Ong palestinesi criminalizzate in Israele e infangate in Itala: una storia di 'disinformatia'
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Ong palestinesi criminalizzate in Israele e infangate in Itala: una storia di 'disinformatia'

Negli ultimi giorni sono trapelate informazioni del tutto infondate circa le Ong palestinesi audite dal Comitato Diritti Umani alla Camera

Ong palestinesi criminalizzate in Israele e infangate in Itala: una storia di 'disinformatia'
Palestina
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

23 Dicembre 2021 - 17.20


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Criminalizzate da Israele. Diffamate in Italia da una stampa mainstream sempre pronta ad accorrere in soccorso del più forte. A dar conto dell’ultimo episodio di disinformazia, in ordine di tempo, è un comunicato congiunto promosso da: Amnesty International; Aoi (Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale; Human Rights Watch; Piattaforma delle Ong italiane in Medio Oriente e nel Mediterraneo. Rete Italiana Pace e Disarmo.  

“Negli ultimi giorni  – recita il comunicato – abbiamo letto informazioni del tutto infondate circa le Ong palestinesi audite dal Comitato Diritti Umani alla Camera riprese dal comunicato emesso dall’Ambasciata israeliana in Italia come reazione a tale iniziativa.

Le accuse di “terrorismo” non sono circostanziate da prove sufficienti da parte israeliana, nonostante le ripetute critiche mosse da molti governi stranieri e la richiesta di ulteriori evidenze come pure richiesto da varie associazioni ed esponenti della società civile israeliana. E non potrebbe essere altrimenti, vista la mancanza di condanne contro i soggetti in questione, che al contrario godono di ottima reputazione a livello internazionale.

Un esempio dell’infondatezza delle informazioni riportate è che Shawan Jabarin non è mai stato condannato, anzi è stato il primo prigioniero di coscienza di Amnesty International ai tempi dei fatti a lui attribuiti, e Jimmy Carter in persona si è speso per la sua liberazione. Inoltre, Jabarin e l’organizzazione di cui è direttore, Al-Haq, sono stati insigniti di prestigiosi premi internazionali quali il Gwynne Skinner Human Rights Award 2020, lo Human Rights and Business Award 2019, lo Human Rights Prize of the French Republic 2018.

Chi sono e cosa fanno le 6 ong accusate di essere organizzazioni terroristiche

Al-Haq e Addameer rispettivamente da 40 e 30 anni documentano le violazioni dei diritti umani commesse sia da forze israeliane che palestinesi al fine di proteggere e promuovere diritti umani e lo stato di diritto nei territori palestinesi occupati e hanno condannato, per esempio, i recenti eventi in cui le autorità palestinesi hanno represso le proteste popolari nel territorio occupato e in passato hanno chiesto che l’Unione Europea sospendesse i finanziamenti alle autorità palestinesi in ragione dei trattamenti inumani e degradanti subiti da detenuti nelle carceri palestinesi. Nei loro rapporti alle Nazioni Unite, le organizzazioni in questione hanno inequivocabilmente condannato le violazioni dei diritti umani commesse da tutte le parti in conflitto contro i civili di qualsiasi nazionalità durante le operazioni militari nella Striscia di Gaza.

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Sostenere l’affiliazione di queste due, e di altre quattro Ong palestinesi, con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina è una mossa faziosa e volta a screditare non solo le organizzazioni in questione, ma anche tutte le altre organizzazioni con le quali esse collaborano, tra cui l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, l’Unione Europea, gli organi delle Nazioni Unite, e la Corte Penale Internazionale.

Le sei organizzazioni (Addameer, Al-Haq, Defense for Children International-Palestine, UAWC, UPWC, Bisan) sono impegnate da decenni nella promozione dei diritti umani e nel monitoraggio e documentazione delle violazioni commesse sia da parte israeliana che palestinese; alcune di loro stanno collaborando con la Corte Penale Internazionale sul “caso Palestina”, e la loro reputazione è comprovata da numerosi riconoscimenti internazionali, incluso l’accesso diretto che è garantito ad alcune di loro agli organi delle Nazioni Unite in virtù dello stato consultivo speciale di cui godono presso l’ECOSOC.

Il governo italiano pochi giorni fa aveva già e ritenuto insufficienti le informazioni fornite da Israele

Il 30 novembre scorso, in risposta ad una interrogazione, la Vice Ministra Marina Sereni ha affermato che “sulla base di un approccio condivisocon tutti i principali paesi dell’Unione Europea, il nostro governo nel quadro di unimpegno convinto per assicurare sostegno alla società civilee a tutela dei diritti umani, intende portare avanti un’azione di sensibilizzazionenei confronti delle autorità israelianeaffinché vengano fornite prove più circostanziate a sostegno delle gravi accuse mosse alle organizzazioni,poiché le informazioni fornite finora da parte israeliana non appaiono sufficienti”.

