Il vocabolario del fascista 2021. Altro che "nostalgismo"
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Il vocabolario del fascista 2021. Altro che "nostalgismo"

Quello che fa paura non è il nostalgismo ma il fascismo 2021.  Sulla base di questo motivato assunto, Globalist prosegue l’inchiesta su fascismi e fascisti del presente e, in particolare, in Europa.

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

2 Novembre 2021 - 16.15


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Quello che fa paura non è il nostalgismo ma il fascismo 2021. 

Sulla base di questo motivato assunto, Globalist prosegue l’inchiesta su fascismi e fascisti del presente e, in particolare, in Europa.

Fascisti in rete

E lo fa con due importanti contributi. Il primo è un report di Yair Assulin per Haaretz

“Cos’è il nuovo fascismo? Come ogni fenomeno sociale, il fascismo si diffonde e prende una certa forma – rimarca l’autore- . Ciò che viene abitualmente attribuito a parti dell’estrema destra diventa una caratteristica di quegli odiatori liberali del vecchio fascismo che si aggrappano con cieca soggezione alla nozione di Stato-nazione, e in suo nome cercano di “tenere a freno” e sostanzialmente sventrare la grande rivoluzione esistenziale in cui stiamo vivendo.

Lo scrittore e filosofo Umberto Eco ha delineato le caratteristiche comuni del fascismo. Possono servire come utile prisma per osservare la realtà attuale:

Il culto della tradizione: lo stato-nazione come unico veicolo per affrontare le sfide del mondo. Lo stato come fonte di autorità e moralità, come Dio. Il culto della tradizione è il culto dello Stato.

Il rifiuto del modernismo: il rifiuto della grande importanza della rivoluzione tecnologica per la sopravvivenza e la coscienza di oggi. Per i nuovi fascisti, il progresso tecnologico, come l’atteggiamento verso il modernismo nel secolo precedente, diventa la radice dei mali della società.

Il culto dell’azione per l’azione: la brama di una regolamentazione aggressiva, “magica”, subito, senza pensare alle implicazioni sociali ed esistenziali, senza capire il significato concettuale della rivoluzione e senza vedere il pendio scivoloso che porta al totalitarismo. l disaccordo è un tradimento: Basta provare a scrivere qualcosa contro la brama di regolamentazione e l’evirazione della rivoluzione tecnologica e vedere le reazioni.

Paura della differenza: C’è una correlazione quasi completa tra i desideri di regolamentazione e di “controllo” della rivoluzione tecnologica, e coloro che sono respinti dal discorso – per lo più genuino e onesto – sulle identità e le differenze che esso fa emergere e mette a fuoco più chiaramente (mentre sono certi di essere stati evocati dal nulla). Solo loro sono “il popolo”.

Appello alla frustrazione sociale: Il nuovo fascismo si rivolge alla classe sociale più frustrata oggi – quelli il cui potere e status, che si nutrono del vecchio ordine, si sta sgretolando. Questo dice che la colpa è della tecnologia. E che la soluzione è la regolamentazione. Tenete presente, soprattutto, che questa è una lotta per il potere. L’ossessione di un complotto: La demonizzazione dei giganti tecnologici oggi è identica alla demonizzazione cospiratoria dei comunisti all’inizio del XX secolo – stanno corrompendo i giovani, minando le fondamenta della società, progettando di conquistare il mondo (solo una lista parziale). Il nemico è sia forte che debole: Da un lato, i giganti della tecnologia minacciano il mondo intero; dall’altro, potrebbero essere facilmente sottoposti a regolamentazione e tutto sarebbe risolto. L’eterna lotta: “Facebook è solo l’antipasto”, e questo è l’inizio di una lotta senza fine contro la rivoluzione che sta cambiando e sconvolgendo i modi del mondo. I prossimi in linea: le criptovalute, l’economia creatrice, le banche, le assicurazioni, il trading diretto sul mercato dei capitali, il mondo accademico, e così via.

