Emirato islamico di Afghanistan: le parole al miele, le pallottole al piombo
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Emirato islamico di Afghanistan: le parole al miele, le pallottole al piombo

Parole “rassicuranti”. Ma la realtà racconta un’altra storia fatta di arresti, esecuzioni sommari, spari sulla folla. E’ l’Afghanistan dei talebani.

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

18 Agosto 2021 - 16.28


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Parole e realtà. Parole “rassicuranti”. Ma la realtà racconta un’altra storia fatta di arresti, esecuzioni sommari, spari sulla folla. E’ l’Afghanistan dei talebani.

Durante la prima conferenza stampa dopo la conquista di Kabul i talebani hanno assicurato: “Nessuna vendetta nei confronti dei collaboratori”. Le donne “parteciperanno alla vita sociale, potranno andare a scuola”, ma – hanno precisato – sempre nel rispetto della legge islamica, della Sharia.  I talebani hanno perdonato tutti, sulla base di ordini dei loro leader, e non nutrono inimicizia nei confronti di nessuno, ha affermato il portavoce, Zabihullah Mujahid, in una conferenza stampa. Mujahid ha dichiarato che “presto sarà raggiunto un accordo con cui verrà insediato un governo islamico nel Paese”.  “Dopo 20 anni di lotta abbiamo liberato il paese ed espulso gli stranieri. E’ un momento di orgoglio per l’intera nazione”, ha detto,  

L’Emirato islamico dell’Afghanistan promette a tutti i paesi del mondo che l’Afghanistan non sarà una minaccia per nessun paese, ha detto il portavoce dei talebani.  Sono in molti però a non credere alle promesse dei talebani. In Afghanistan c’è molta paura e in migliaia continuano a fuggire come possono. A non credere alle promesse dei talebani sono soprattutto le donne, che restano chiuse nelle proprie case in attesa di certezze. Ma non manca chi continua a lavorare e chi sfida la paura e scende in piazza.  

Alla faccia della “pacificazione”, l’ambasciata afghana in Tagikistan ha inoltrato richiesta all’Interpol per l’arresto del presidente Ashraf Ghani, fuggito dopo l’entrata dei talebani a Kabul, di Hamdallah Moheb e Fazl Mahmoud Fazli. L’accusa è sottrazione di fondi pubblici, lo scrive Tolonews. 

Spari su manifestanti con bandiera afghana a Jalalabad   

Centinaia di giovani sono scesi in piazza a Jalalabad sventolando la bandiera nazionale afgana contro la presa di potere da parte dei talebani. Secondo i testimoni, scrive Pajhwok Afghan News, i talebani hanno sparato in aria e poi contro i manifestanti. Secondo il sito di notizie sono stati aggrediti anche alcuni giornalisti presenti. Sui social la notizia si sta diffondendo corredata di foto e video e secondo alcuni utenti ci sono due civili morti. 

E sempre per preservare una storia comune, i  talebani hanno fatto saltare in aria la statua di un leader della milizia sciita, Abdul Ali Mazari, che aveva combattuto contro di loro durante la guerra civile in Afghanistan negli anni ’90.  Mazari era un leader della minoranza etnica hazara dell’Afghanistan, gli sciiti che erano stati perseguitati sotto il precedente governo dei talebani sunniti. La statua si trovava nella provincia centrale di Bamyan, dove i talebani hanno fatto saltare in aria anche due enormi statue di Buddha di 1.500 anni scolpite in una montagna nel 2001. I talebani hanno affermato che i Buddha violavano il divieto di idolatria imposto dall’Islam.

Il console italiano

“Abbiamo purtroppo dovuto assistere a scene drammatiche” ma “siamo riusciti in condizioni di assoluta emergenza a riportare a casa i nostri connazionali e alcuni dei nostri collaboratori afghani che in questi anni ci hanno consentito di operare in un contesto difficile. In Afghanistan stiamo assistendo ad una grande tragedia umanitaria e tutti stiamo dando il massimo mettendoci tutto il cuore e la professionalità di cui siamo capaci”. A testimoniarlo è   Tommaso Claudi, console italiano, rimasto a Kabul per mantenere un collegamento operativo con la Farnesina e gestire tutte le operazioni di rientro in loco

Prosegue il ponte aereo per portare in Italia collaboratori afghani da Kabul. Un C130 arriverà a Fiumicino alle 16 con 85 persone a bordo. Altri due con ulteriori 150 persone decolleranno dalla capitale afghana in giornata. Intanto l’eurodeputata del Pd, Alessandra Moretti, annuncia che l’attivista “Zahra Ahmadi è in volo verso l’Italia. Adesso tutti gli sforzi si concentrano per salvare Atefa Ghaafory“.

 

Il “ragazzo di Kabul”

Di straordinario interesse giornalistico, è la testimonianza dal grande impatto emotivo, racconta in diversi step da Tgcom24:Afghanistan has been collapsed. Kabul has been collapsed”. E’ il messaggio whatsapp con sottofondo di voci e fuggi fuggi inviato quando l’Italia arranca nel caldo torrido della domenica di Ferragosto. La voce è quella di un coraggioso cittadino afghano che ha scelto di raccontare a Tgcom24.it il ritorno a un passato che nessuno avrebbe mai voluto rivivere. La voce ha un nome, un cognome, un lavoro e un passato. Presente e – soprattutto – futuro sono invece ancora tutti da scrivere. 

