Siria, il silenzio dopo l'anniversario
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Siria, il silenzio dopo l'anniversario

La comunità internazionale ha accettato che questo conflitto senza fine si trasformasse in una guerra per procura con Russia, Turchia e Iran in primis

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

16 Marzo 2021 - 15.57


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No, non è un anniversario da “commemorare” nel giorno cerchiato in rosso e poi far calare di nuovo quella tragedia senza eguali nel dimenticatoio. Per noi di Globalist è un punto di onore, di etica professionale se il termine ha ancora un senso di una comunicazione sempre più genuflessa e mainstream. 

La guerra in Siria continua. Incessante. Devastante. Con la colpevole complicità di una comunità internazionale che ha accettato che questo conflitto senza fine si trasformasse in una guerra per procura che vede impegnati, direttamente o per interposte milizie, attori regionali e globali: Russia, Turchia, Iran, in primis.

Apocalisse continua

“È difficile immaginare che nel 2020, e ora nel 2021, dopo gli anni più intensi di conflitto attivo, le cose potrebbero davvero notevolmente peggiorare per i bambini. Eppure la triplice crisi del 2020 – dovuta al protrarsi del conflitto, alla recessione economica e alla pandemia da Covid-19 – e il suo perpetrarsi anche quest’anno, hanno in qualche modo ulteriormente aggravato la situazione per i bambini della Siria”.

Bambini nati con la guerra 

“La guerra è l’unica cosa che conoscono milioni di bambini in Siria, con un enorme impatto sul loro benessere psicosociale. Quasi 5 milioni di bambini sono nati in Siria dall’inizio della guerra nel 2011, con un altro milione nato come rifugiato nei paesi vicini alla Siria. Questi bambini non hanno conosciuto altro che morte, sfollamento e distruzione”.

Numeri drammatici 

“Abbiamo visto un aumento del numero di persone bisognose in Siria. Più di 13 milioni di persone hanno bisogno di sostegno. La metà di loro – oltre 6,1 milioni – sono bambini. Questo è un aumento del 20 % solo nell’ultimo anno. Quasi 6 milioni di persone rimangono sfollate all’interno della Siria e, dal 2012, il numero di bambini rifugiati registrati nei paesi vicini è aumentato più di dieci volte fino a 2,5 milioni di bambini”. 

Bambini uccisi, mutilati e reclutati 

“I bambini vengono ancora uccisi e mutilati. La protezione dei bambini in Siria è appesa a un filo. Pochissimi posti sono sicuri per i bambini della Siria. Dal 2011, quasi 12.000 bambini sono stati uccisi o feriti in Siria – un bambino ogni 8 ore, negli ultimi 10 anni. E come tutti saprete, questi sono i bambini che l’Onu ha potuto verificare attraverso un processo rigoroso. I numeri reali sono probabilmente molto più alti.

Dal 2011, quasi 5.700 bambini sono stati reclutati nei combattimenti. Di nuovo, le cifre reali sono probabilmente molto più alte. Le gravi violazioni contro i bambini continuano ad essere maggiori nel nord-ovest, dove la violenza e il conflitto sono in corso. Il 75% del totale delle perdite di bambini in tutta la Siria l’anno scorso è stato registrato nel nord-ovest, insieme a nove attacchi su dieci alle scuole e sette bambini su dieci reclutati e utilizzati nel conflitto”.

Recessione economica 

“Cosa significa tutto questo in termini di vita reale? Significa che due famiglie su tre hanno riferito di non poter soddisfare le loro esigenze di base. Il prezzo del paniere alimentare di base è aumentato del 236% e la sterlina siriana è scesa del 78 %. Il Covid-19 ha avuto un impatto sull’economia e sul tessuto sociale della società. Questi fattori combinati hanno aumentato significativamente il rischio di meccanismi di risposta negativi. Stiamo assistendo a un aumento del matrimonio infantile. Sempre più bambini sono costretti a lavorare, alcuni già a sette anni. I bambini vengono spinti sempre più vicino al baratro”.