Disprezzo per i deboli: Il modo in cui la rivoluzione tecnologica dà potere ai deboli in quasi tutti i campi, e la voce che dà alle rivoluzioni sociali, non sono di reale interesse per i nuovi fascisti quando lanciano appelli per “smantellare Facebook” e “frenare” l’intera rivoluzione. Perché loro sanno cosa è meglio per “il popolo”.

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Populismo selettivo: trattare il sistema politico corrotto come il rappresentante ultimo dell’interesse pubblico. Come se la fiducia del pubblico nel sistema non fosse già al minimo, e come se “lo stato” non fosse in un profondo conflitto di interessi nei confronti della rivoluzione che ne sta minando le fondamenta (dando potere al pubblico).

NewSpeak: L’uso pieno di pathos di termini come democrazia, privacy, capitalismo, ecc. senza chiedersi quale sia il loro significato e la loro realizzazione oggi – nello specchio della rivoluzione tecnologica e del mondo che cambia drammaticamente – impedisce un pensiero complesso, critico e rivoluzionario.

Non ho deliberatamente discusso l’approccio di Eco all’eroismo e alla violenza. Per ora è meglio prestare attenzione alle radici del fenomeno del ribollire. Con tutti i suoi problemi, Facebook è, al massimo, un innesco. Il vecchio ordine che lotta per la sua vita è una caratteristica fondamentale nei periodi di “come” e non è diverso dalla lotta della chiesa o della nobiltà di fronte alla loro disintegrazione. È fondamentale riconoscere questo. Questa è la radice della lotta per la nostra libertà, di cui si è scritto più volte qui, e da cui deriva quasi ogni grande questione sociale oggi. Vedi: la crisi climatica”.

Questo è il vocabolario del fascista 2021. 

Viaggio nell’Europa di destra e oltre
Il nostro secondo compagno di viaggio nei fascismi e fascisti d’Europa è Ilaria Myr, che su Bet Magazine, il sito ufficiale della comunità ebraica milanese, firma un report di grande interesse e meticolosità documentale.

“Un po’ di numeri – esordisce l’autrice – In Germania, l’Alternative für Deutschland (Afd) alle ultime elezioni europee ha ottenuto il 10,5%; in Francia, il Rassemblement National di Marine Le Pen il 23,3% e nel Regno Unito, con il Brexit Party (che ha trionfato alle elezioni europee), lo Ukip si è spostato su posizioni di destra border line con l’estremismo. Tra destra e radicalità, le distanze si accorciano. In Spagna, Vox ha raggiunto il 10,3% dei voti nazionali, e in Polonia ha appena vinto la destra sovranista di Kaczynski. In Olanda ci sono il Partito per la libertà di Geert Wilders e il Forum per la democrazia dell’euroscettico, populista e nazionalista Thierry Baudet, mentre in Belgio al nazionalista fiammingo Vlaams Belang è andato il 12% dei voti alle elezioni nazionali ed europee. E ancora: in Austria, il Partito austriaco della libertà (Fpö), seppure indebolito dallo scandalo che ha coinvolto il suo leader Strache, ha ottenuto alle europee più del 17% dei voti, mentre l’ungherese Fidesz di Viktor Orban è stato espulso dal Partito Popolare Europeo per l’approvazione di leggi sempre più illiberali e antidemocratiche. E poi ci sono la Repubblica Ceca, con Libertà e democrazia diretta (9% alle europee); la Slovacchia, con il partito neo-nazista Kotleba (12%) e la Slovenia, con il Partito nazionalista sloveno (4%). Passando al nord Europa, con numeri di un certo peso (tra il 10 e il 15 per cento), abbiamo in Svezia i Democratici svedesi, in Finlandia il Partito dei finlandesi, in Danimarca il Partito del popolo danese e in Estonia il Partito popolare conservatore, entrato al governo con il 18% dei voti. Per la Grecia si deve menzionare il partito Alba Dorata che, pur in netto calo nell’ultimo anno, nel 2015 era il terzo del Paese. Pesa sul suo tramonto il processo in corso contro il gruppo dirigente per alcuni presunti omicidi, il ferimento di diverse persone, ripetuti attacchi contro immigrati, omosessuali e attivisti di sinistra. Infine, la nostra Italia, dove il blocco sovranista Lega-Fratelli d’Italia ha conquistato, alle ultime europee, ben il 40% dei voti.