“Il ragazzo di Kabul”, lo chiameremo così, vive da quattro giorni chiuso in una stanza da qualche parte nell’ormai Emirato islamico proclamato dai talebani.
“Sento gli scontri e i proiettili da parecchie ore ormai – racconta il ragazzo di Kabul domenica sera (ora italiana) -. Il presidente Ashraf Ghani ha già lasciato il Paese con tutto il suo staff. Karzai,  Abdullah e Hekmatyar (rispettivamente ex presidente, vicepresidente ed ex numero uno dei mujaheddin, ndr) sono entrati in una commissione per il passaggio pacifico dei poteri”.
Ho 35 anni ma non ho vissuto un giorno così” – Il termine pacifico sembra quasi una presa in giro davanti a quanto si vede in Rete e in televisione. Lui conferma: “Ci sono persone in preda al panico in strada, molte sono donne e bambini. Ho visto poliziotti levarsi le divise e mettersi addosso abiti tradizionali da civili, simili a quelli indossati dai talebani. Ho 35 anni e non ho mai vissuto un giorno come oggi”. E’ un fiume in piena la nostra voce dall’Afghanistan, probabilmente mossa da un mix di adrenalina e razionalità. “Non c’è un’idea chiara di cosa stia succedendo. Le banche non permettono a nessuno di ritirare il proprio denaro. Tutto è “collapsed” in due giorni. Il carcere più grande della città è caduto, i detenuti fanno razzie armati in giro per le case. Sembrava che il governo centrale potesse garantire la sicurezza a Kabul fino all’ingresso dei talebani ma – dato che il presidente è scappato e l’intero Paese è caduto – i talebani sono già al potere. Controllano ogni stazione di polizia. Controllano ogni quartiere…”.
La comunicazione cade all’improvviso. La paura c’è ma dopo qualche minuto arriva un messaggino: “La Rete ogni tanto va ko”.Hai visto il video dell’aereo? E’ dappertutto così” – Dopo quel whatsapp rassicurante il ragazzo di Kabul torna nel suo silenzio e nelle sue paure. Lunedì il mondo occidentale si sveglia con le drammatiche immagini dell’assalto all’aeroporto. Lui invece sta chiuso in una stanza per il quarto giorno consecutivo con la tv accesa e un occhio ai social network, Rete permettendo. E dire che aveva tutto il diritto di essere in aeroporto e prendere un più che mai regolare volo con destinazione Europa. Il ragazzo di Kabul stava per decollare verso una capitale europea per motivi di studio ma qualche ora prima del decollo del suo aereo e del tracollo del suo Paese le autorità hanno fatto dietrofront. Niente visto, niente viaggio. Troppo alto il rischio che il ragazzo di Kabul si trasformi da ricercatore a profugo.
Il filo diretto con l’Afghanistan torna attivo lunedì 16 agosto nel primo pomeriggio italiano. “Hai visto il video con le persone che cercavano di partire con l’aereo? In tv hanno detto che fuori ci sono quindicimila persone. Con o senza visti. Con o senza documenti. Tutti accalcati. Quelli che sono entrati si buttano davanti all’aereo, come se fosse un autobus. E’ la stessa situazione che si vede nelle strade. La gente si guarda negli occhi e si domanda cosa stia succedendo e cosa succederà. Siamo tutti in uno shock profondo. Non sappiamo cosa sta per avvenire perché Ghani, i suoi ministri… tutta una leadership politica se n’è andata e ci ha lasciato qua. Il presidente non ha informato la nazione, ha detto che “avevamo vinto” ma non era così. Non è questo il modo di agire. Già tre mesi fa gli era stato chiesto di dimettersi: si temeva infatti che le cose potessero andare in questa direzione. Ghani ha avuto mesi per favorire la transizione, magari una transizione legittima ma non lo ha fatto”.
“Banche chiuse, scuole chiuse, uffici chiusi” – Davanti a una polveriera simile la domanda più scontata ha la risposta più disarmante. Vent’anni di missioni internazionali non hanno addestrato un esercito all’altezza della situazione? “Il punto è un altro: abbiamo esercito, forze di polizia e di intelligence ma chi li dirige se n’è andato in poche ore, anche scortato. Che impatto può avere sui militari vedere il proprio governatore andarsene senza spiegare nulla?”.
Il ragazzo di Kabul ha 35 anni e vaghi ricordi di cosa fecero i talebani in Afghanistan prima dell’arrivo dei contingenti internazionali. Eppure quei ricordi si sono materializzati in poche ore: “Stessi abiti, stesso modo di agire di allora. Oggi ci sono banche chiuse, uffici chiusi, scuole chiuse. E tutto in un modo velocissimo. Nell’est dell’Afghanistan ci sono quattro province. Tutte sono cadute più o meno all’improvviso. Si trovano a 140 km da Kabul e poche ore dopo è caduta anche Kabul. E’ una cosa incredibile. Io non me lo sarei mai aspettato. Nessuno se lo sarebbe mai aspettato”. Scontato che si viva con gli occhi aperti 24 ore su 24: “Sentiamo sparare di notte e di giorno. Circolano pochi mezzi, qualche privato, qualche camion. Vediamo auto della polizia con a bordo persone con abiti civili ma non sappiamo chi siano. Poliziotti in borghese, ex agenti passati coi talebani o talebani? Adesso intorno a me sparano. Quindi puoi capire com’è la situazione a Kabul. Devo chiudere”.

