L'Afghanistan e le acrobazie dialettiche del duo Di Maio-Guerini
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L'Afghanistan e le acrobazie dialettiche del duo Di Maio-Guerini

Rispettivamente ministro degli Esteri e ministro della Difesa nel governo Draghi, i due ormai sono una coppia di fatto politica. Insieme in Aula, uno che fa eco all’altro.

Di Maio e Guerini
Di Maio e Guerini
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

7 Settembre 2021 - 19.13


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Di Globalist non si può certo dire che non segua con attenzione le acrobazie dialettiche del duo Luigi&Lorenzo, al secolo Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini, rispettivamente ministro degli Esteri e ministro della Difesa nel governo Draghi. I due ormai sono una coppia di fatto politica. Insieme in Aula, uno che fa eco all’altro.

Disco rotto

Partiamo dal titolare della Farnesina. “L’Italia sta lavorando perché in Afghanistan non vengano cancellati i progressi faticosamente raggiunti in 20 anni, soprattutto per le donne”, così Di Maio, nella sua informativa al Senato sulla situazione in Afghanistan. “Quanto sta accadendo ci chiama in causa come donne e uomini”, ha detto. “Le immagini strazianti dei profughi e le aspettative di pace e sviluppo di un intero popolo ribaltate in pochi giorni non possono lasciarci indifferenti. Vogliamo rimanere al fianco del popolo afghano”. “Le infrastrutture sono cruciali per lo sviluppo. Ma quanto si è andato formando nelle menti e nei cuori degli afghani lo è ancora di più. Ed è più difficile da smantellare. La società afghana ha oggi raggiunto un livello di connessione che rende impensabile tornare a una situazione di chiusura e isolamento analoga a quella di un ventennio fa”.  Di Maio ha ribadito che è necessario il coinvolgimento di “tutti gli attori internazionali che possano contribuire alla definizione di una strategia sostenibile nei confronti dell’Afghanistan”. Come Presidenza di turno, ha detto, “abbiamo proposto la piattaforma del G20, più ampia e inclusiva, per affrontare le principali sfide del dossier afghano. Stiamo verificando condizioni, modalità e tempistiche per un vertice straordinario dedicato all’Afghanistan, che potrebbe essere preceduto da riunioni preparatorie dei Ministri degli Esteri”.  “Questa crisi ripropone l’esigenza di un multilateralismo più efficace e inclusivo. E al tempo stesso la necessità di una forte coesione europea e di un’autonomia strategica e operativa dell’Unione nell’alveo delle nostre consolidate alleanze e in piena sinergia con i partner”, ha detto ancora annunciando per l’8 settembre una nuova riunione a livello ministeriale con un formato ampiamente inclusivo, co-presieduta dal segretario di Stato, Antony Blinken.  