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Crisi nell’istruzione e futuro dei bambini

“Infine, la guerra non sta solo distruggendo il presente dei bambini in Siria, sta minacciando il loro futuro. L’istruzione era l’orgoglio della Siria, con tassi di iscrizione superiori al 97% prima della crisi, ma il paese sta ora affrontando una delle più grandi crisi dell’istruzione nella storia recente. Quasi 3,5 milioni di bambini siriani sono fuori dalla scuola – incluso il 40% delle ragazze. Non possiamo sottovalutare ciò che questo significa per questi bambini ora, e per le loro comunità, ma anche per il paese negli anni a venire.

Quello che vediamo sul campo è che le strutture scolastiche sono sovraccariche. Una scuola su tre in Siria non può più essere utilizzata perché è stata distrutta, danneggiata, utilizzata come rifugio per le famiglie sfollate o viene utilizzata per scopi militari. Molte delle scuole sono anche infestate dalle mine.

Cosa significa questa combinazione di guerra e assenza di istruzione? Significa la mancanza di opportunità per tornare ad un certo livello di normalità attraverso l’istruzione e abbiamo visto un raddoppio dei bambini che soffrono di stress psicologico solo l’anno scorso”.

Azione dell’Unicef 

 “Nel 2020 abbiamo raggiunto più di 12 milioni di persone in tutta la Siria con assistenza salvavita. Anche se la risposta umanitaria non risolverà la crisi, è assolutamente fondamentale che l’Unicef continui a ricevere il sostegno di cui ha bisogno per fornire assistenza ai bambini siriani. La risposta dell’Unicef ai bisogni dei bambini siriani e delle loro famiglie è una delle più grandi della nostra storia con un totale di 1,4 miliardi di dollari richiesti per il 2021. Questo è in linea con il volume e la portata dei bisogni umanitari sul campo, non solo in Siria ma in tutta la sub-regione. I nostri programmi di risposta coprono sei paesi dove i team dell’Unicef continuano a provvedere ai bisogni di milioni di bambini”.

Infanzia negata: il report di Save the Children

Oggi, in Siria, a 10 anni dall’inizio della guerra sono 2 milioni i bambini e le bambine tagliati fuori dalla scuola e altri 1,3 milioni rischiano fortemente di perdere l’istruzione.

Non solo un danno sull’educazione, l’80% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e 6,2 milioni di bambini rischiano di soffrire la fame, con almeno 137 mila minori sotto i cinque anni di età che già in questo momento stanno combattendo con la malnutrizione acuta. 

Solo nel 2020 ci sono state 2.600 gravi violazioni nei confronti dei minori e 1.454 tra bambine e bambini sono stati uccisi o sono rimasti gravemente feriti. Sono stati registrati 157 attacchi armati contro le scuole e in quasi 1 famiglia siriana su 3 i figli mostrano evidenti segnali di stress psicosociale dovuti al conflitto e alle paure ad esso connesse.

GUERRA IN SIRIA: IL TRISTE ANNIVERSARIO DEL 10° ANNO DI CONFLITTO

A  dieci anni dall’inizio del conflitto, rimarca il report di Save the Children i numeri che si continuano a registrare sono impietosi; la guerra continua a rubare l’infanzia ai bambini. Centinaia di migliaia di persone hanno perso la vita e milioni di bambini e adulti sono fuggiti dal Paese.

Per tenere alta l’attenzione sulle conseguenze della guerra sui bambini siriani diffondiamo in occasione del decennale dell’inizio della conflitto, il nuovo rapporto “Ovunque, ma non in Siria”, nell’ambito della campagna “Stop alla guerra sui bambini”.