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Un continente, tante destre
È uno scenario dunque complesso e composito quello della destra radicale in Europa: ci sono partiti che hanno una matrice dichiaratamente neofascista – il nostrano Fratelli d’Italia, i Democratici svedesi di Jimmie Åkesson, il Rassemblement National (ex Front National) di Marine Le Pen in Francia, o il Vlaams Belang in Belgio; e poi altri, come la Lega di Salvini o Vox in Spagna che, pur non avendo quel background, sono partiti da posizioni identitarie e non liberiste che, col tempo, sono diventate radicali.
«Non esiste una destra radicale complessiva, ma un contesto frastagliato e vario, complicato anche dalle alleanze politiche a livello europeo – spiega a Bet Magazine lo storico ed esperto di destre europee Elia Rosati -. In questo quadro è possibile individuare diversi livelli, che creano di fatto una convergenza fra partiti identitari, xenofobi, nazionalisti, fino ad arrivare a quelli dichiaratamente neofascisti». Il primo livello è costituito dai partiti storici di estrema destra (i quali spesso fungono da catalizzatore alle nuove formazioni giovanili): oltre al Ressemblement National, il Vlaams Belang e i Democratici Svedesi, c’è l’Fpö in Austria, Fratelli d’Italia e Lega. Vi sono poi le formazioni e i movimenti di estrema destra, come CasaPound in Italia o Alba Dorata in Grecia, che fanno da satelliti ai grandi partiti. Infine, il più preoccupante è il sottobosco carsico ma violentissimo di bande, lupi solitari, forum internet e circoli ristretti, da cui provengono personaggi come Anders Breivik e Stephan Balliet. Quasi sempre questi soggetti hanno contatti, anche se sporadici, con i gruppi giovanili.

«L’errore più grande è pensare che le grandi realtà attive in politica possano rendere democratiche le frange più estreme – continua Rosati -. È invece vero il contrario: i grandi partiti fungono da “ombrello” per le altre realtà più piccole e su di loro riflettono la loro luce, rafforzandone l’identità». A monte, la posizione geografica e la storia di ogni Paese influiscono profondamente sullo sviluppo di queste forze. In Europa ecco si possono individuare tre macro-aree. «La prima è quella settentrionale – Danimarca, Svezia, Germania, Olanda e Finlandia -, dove prospera una destra “in doppiopetto” – continua lo storico -: tutti Paesi molto aperti sul fronte dei diritti civili per tutti (lo stesso leader olandese è omosessuale dichiarato), ma estremisti nei confronti degli stranieri e degli immigrati». Diversa è la situazione nei Paesi dell’ex Patto di Varsavia, come Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Estonia, dove l’esperienza democratica è iniziata più tardi che negli Stati occidentali. In quest’area rientra anche la ex Germania dell’Est, dove esiste un estremismo fortemente violento, nazionalista e antisemita. «A causa di una situazione economica instabile e di una povertà ancora presente, in questi Paesi l’antisemitismo e l’odio contro lo straniero sono puri e violenti. Forte è anche la difesa della famiglia tradizionale e quindi l’ostilità nei confronti degli omosessuali». Infine c’è l’Europa del centro-sud, in cui rientrano Francia, Belgio, Spagna, Grecia e Italia: qui, come abbiamo visto, reggono i grandi partiti, affiancati da gruppi molto dinamici. Caratterizza la destra estrema di questa zona il forte legame con il cattolicesimo.