“Con i Paesi dell’area e con i nostri partner che hanno già dislocato in Qatar i propri punti di rappresentanza competenti per l’Afghanistan, stiamo riflettendo sulla creazione di una presenza congiunta in Afghanistan – un nucleo formato da funzionari di più Paesi sotto l’ombrello dell’Unione Europea o, eventualmente, delle Nazioni Unite – con funzioni prevalentemente consolari e che serva da punto di contatto immediato. Si tratterebbe di una soluzione innovativa, per la quale sarà necessario un efficace coordinamento preventivo”, ha detto il ministro che ha spiegato di aver già discusso del trasferimento dell’ambasciata a Doha “con il mio omologo qatarino, che ha confermato massima collaborazione”.  “Il secondo tema al centro del coordinamento internazionale riguarda l’atteggiamento da mantenere nei confronti dei Talebani e, più in generale, della futura dirigenza afghana. L’approccio dell’Italia si inserisce, anzitutto, nel solco di un’impostazione condivisa a livello europeo. Ne abbiamo discusso la scorsa settimana nella riunione informale dei Ministri degli Esteri dell’Unione in Slovenia. Per poter proseguire nel nostro sostegno al popolo afghano, abbiamo convenuto che giudicheremo i talebani sulla base delle loro azioni e non delle loro dichiarazioni”. Il ministro degli Esteri  ha precisato che le azioni dei Talebani saranno misurate rispetto a cinque paramenti: il ripudio del terrorismo e la cooperazione nel contrasto al narcotraffico, il rispetto dei diritti umani, in particolare di donne e minoranze, l’istituzione di un governo inclusivo e rappresentativo, la garanzia di incondizionato e sicuro accesso umanitario per le organizzazioni internazionali e il rispetto dell’impegno assunto ad assicurare libero passaggio a coloro che intendano lasciare il Paese. “Sono concetti che trovano ampia condivisione anche nei paesi che ho visitato in questi giorni. Certo ciò che stiamo vedendo in Afghanistan non è affatto incoraggiante”, ha precisato. “Il Paese non può e non deve tornare a essere un rifugio sicuro per i terroristi. Dobbiamo stringere alleanze e coinvolgere tutti gli attori, specie quelli della regione, che condividono questa stessa preoccupazione, oltre a Russia e Cina”, rimarca ancora Di Maio ribadendo che “gli attacchi del 26 agosto all’aeroporto internazionale di Kabul – con il loro pesante bilancio di vittime e feriti -testimoniano come il terrorismo rappresenti una minaccia concreta e immediata. Oltre all’Isis Khorasan, che ha rivendicato gli attacchi, nel Paese operano gruppi estremisti affiliati ad Al Qaeda, con cui i talebani mantengono talvolta un approccio ambiguo”, ha spiegato. 

Il Consiglio dei ministri ha destinato 120 milioni di euro a iniziative di resilienza in favore della popolazione afghana, all’assistenza ai rifugiati nei Paesi limitrofi, nonché alla partecipazione italiana all’attuazione di programmi internazionali di risposta alla crisi in Afghanistan. Si tratta di fondi originariamente destinati alla formazione delle forze di sicurezza afghane nell’ambito della delibera missioni.  Di Maio nell’informativa ha chiesto il sostegno del Parlamento “per autorizzare quanto prima l’attribuzione di queste risorse, da utilizzare entro fine anno”, precisando che “le risorse per il 2021 verranno portate da 21 a 31 milioni di euro complessivi, destinandole a iniziative per l’assistenza alimentare, per servizi di salute materno/infantile, per la lotta alla malnutrizione infantile, e in generale per la tutela delle fasce più vulnerabili della popolazione, come donne, minori e sfollati interni. Infine un lungo applauso si è levato nell’Aula del Senato quando Di Maio ha ricordato il sacrificio dei 54 militari italiani caduti in Afghanistan. “A loro va la nostra gratitudine”, ha affermato. Tutti i senatori presenti e i rappresentanti del governo si sono alzati in piedi

Abbiamo riportato senza commenti le considerazioni del ministro degli Esteri, senza modificare di una virgola le sue esternazioni. Informazione corretta, insomma. 

Dopodiché, come insegna il giornalismo anglosassone, le opinioni separate dalle notizie. Seguiremo lo stile british. E allora: un bel compitino. Politicamente corretto, anche nelle sia pur tardive riflessioni critiche sull’Occidente. Ineccepibile nella difesa dei diritti delle donne, degli attivisti della società civile. Peccato che questi diritti stiano morendo in Afghanistan, travolti dalla macchina repressiva azionata dagli Studenti coranici. 

Ma questo riguarda il passato-presente. Il ministro Di Maio ha parlato a lungo, sottolineato, argomentato, messo in guardia, promesso. Solo che preoccupano i silenzi. Su due questioni cruciali in questa fase: corridoi umanitari e accoglienza dei rifugiati afghani. Su questi due temi, Di Maio resta silente. Ributta la palla nel campo europeo ed evoca un coordinamento operativo, oggi inesistente, tra i paesi G-20. E poi, come se niente fosse, il richiamo alla Nato e a un impegno che senza il visto di Washington non sarà mai attuato. Ah sì, c’è anche l’Onu, il paracadute per ogni fallimento politico registrato dalla comunità internazionale. 

