Il testimone: "Nel Panjshir i talebani arrestano la gente e alcuni sono arruolati con la forza"
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Il testimone: "Nel Panjshir i talebani arrestano la gente e alcuni sono arruolati con la forza"

Il racconto: "Tutti i confini sono chiusi. Nella provincia si continua a combattere, nulla è ancora concluso"

Taleani, Afghanistan
Taleani, Afghanistan
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6 Settembre 2021 - 15.50


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Il racconto di Hamid, un lavoratore presso l’università del Panjshir e la richiesta di utilizzare un nome di fantasia nel timore di ripercussioni per se stesso e i suoi familiari, ha del raccapricciante.
“I talebani impediscono alle persone native del Panjshir di lasciare la provincia e hanno già iniziato a fare arresti e arruolamenti con la forza.
Per riuscire a fuggire ho dovuto mentire, dire di essere di Gulbahar, nel Panwan, dopo aver affidato i documenti a mia sorella: non controllano infatti le donne”.
L’agenzia Dire ha contattato Hamid dopo un annuncio del portavoce delle autorità talebane, Zabihullah Mujahid: la provincia del Panjshir, l’unica che non era ancora stata conquistata, è caduta dopo giorni di combattimenti ed è “totalmente nella mani” dei miliziani.
Le informazioni diffuse sul Panjshir sono state a volte contrastanti in questi giorni. Hamid è in grado di confermarne alcune ma ne smentisce altre.
Con la Dire parla da Mazar-i-Sharif, quarta città dell’Afghanistan e capoluogo della provincia di Balkh, poco più di 400 chilometri a nord-est sia della capitale Kabul che di Bazarak, il capoluogo del Panjshir.
“I talebani hanno conquistato la maggior parte della provincia” conferma Hamid, che però riferisce “di scontri che continuano” e di “voci relative a un ritiro strategico nella zona centrale della regione da parte delle forze della resistenza”.
Il riferimento è al Fronte nazionale dell’Afghanistan (Nfr), erede diretto della famosa Alleanza del nord che in queste terre già si battè prima contro i sovietici, per dieci anni a partire dal 1979, e poi contro la prima offensiva del talebani, tra il 1992 e il 1996.
A guidare quella formazione c’era allora Ahmad Shah Massoud, detto “Il leone”. Al capo della resistenza di oggi c’è invece il figlio, Ahmad Massoud. Secondo Hamid, Ahmad Massoud è “la speranza” del Panjshir e si troverebbe ora “in un posto sicuro”.
Il vicepresidente del governo deposto dai talebani, Amrullah Saleh, che aveva riparato nella provincia dopo la fuga del capo di Stato Ashraf Ghani, avrebbe invece “lasciato il Paese per andare nel vicino Tagikistan”, come riportano diversi media internazionali concordanti.
Il dipendente dell’università del Panshjir è preoccupato per la sua famiglia. “So che mio zio è stato catturato – ha riferito – mentre temo per i miei genitori, con i quali non riesco a entrare in contatto perché i talebani hanno bloccato le telecomunicazioni nella provincia”.
Anche lasciare la zona è stato difficile, dice Hamid: “Pare che i talebani blocchino chi è nativo della zona per portarlo al fronte a combattere le forze della resistenza”.
Fuori dalla provincia del Panjshir, nell’Afghanistan ormai da settimane in mano ai talebani, la situazione resta difficile. “Ho due mesi di stipendi arretrati e a Mazar non ci sono soldi”, ha riferito Hamid. “Mi hanno comunicato che ce li hanno solo le banche di Kabul, ma un mio amico che vive nella capitale mi ha detto che in realtà anche lì pagano solo parte delle retribuzioni”.
Difficile, poi, lasciare l’Afghanistan. “Tutti i confini sono chiusi” dice Hamid, convinto che la situazione possa però evolvere ancora rapidamente: “Nella provincia si continua a combattere, nulla è ancora concluso”.

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