegno finanziario ed organizzativo.

Tra di esse: Cgil, Beati i costruttori di Pace, Pax Christi, Associazione Onn Italiane, Movimento Nonviolento, Focsiv, Un PontePer, Arci, Limera, Mir, Centro Studi Sereno Regis, Emmaus, Gruppo AbeleLe immagini delle vittime, dei bambini terrorizzati o degli anziani spaesati che ci giungono dall’Ucraina e da tutte le altre zone di guerra spesso dimenticate, dilaniano le nostre coscienze. La guerra è una follia, è il cancro della convivenza tra le nazioni e la negazione dell’umanità.

Nel chiedere che si proclami immediatamente il cessate il fuoco, che si dia spazio alla diplomazia internazionale e alle Nazioni Unite per la risoluzione della controversia e che si consenta subito alle organizzazioni umanitarie internazionali di intervenire, ognuno di noi può fare qualcosa di più e di concreto per fermare questo scempio.

Non c’è più tempo! Da sempre siamo accanto agli ultimi, al fianco delle vittime con azioni umanitarie e iniziative di solidarietà internazionale. Vengono momenti in cui però “la pace attende i suoi artefici” e noi non possiamo disattenderla.

Non vogliamo restare spettatori e sentiamo l’obbligo di esporci in prima persona.

Con i rappresentanti della società civile nonviolenta e pacifista e di altre realtà impegnate nella costruzione della pace, entreremo in territorio ucraino per testimoniare con la nostra presenza sul campo la volontà di pace e per permettere a persone con fragilità, madri sole e soprattutto bambini, di lasciare il loro Paese in guerra e raggiungere l’Italia.

Invitiamo pertanto tutte le organizzazioni impegnate per la costruzione della pace e per la solidarietà internazionale a dare la propria adesione, a prendere parte alla delegazione e a promuovere una serie di azioni di mobilitazione”. Così la nota di Ripd. Che Globalist fa sua e rilancia.

Neutralità attiva, diritto internazionale, nuove alleanze le proposte della società civile italiana. Il Movimento c’è 

Già lo aveva detto Aldo Capitini: una marcia non è “fine a se stessa”, ma tra i requisiti fondamentali vi è quello di dover proporre obiettivi politici specifici e chiari, “onde che vanno lontano”, che impegnino responsabilmente ciascuno dei marciatori. Per questo il movimento per la Pace e il Disarmo si è dato degli obiettivi, lavora e si impegna per il loro raggiungimento.

Ribadiamo quindi che mobilitarsi e manifestare per la pace è fondamentale ed utile farlo con proposte precise e che sia anche occasione di riflessione sulle cause profonde che determinano le guerre e le violazioni dei diritti umani. 

La crisi in corso ai confini orientali dell’Unione Europea, ma sempre dentro l’ambito geografico, sociale e culturale dell’Europa, va vista ed affrontata partendo da una attenta analisi dei rischi e degli interessi in gioco, con il pieno coinvolgimento  delle popolazioni affinché possano decidere in libertà il loro futuro.

Unione europea e Nazioni Unite

Parte della nostra debolezza è anche l’ancoraggio ad una visione di relazioni internazionali basata sui blocchi contrapposti, residuo del secolo scorso, oggi superata da un’idea velleitaria di multipolarismo tra grandi potenze che si contrappone al bistrattato – ma di ben altra natura e portata – multilateralismo delle Nazioni Unite.

Il Patto di Varsavia non esiste più. Il muro di Berlino è stato abbattuto nel 1989.  Esiste l’Unione Europea, esiste il Consiglio d’Europa, esiste l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa.

Esistono soprattutto le Nazioni Unite, collegate ad un sistema di diritto internazionale, troppo spesso violato da chi oggi lo invoca. Ma nonostante ciò siamo ancora imprigionati dentro una logica di schieramenti contrapposti, obbligati ad avere un nemico per ricercare  una supremazia mondiale che alimenta la corsa agli armamenti ed è essa stessa fattore di instabilità. Come fossimo obbligati a camminare in avanti con la testa girata all’indietro.

Non può essere così. Non deve essere così.

Sicurezza e diritti

Per i paesi dell’Unione Europea a rischio è la costruzione di uno spazio di sicurezza e di stabilità regionale che si sta attendendo dalla caduta del muro di Berlino, ed è la fornitura di gas dalla Russia che pesa per un 25% del fabbisogno dell’Unione (ma del 40% per l’Italia). Ma gli Stati membri e la stessa Unione si presentano a questo appuntamento impreparati, divisi, senza una visione di futuro e perciò vulnerabili. Paghiamo l’assenza di una posizione comune a difesa dei nostri interessi strategici, l’arretratezza del nostro modello industriale, il ritardo della transizione ecologica,  la mancata cessione di parte della sovranità nazionale all’Unione e, conseguentemente, la debolezza della nostra voce in politica estera, dove siamo considerati buoni pagatori ma scarsi giocatori, a est come a sud dei confini comunitari. La difesa dei nostri interessi (e il nostro primo interesse è la pace) e della nostra sicurezza (e la nostra sicurezza discende dalla sicurezza altrui), in quanto europei con una visione universale dei diritti, non può essere delegata alla dimensione militare portata avanti dalla NATO, ma dovrebbe essere affidata alle istituzionisovranazionali civili che abbiamocreato, con tanta difficoltà, dal 1945 ad oggi, anche mettendo mano alla applicazione dell’art. 43 dello Statuto delle Nazioni Unite che, con l’applicazione del diritto internazionale, devono tornare ad essere il luogo e lo strumento di risoluzione dei conflitti tra Stati, tra gruppi di potere, tra interessi contrapposti.