Siamo alle solite: buone intenzioni, nel migliore dei casi,  e nessun impegno fattivo. Ah no, uno è stato annunciato: la decisione del Governo di portare a 31 milioni di euro complessivi le risorse per l’assistenza umanitaria in corso 2021. Trentuno milioni…Un nulla rispetto agli 8,5 miliardi di euro che l’Italia ha sprecato in vent’anni di guerra in Afghanistan, ad esempio armando e addestrando il cosiddetto esercito afghano, quello che si è sciolto come neve al sole al primo affondo dei Talebani. 

E quest’ultima considerazione permette di passare il testimone da Luigi a Lorenzo. 

Guerini dixit

Forse andrà meglio con Guerini, ci siamo detti.  Beh, speranza vana.  “Bisogna evitare che l’Afghanistan torni ad essere un luogo sicuro per la jihad mondiale e che il deterioramento delle condizioni di sicurezza dell’area si estenda a regioni nelle quali siamo impegnati come Sahel e Iraq”, ha sottolineato il ministro della Difesa, nel suo intervento a Palazzo Madama. Chiaramente – ha aggiunto – le condizioni di riferimento sono profondamente diverse. In Iraq, ad esempio, sta crescendo in maniera significativa la forza delle istituzioni e la Nato ha l’occasione di rilanciare le proprie capacità di institution building mettendo immediatamente a sistema le criticità emerse nello scenario afghano. E sarà con questa visione d’insieme, in particolare, che l’Italia, a valle di una ponderata e approfondita valutazione anche di quanto avvenuto oggi in Afghanistan, assumerà nel prossimo 2022 il comando della missione Nato in quel Paese”. 

Oltre 120 mila persone hanno già lasciato l’Afghanistan, compresi interi nuclei familiari. Conclusa l’emergenza, ha sottolineato il ministro, è iniziata la fase della pianificazione e gestione della crisi. L’Italia continuerà ad aiutare gli afghani che intendano lasciare il Paese e ne abbiano titolo. Le operazioni dovranno naturalmente essere condotte in modo diverso, data la partenza definitiva dei contingenti militari e la chiusura della nostra Ambasciata a Kabul. “Una settimana fa si è chiusa la prima fase, quella emergenziale, in risposta ad un succedersi degli eventi ben più rapido di quanto l’intera Comunità internazionale avesse previsto. La priorità è stata l’evacuazione – continua -. Nel giro di pochi giorni abbiamo messo in salvo e trasferito in Italia 5011 persone, di cui 4890 afghani (più della metà, donne e bambini), tra quanti hanno collaborato con le istituzioni italiane e appartengono a categorie vulnerabili. Il ponte aereo ininterrotto, realizzato grazie alla sinergia fra tutti gli alleati, ha consentito di far uscire dall’Afghanistan complessivamente oltre 120mila persone, compresi interi nuclei familiari”. E l’Italia è tra i Paesi europei che ha evacuato il maggior numero di cittadini afghani, ha spiegato il ministro che ha ringraziato le forze armate, il corpo diplomatico e l’intelligence”.   “C’è rammarico e forte preoccupazione per chi non è riuscito a partire dall’Afghanistan e la Difesa offre piena disponibilità per eventuali ulteriori operazioni di evacuazione dal Paese”, aggiunge Guerini 

Per par condicio, anche il ministro della Difesa merita qualche commento. L’Italia non intende abbandonare al proprio destino le afghane e gli afghani che temono la scure, non metaforica, dei Talebani o che non intendono vivere sotto la dittatura della sharia. Nobile intento se non fosse che Guerini non accenna minimamente sul come fare. Tutto è lasciato nel vago. E poi quel sibillino richiamo al comando della missione Nato in Afghanistan che l’Italia assumerà nel 2022. Il comando di che? Di quale Nato, con quale mission? E su questo cosa dicono i Talebani, accetteranno che l’alleanza dell’Occidente apostata e nemico del Jihad sia ancora presente nell’Emirato islamico di Afghanistan? Domande pertinenti a cui il ministro della Difesa dovrà dare, un giorno, una qualche risposta.