Il racconto del Tgcom24 termina qui. Ma quanti “ragazzi di Kabul” stanno in questi giorni, in queste ore, vivendo il medesimo dramma?

 La diplomazia al lavoro  

La cronaca del nulla, quella diplomatica, registra un’Europa che guarda preoccupata, in attesa di un’ondata di profughi. A livello interno, si cerca una transizione pacifica e il tentativo di mediazione è nelle mani dell’ex presidente Hamid Karzai – rimasto a Kabul – che ha creato, insieme al vicepresidente Abdullah Abdullah e all’ex capo dei mujaheddin, Hekmatyar, un gruppo di coordinamento per trattare con Amur Khan Mutaqi, il comandante talebano.  Un G7 virtuale è stato convocato per la prossima settimana dal presidente Usa Joe Biden e dal premier britannico Boris Johnson per concordare una strategia comune di fronte al caos in Afghanistan. 

Gli Stati Uniti minacciano sanzioni se mancherà il rispetto dei diritti umani e civili ma restano aperti al dialogo con i talebani. L’intelligence, secondo i media, avvisò dei pericoli. Tre commissioni a guida dem chiedono un’indagine al Senato. Il Canada annuncia che non riconosce il governo talebano. Per Cina e Russia, invece, ci sono segnali positivi. La Cina sollecita i talebani a unirsi nel dialogo a tutte le fazioni in Afghanistan per costruire un regime “aperto e inclusivo” e mettere in atto una politica interna ed estera “moderata e stabile” che protegga istituzioni e cittadini stranieri nel Paese. Ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, in risposta alle dichiarazioni della prima conferenza stampa tenuta ieri dagli insorti al potere a Kabul. “Allo stesso tempo”, ha aggiunto il portavoce, “ci aspettiamo anche che i talebani reprimano risolutamente tutti i tipi di forze terroristiche e adempiano al loro impegno di non consentire a nessuna forza di utilizzare il territorio afghano per minacciare la sicurezza dei Paesi vicini”. La Cina, ha concluso Zhao, “continuerà a lavorare con la comunità internazionale per sostenere la ricostruzione pacifica dell’Afghanistan e aiutare l’Afghanistan a raggiungere pace e stabilità durature”.  

 Il Regno Unito si impegna a “fare tutto il possibile per prevenire una crisi umanitaria” in Afghanistan dopo l’avanzata dei Talebani seguita al ritiro della Nato e a “sostenere” gli afgani in fuga che negli ultimi anni hanno collaborato con l’Occidente. Lo ha detto il premier Boris Johnson aprendo un dibattito straordinario alla Camera dei Comuni, richiamata per un giorno dalle ferie estive. Johnson ha poi insistito che i 20 anni di missione militare sono stati “un successo malgrado le tante difficoltà” rispetto all’obiettivo cruciale del dopo l’11 settembre 2001 di “estirpare al-Qaeda e fare il possibile per stabilizzare il Paese”.  

L’inquilino di Downing Street10, ha detto esortato a giudicare i talebani per le loro azioni, mettendo in guardia la comunità internazionale dal riconoscere “prematuramente o bilateralmente” gli estremisti islamisti che hanno preso il potere in Afghanistan. “Giudicheremo questo regime in base alle scelte che fa e dalle sue azioni piuttosto che dalle sue parole, dai suoi atteggiamenti nei confronti del terrorismo, della criminalità e della droga, nonché dell’accesso umanitario e del diritto delle ragazze a ricevere un’istruzione”, ha detto riferendo in Parlamento.  

La Cina: “I talebani seguano una politica moderata” 

 La Cina si aspetta che i talebani e le varie fazioni dell’Afghanistan stabiliscano “una struttura aperta e inclusiva attraverso il dialogo e la consultazione, ,attuino una politica interna ed estera moderata e stabile, e proteggano in modo efficace la sicurezza di istituzioni e personale stranieri”. Il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian, sulla prima conferenza stampa di ieri a Kabul dei talebani, ha detto che Pechino, “allo stesso tempo, si aspettala repressione risoluta di tutti i tipi di forze terroristiche, incluso ‘il movimento islamico del Turkestan orientale'”, accusato di aver fatto in passato attentati in Cina.  

In altri termini, fate quello che vi pare dentro “casa vostra”, basta che non vi allargate. 

La cronaca del nulla continua. Come la tragedia che si sta consumando nell’Emirato islamico d’Afghanistan. 

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