Una nuova alleanza

Questa ennesima crisi sfociata in una nuova guerra, dopo la Jugoslavia, l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, la Siria non ci segnala forse con forza che è giunto il momento di sciogliere le alleanze militarie ripensare la mission dell’Alleanza Atlantica trasformandola in un’alleanza di cooperazione tra l’Europa e le Americhe per lo sviluppo sostenibile e per la pace nel mondo?

Paradossalmente sarebbe più coerente con i nostri principi e valori, più utile per affrontare le sfide che abbiamo di fronte: il cambiamento climatico, la transizione ecologica, le diseguaglianze economiche e sociali, l’Agenda 2030, le migrazioni forzate.Perché non investire in cooperazione, in ricerca ed investimenti civili, parte di quei 1.100 miliardi di dollari di spesa militare che annualmente i paesi della NATO destinano alla difesa armata e a nuovi sistemi di arma?

La Russia considera una minaccia alla propria sicurezza nazionale l’allargamento a est della NATO. Non a caso, come emerso dai documenti de-secretati dal Regno Unito, nel 1991 durante i colloqui per la dissoluzione dell’URSS fu preso l’impegno da parte del campo occidentale di non ampliare l’Alleanza atlantica ad est. Cosa invece avvenuta, con l’adesione di Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Bulgaria, repubbliche Baltiche e con il progetto di annettere anche Georgia ed Ucraina. Lasciando invece, come zona cuscinetto, il solo caso della Finlandia.

Cooperazione e solidarietà

Come è possibile la costruzione di una Europa con “sicurezza condivisa” tra e per tutti gli Stati ed i popoli, come auspicava lo svedese Olof Palme, se si continua con questa politica di contrapposizione militare che, vista dall’altra parte, è sinonimo di accerchiamento, di minaccia alla propria sicurezza?

Se l’Europa non riuscirà a rompere questo paradigma bloccato nella visione bipolare del mondo, dove il nemico e la minaccia è costituita da un altro Stato, da un’altra società con cui si disputa l’egemonia ed il dominio del pianeta, continueremo tutti quanti a scivolare inesorabilmente nel declino e nell’autodistruzione, ripetendo il giro di valzer del Titanic.

La strada è tracciata ed è quella della cooperazione, degli investimenti, dei contratti e del commercio equo, della mobilità, degli scambi, della solidarietà, del disarmo climatico, della neutralità attiva per costruire un’Europa di benessere, di sicurezza, di cooperazione, nel rispetto delle diversità. Solo così si potrà vivere in pace. 

È tempo di prendere atto che la pace e la sicurezza condivisa va costruita con politiche economiche, sociali, ambientali improntate sulla cooperazione tra Stati e con una visione universale (dirittiuniversali) e di lungo periodo (consegnare il pianeta in condizioni migliori di come lo abbiamo ricevuto).Occorre decidere cosa produrre e come produrre. Occorre saper dire dei No e dei Sì in modo coerente con principi e valori universali. Occorre fermare la spirale che porta alle tensioni, alle provocazioni ed alle guerre. Bisogna partire da una riduzione della spesa militare, con conseguente spostamento di risorse, per garantire una vera sicurezza per tutti e quindi “preparare la pace con la pace”. Ed è inoltre importante che si decida strategicamente di investire sull’autosufficienza e sostenibilità energetica fondate su sviluppo delle rinnovabili, con promozione di politiche di efficienza e innovazione industriale per rompere il perverso legame fra dipendenza da fonti fossili dall’estero e rapporti di forza nelle relazioni internazionali.

Neutralità  attiva

Per tutto ciò dire “No alla guerra” è necessario ma non sufficiente: occorre prendere posizioneI partiti e le istituzioni se si dichiarano per la pace e contro la guerra devono agire di conseguenza, con coraggio e determinazione aprendo un dibattito sul ruolo e sulla mission dell’Alleanza Atlantica, con una riforma e trasformazione profonda della Nato e sulla necessità di assumere una posizione di neutralità attiva ancorata al diritto internazionale ed alle Nazioni Unite, e dunque impegnandosi ora e subito: Per una reale de-escalation del conflitto; per sostenere la neutralità dell’Ucraina come parte del processo di distensione regionale; per coinvolgere la società civile e la popolazione di tutte le regioni coinvolte nelle decisioni sulle possibili vie di uscita da questa crisi: l’elaborazione di un percorso di pace non può essere affidata alle sole diplomazie governative, ma deve prendere in considerazione l’apporto delle comunità locali; per attivare un programma di cooperazione e di sostegno alla popolazione ucraina al fine di affermare il pieno diritto di autodeterminazione e di integrazione nello spazio (civile) europeo; per attivare un dialogo diretto tra le istituzioni europee, a partire dal Consiglio d’Europa, all’Unione Europea e la Federazione Russa, in una logica di sicurezza condivisa, di cooperazione e di promozione dei diritti umani e della democrazia; per sostenere la convivenza pacifica tra le diverse comunità e popolazioni contrastando nazionalismi, populismi e derive xenofobe che sfociano in nuove forme di fascismo e di autoritarismo: per ribadire l’inviolabilità dei confini riconosciuti internazionalmente e l’illegalità di ogni tipo di annessione e di occupazione militare e civile di territori oggetto di contenzioso giuridico…Per noi la priorità è costruire un’Europa smilitarizzata dall’Atlantico agli Urali, di pace, di sicurezza per tutti, di libertà e di democrazia. Un’Europa allargata ed aperta al mondo, dove l’Alleanza Atlantica sia una collocazione culturale, di emancipazione collettiva, di condivisione di un progetto globale di pace. 

Tutto questo significa dire “Sì alla pace” e “No alla guerra”. E dirlo a Kiev. Non in un tranquillo, e remunerato, salotto televisivo.

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