Terzo giorno di protesta e Mosca invia le truppe in Kazakistan: spari contro la folla
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Terzo giorno di protesta e Mosca invia le truppe in Kazakistan: spari contro la folla

Il bilancio provvisiorio è di 95 poliziotti feriti e 200 arresti. Il presidente Tokayev ha rimosso Nazarbayev dal Consiglio di sicurezza e dichiarato lo stato di emergenza.

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6 Gennaio 2022 - 09.47


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Questo è il terzo giorno di protesta nel Paese sconvolto da rivolte popolari per l’aumento del prezzo del Gpl. 

Mezzi militari con a bordo decine di truppe sono arrivati nella piazza principale di Almaty, la maggiore città del Kazakistan. Lo riferisce Reuters. I soldati stanno fronteggiando le centinaia di dimostranti e sono stati uditi spari. Le prime testimonianze arrivano anche sui social, specialmente su Twitter.

Decine di rivoltosi che hanno preso parte ai disordini ad Almaty sono stati “eliminati” e la loro identità eè in corso di identificazione. Lo riferisce un rappresentante del dipartimento di polizia della citta’ kazaka, Saltanat Azirbek

Intano, i servizi internet risultano ancora bloccati o ristretti in tutto il Kazakistan, dove le forze di sicurezza stanno sedando le proteste scaturite dal caro carburante. A sostenerlo è la società di monitoraggio britannica NetBlocks.

Le forze di pace del CSTO, l’Organizzazione del trattato per la sicurezza collettiva, composta da sei ex repubbliche sovietiche e guidata da Mosca, sono state inviate in Kazakistan su richiesta del presidente Kassym-Jomart Tokayev. Lo ha annunciato il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, presidente di turno dell’Organizzazione.

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La decisione, ha spiegato, è stata presa dal Consiglio di sicurezza collettiva della CSTO. Le forze di pace resteranno in Kazakistan “per un periodo limitato di tempo, con l’obiettivo di contribuire a stabilizzare e normalizzare la situazione nel Paese”.

Tokayev ha defenestrato il ‘padre della nazione’, Nursultan Nazarbayev, dalla guida del Consiglio di Sicurezza; dopo aver governato con il pugno di ferro per trentanni il Paese, Nazarbayev, alleato chiave del presidente russo Vladimir Putin, si era dimesso nel 2019 ma ancora manteneva saldamente il controllo sul Paese; ora che il suo ‘delfino’ lo ha allontanato, se ne ignora la sorte.

Il presidente kazako aveva in precedenza decretato lo stato di emergenza e il coprifuoco di due settimane nella regione occidentale del Mangistau, ad Almaty, la città più grande del Paese, e nella capitale, Nur-Sultan; limitati gli assembramenti e limitata la circolazione. Parlando in russo alla nazione, Tokayev ha poi promesso riforme e rivolto un appello “a mostrare prudenza e a non soccombere alle provocazioni interne ed esterne”. Ma per ora non è bastato.

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La banca centrale kazaka ha sospeso le operazioni delle banche e della borsa valori del Paese allo scopo di proteggere “la salute e la vita del personale del settore finanziario” mentre sono in corso le “operazioni antiterrorismo” per fermare i disordini nel Paese. Lo riferice il portavoce Olzhas Ramazanov. Lo stop è per ora previsto solo per la giornata di oggi.

Intanto, sulla questione kazaka, è intervenuta anche Washington. “Le accuse secondo cui gli Stati Uniti sono dietro i disordini in corso in Kazakistan sono false”, ha spiegato la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki. “Ci sono folli affermazioni russe secondo cui siamo dietro a tutto questo. Vorrei cogliere l’occasione per dire che non è vero. Questa è chiaramente una delle tecniche di disinformazione utilizzate dalla Russia”, ha aggiunto.

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