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Il nostro impegno per chi si batte per il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale

Pertanto, noi riaffermiamo il nostro sostegno al fianco delle 6 Ong palestinesi e chiediamo venga riconosciuto e rispettato il diritto e la libertà di espressione, di organizzazione e di protesta pacifica e nonviolenta. Come pure esprimiamo la nostrasolidarietà all’On. Laura Boldrini, da sempre impegnata a favore dei diritti umani, capace di leggere la complessità della questione israelo-palestinese, di analizzare questioni di diritto internazionale e gli obblighi derivanti per gli Stati terzi in caso di sua violazione. Anche quando può ricadere verso dei Paesi “alleati” e può dar fastidio”.

Anni di attacchi

“Israele –   sottolinea Yumna Patel in un report per Mondoweiss – ha una lunga storia nel prendere di mira le organizzazioni della società civile palestinese ritenendole organizzazioni “terroristiche”. Nel 2019, Al-Haq è stato uno dei numerosi gruppi presi di mira in una campagna diffamatoria dall’allora ministro israeliano per gli affari strategici Gilad Erdan, che accusava i gruppi di ‘terrorismo’. 

L’anno prima, Erdan aveva invitato l’Unione Europea e gli Stati europei a interrompere il loro sostegno finanziario e i finanziamenti ad Al-Haq e a una serie di altre istituzioni per i diritti umani che “hanno legami con il terrorismo e promuovono il boicottaggio contro Israele.

Le organizzazioni firmatarie di questo comunicato invitano pertanto i giornalisti che hanno rilanciato le affermazioni dell’Ambasciata israeliana e lo staff dell’Ambasciata stessa a fornire pubblicamente prove concrete a sostegno delle tesi diffamatorie nei confronti delle Ong citate.”.

Questa la richiesta. Del tutto legittima. Ma dubitiamo fortemente che avrà una risposta positiva. 

La protesta

Di seguito la lettera che J-Link, la rete che unisce le organizzazioni progressiste dell’ebraismo europeo e mondiale, ha recentemente inviato a Gantz, di cui Globalist ha preso visione:

“Gentile Ministro Benny Gantz,

J-Link, una rete internazionale di organizzazione ebraiche progressiste, si rivolse a Lei in qualità di Presidente della Knesset nel maggio 2020 al fine di manifestare la ferma opposizione ai piani di annessione di parti della Cisgiordania. Tali piani sono stati annullati. Siamo orgogliosi di avere concorso per parte nostra a tale esito. 

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Analogamente, siamo ora sorpresi dal fatto che importanti organizzazioni della società civile palestinese siano dichiarate terroristiche, in assenza di un processo aperto ed equo. Ci affianchiamo alla protesta manifestata da molte Ong israeliane che condannano un tale atto in quanto ‘misura draconiana che criminalizza un importante lavoro nel campo dei diritti umani’. Una decisione del genere non distingue fra coloro che usano violenza contro lo stato e il popolo di Israele da un lato e quelle organizzazioni dall’altro che difendono i diritti umani nei territori palestinesi occupati.

Membri dello stesso governo israeliano hanno espresso sconcerto, apprensione e dubbi circa la legittimità e razionalità di una tale misura.

Il momento dell’annuncio coincide inoltre con l’aumento allarmante di violenze da parte dei coloni e dall’incapacità evidente dell’esercito israeliano di proteggere i civili palestinesi. La preoccupazione di J-Link è che tali azioni mettano in pericolo lo status internazionale di Israele e compromettano le prospettive di pace.

J-Link e le organizzazioni ebraiche progressiste che ne fanno parte Le chiedono di revocare tale decisione o di fornire una prova pubblica e credibile delle imputazioni

Il Comitato di coordinamento di J-Link

Kenneth Bob (Ameinu, USA); Giorgio Gomel (Jcall Europa, Italia); Barbara Landau (JSpaceCanada); Alon Liel (PWG, Israele); Pablo Lumerman (J-Amlat, Argentina); Gabriella Saven (JDI, Sud Africa)”.

Ma di questa presa di posizione la nostrana stampa mainstream si è guardata bene di darne notizia. Il servilismo è anche silenziare ciò che disturba a chi si serve. 

E poi c’è sempre pronta la “madre di tutte le scuse”: chi appoggia le Ong palestinesi è un antisionista, e dunque antisemita. E così il cerchio si chiude. Il cerchio della vergogna. 

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