Il poco è meglio del niente. Il vecchio adagio popolare ci porta a dire che 4.890 civili afghani evacuati dall’Italia e 31 milioni di euro di fondo-assistenza sono meglio di zero. A Roma, per restare a vecchi motti popolari, si dice: consolamose co l’aglietto. 

Per rinfrescare la memoria

 Il 20 agosto scorso, 20 organizzazioni impegnate nella tutela dei diritti umani – tra cui WeWorld, Action Aid Italia, Amnesty International Italia, Oxfam Italia, Save the Children – hanno sottoscritto un appello per chiedere al governo italiano e alla comunità internazionale “un’azione immediata in difesa del popolo afghano».

Sono quattro le richieste specifiche.  In primis, “esortare tutte le parti in conflitto e adoperarsi in seno alla comunità internazionale per porre fine alla violenza, proteggere l’accesso umanitario e rispettare il diritto umanitario internazionale”.  Subito dopo arriva l’invito all’apertura rapida di corridoi ed evacuazioni umanitarie verso l’Italia «non solo per chi abbia collaborato con militari, diplomatici italiani e organizzazioni umanitarie, ma per chiunque si trovi in condizioni di vulnerabilità, garantendo loro sicurezza e incolumità, anche su suolo italiano»”.  Al terzo punto, l’aumento delle quote relative ai reinsediamenti e il sostegno a eventuali canali di ingresso integrativi, anche promossi dalla società civile: «Chiediamo che alle frontiere italiane venga garantito il diritto di asilo e il pieno accesso alle procedure per la sua richiesta e che si monitori affinché non avvengano respingimenti. Ancora, che l’Italia si adoperi in sede Ue affinché nessuno Stato membro attui rimpatri forzati di cittadini afghani”. Quarta richiesta, la tutela e la promozione dei diritti delle donne e dei bambini, vittime di violenze e discriminazioni: “A tal fine, l’Italia dovrebbe sostenere la società civile locale e l’attuazione di programmi di promozione e tutela dei diritti umani”.

La nota riporta i dati resi pubblici dalla Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama): tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2.021 sono state censite 5.183 vittime civili: 1.659 uccisi e 3.524 feriti, tra i quali un numero altissimo di ragazze, donne e bambini. “Il numero totale di civili uccisi e feriti è aumentato del 47 per cento rispetto alla prima metà del 2020, invertendo la tendenza degli ultimi quattro anni e, rispetto ai primi sei mesi del 2020, il numero di bambine e donne uccise o ferite è praticamente raddoppiato. I diversi gruppi armati sono stati collettivamente responsabili del deliberato attacco e dell’uccisione di civili, tra cui insegnanti, operatori sanitari, operatori umanitari, giudici, leader tribali e religiosi e dipendenti statali. Gli attacchi si sono manifestati in aperta violazione del diritto internazionale umanitario, prendendo deliberatamente di mira persone e obiettivi civili».

La nota mette l’accento anche sul reclutamento di minori per il combattimento,che è proseguito, in particolare da gruppi armati e dalle forze di sicurezza afghane, tra cui milizie filogovernative e polizia locale. Questi bambini hanno subito molteplici violenze, compresi abusi sessuali». Sempre secondo l’Unama, l’Afghanistan ha continuato a essere uno dei paesi più mortali al mondo per i bambini: “Gli ultimi giorni hanno visto un’escalation mortale dei combattimenti nelle province afghane, aggravando ulteriormente le sofferenze indicibili di un paese in cui, stando ai dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, oltre 5 milioni di persone sono già sfollate all’interno del Paese e vivono in condizioni al limite della sopravvivenza.Un numero destinato ad aumentare di oltre 359 mila nuovi sfollati nel 2021, sempre secondo le stime di Oim. Solo nell’ultimo mese circa 75 mila minori sono stati costretti ad abbandonare le loro case”.

Ora, mettete a confronto le richieste delle 20 Ong e quanto detto e promesso dai due ministri. No, presidente Draghi, non ci siamo davvero. 

 

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