Ma allora, che cosa accomuna le forme della destra in tutti questi diversi Paesi? «Innanzitutto, l’avversione e la lotta contro l’immigrazione – spiega Rosati -. C’è poi la difesa della famiglia, anche se intesa in modo differente: se in Polonia essa è solo eterosessuale e tradizionale, in Olanda e in Scandinavia viene posto un maggiore accento sul discorso del Welfare famigliare. Ma soprattutto c’è la difesa della nazione: il “nostro popolo” prima di tutto e tutti», conclude Myr.

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Annota, infine, Domenico Gallo: “Dall’Europa giungono segnali inquietanti. Si costruiscono muri, dapprima in Ungheria, poi in Grecia, adesso in Polonia e Lituania (alla frontiera con la Bielorussia). Si smantellano le garanzie dello Stato di diritto sottoponendo la giurisdizione al controllo del sovrano politico, e limitando di fatto la libertà di espressione, come avviene in Polonia e Ungheria. Si contesta la supremazia del diritto internazionale e delle Carte dei diritti dell’uomo. Un’ondata di sovranismo dilaga negli altri Paesi europei che ancora resistono, cavalcato da partiti neo fascisti come Vox in Spagna, il Fronte nazionale di Le Pen in Francia, AFD in Germania, movimenti gemellati nel nostro Paese con la Lega e Fratelli d’Italia.

È in questo contesto che vanno inquadrati i movimenti di protesta No vax e No green pass che stanno agitando l’Italia. Nel 1919 il nascente movimento fascista intercettò lo sgomento e il malessere sociale provocato dalle sofferenze inaudite di una guerra che aveva causato 700.000 morti e oltre 1.500.000 feriti o mutilati, agitando il mito della “vittoria mutilata”. Da una sofferenza reale che aveva colpito in profondità il popolo italiano si fece nascere uno spirito di rivalsa contro responsabili immaginari, realizzando una sorta di elaborazione paranoica del lutto. In realtà la vittoria non fu mutilata da nessuno per la semplice ragione che non ci fu nessuna vittoria ma soltanto un’immane carneficina che costituì una sconfitta per tutti i popoli europei…

Oggi dobbiamo fare i conti con lo sgomento e il malessere sociale provocati dalla pandemia, che hanno causato un fardello di lutti, hanno accresciuto la povertà, le disuguaglianze, la disoccupazione, la disperazione sociale. Anche in questo caso è partito il treno dell’elaborazione paranoica del lutto. Le parole d’ordine e gli slogan utilizzati durante le manifestazioni che si ripetono ogni sabato esprimono una fuga dalla realtà che si realizza nella sostanziale negazione della pandemia e dei suoi effetti nefasti, compresa la negazione del gravissimo fardello di vittime (oltre 130.000), che nell’immaginario collettivo dei manifestanti si dissolvono come fossero irreali. È significativo che coloro che evocano parole come “libertà” e “dittatura sanitaria” per contrastare l’utilizzo di presidi sanitari, si siano autodefiniti “patrioti”, che agiscono in nome del popolo sovrano. Non è mancata neanche l’impudenza di paragonare le disposizioni sul green pass alle leggi razziali… Come nel 1919 il mito della “vittoria mutilata”, agitato spregiudicatamente, costituì un volano per l’avvento del fascismo, così in questo momento storico il mito della “dittatura sanitaria” può costituire un volano per l’avvento, non solo in Italia, di quelle forze politiche che vogliono smantellare le conquiste della democrazia e dello Stato di diritto. Non è un problema di ordine pubblico. La democrazia si difende con la democrazia, curando le cause che generano il malessere sociale (in primo luogo la crescita della disuguaglianza, della disoccupazione e della povertà) e coltivando la speranza di un mondo più giusto. E poi occorre vigilare perché quel grembo è sempre fecondo”.

(continua)

 

 

 

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