Muore il settimo migrante, vittima del braccio di ferro tra Bielorussia e Polonia
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Muore il settimo migrante, vittima del braccio di ferro tra Bielorussia e Polonia

Aveva 24 anni il profugo siriano ritrovato morto dalla polizia al confine polacco: muore di stenti e assideramento

Confine Polonia-Bielorussia
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14 Ottobre 2021 - 19.43


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Il confine polacco con la Bielorussia, come già annunciato dai vertici europei, sta diventando una terra di nessuno dove però i migranti continuano a morire.
Aveva 24 anni il profugo siriano ritrovato morto dalla polizia al confine polacco, la settima morte accertata da agosto, ossia da quando è iniziato un braccio di ferro politico sui migranti tra Varsavia e il governo della Bielorussia.
Lo hanno confermato i militari, riferendo che un elicottero della polizia di frontiera era di pattuglia nella zona frontaliera quando hanno individuato il corpo di un uomo disteso a terra senza vita.
In tasca, stando a quanto è stato riferito ai media locali, il giovane aveva dei documenti che confermano l’età, la nazionalità nonché il fatto che prima di raggiungere la Polonia aveva transitato in Bielorussia. Per questa ragione, il ministero degli Esteri polacco ha convocato il delegato d’affari dell’ambasciata bielorussia a Varsavia, Aleksandr Czasnouski, per avere spiegazioni in merito.
La polizia non ha fornito invece l’identità del ragazzo e ha fatto sapere che condurrà un’autopsia per individuare le cause della morte.
Ma secondo gli attivisti per i diritti dei migranti citati dagli stessi media, si tratterebbe di una morte per stenti e assideramento, per via delle condizioni terribili in cui sono lasciate queste persone.
Il governo polacco ha imposto uno stato di emergenza lungo i confine che vieta a volontari, medici, avvocati e giornalisti di soccorrere queste persone. Resta quindi imprecisato il numero di profughi che continuano ad arrivare dalla Bielorussia, per essere respinti indietro dalla polizia polacca, dove gli agenti bielorussi – come denunciano ancora ong e media locali – a loro volta li costringono a ritentare l’ingresso in Polonia.
I due governi si accusano a vicenda, e di fatto decine di persone trascorrano giorno e notte nelle foreste, all’aperto, senza cibo né un riparo nonostante le rigide temperature, che quando scende il sole già sfiorano i -5°C. Già sei corpi sono stati ritrovati da agosto, quando a detta dei difensori per i diritti umani entrambi i Paesi hanno sistematizzato la pratica dei respingimenti illegali.
Oggi il governo polacco ha presentato un disegno di legge per costruire un muro lungo il confine con la Bielorussia, del costo di 350 milioni di euro. Ad oggi lungo la frontiera ea stata eretta una barriera di filo spinato, che non avrebbe dissuaso i profughi – in maggioranza di nazionalità siriana, irachena, afghana, yemenita e iraniana – dal tentare l’ingresso per chiedere l’asilo in uno stato dell’Unione europea.
Da giorni continuano gli appelli alla solidarietà delle organizzazioni non governative polacche. E’ di ieri ad esempio la registrazione della chiamata d’aiuto di Ahmed, un giovane siriano agli operatori di Strefa WolnoSlowa, che in inglese ha raccontato di aver trascorso 18 giorni nel bosco prima di essere trovato dai volontari e portato in ospedale. Erano così tanti giorni che non mangiava ed era al freddo che le sue gambe non rispondevano più.
“Mi hanno portato in ospedale, dove sfortunatamente sono rimasto solo per tre ore” ha detto Ahmed, che poi ha accusato gli agenti di frontiera: “Mi hanno riportato in una zona isolata nella foresta tra Bielorussia e Polonia. Non so esattamente dove.
Aiutatemi. Mi faranno restare lì finché non morirò”.
Stando a quanto riporta l’ong, il ragazzo è un cantante e per fuggire dalla guerra si è trasferito prima in Libano, dove per un certo periodo ha lavorato con un’organizzazione internazionale per assistere i rifugiati come lui.

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