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Nel report leggiamo che quasi 9 bambini rifugiati siriani su 10, tra coloro che oggi vivono in Giordania, Libano, Turchia e Paesi Bassi non vogliono tornare in Siria, un Paese in cui in questo momento non riescono a immaginare il proprio futuro. E tra i bambini sfollati che si trovano attualmente tra i confini del Paese 1 su 3 preferirebbe vivere altrove.

“Questa guerra orribile e infinita, che dopo dieci anni continua ad avere conseguenze disastrose sulla popolazionesta strappando l’infanzia dalle mani di milioni di bambini siriani. Tutto questo è semplicemente inaccettabile: il mondo non può voltarsi dall’altra parte mentre i bambini vengono derubati del loro futuro. Questo conflitto prolungato rischia di avere conseguenze anche a lungo termine sulla vita e sullo sviluppo dei minori, sia in Siria che negli altri Paesi, minando alla radice le loro opportunità di studiare e crescere coltivando i propri sogni, come ogni bambino al mondo dovrebbe poter fare. Tutti i bambini siriani hanno bisogno di sentirsi protetti e al sicuro. Bisogna fare di tutto per ricostruire il loro futuro e restituire quell’infanzia che è stata loro brutalmente strappata dalle mani e alla quale hanno semplicemente diritto”, dichiara Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children

Bambine e bambini fuggiti dalle loro case in Siria, in cerca di un luogo dove sentirsi al sicuro, continuano a dover fare i conti con discriminazioni e scarso accesso all’istruzione, come confermano 2 minori su 5 tra quelli che abbiamo ascoltato. In Libano, per esempio, il 44% dei minori siriani non va a scuola, il 36% in Giordania e il 35% in Turchia, Paese che ospita attualmente 3,7 milioni di rifugiati siriani e più di 300 mila richiedenti asilo, di cui il 46% sono bambini.

L’impossibilità di affrontare i costi scolastici (41%), discriminazioni (29%), motivi di sicurezza (19%) e mancanza di documenti (19%) sono le principali ragioni che tengono i minori lontani dalla scuola elencate da coloro che oggi non possono studiare.

Inoltre, il 44% di tutti i bambini coinvolti nell’indagine afferma di aver subìto discriminazioni, nel proprio quartiere o a scuola, percentuale che arriva al 58% se a rispondere sono i minori che oggi si trovano in Siria. 

“Nella nostra vita abbiamo conosciuto solo la guerra. Qui in Siria la nostra vita è difficile, la nostra casa è stata distrutta e ora viviamo in una tenda. Vorrei vivere in un altro Paese, dove poter stare al sicuro, andare a scuola, giocare. Qui non mi sento al sicuro quiho paura”, è la testimonianza di Lara*, 7 anni, che tre anni fa è stata costretta, insieme alla sua famiglia, a fuggire dalla sua città natale a Maarat al-Numan. Da allora la sua famiglia è stata costretta più volte alla fuga e oggi vive in un campo per sfollati a Idlib.

Più di 1 bambino su 4, tra tutti quelli intervistati, ha detto che il suo più grande sogno è che un giorno la guerra nel loro Paese possa finalmente finire; per il 18% il maggiore desiderio è quello di andare a scuola e continuare a studiare. 

“La pandemia, che noi tutti stiamo vivendo, ci ha ricordato in maniera forte l’importanza della compassione, dell’umanità e della condivisione delle responsabilità che va oltre i confini. È fondamentale non perdere altro tempo e agire subito per proteggere il futuro dei bambini siriani ed evitare che anche una seconda generazione possa perdere il diritto di vivere l’infanzia e il futuro al quale ha diritto. Chiediamo a tutte le parti coinvolte di proteggere i bambini siriani dalla violenza fisica e psicologica che da dieci anni continua ad affliggere le loro vite. Questi bambini hanno il diritto di crescere in un luogo in cui siano finalmente liberi dalla paura, in cui debbano continuamente fuggire dalle loro abitazioni e in cui non vengano più discriminati per la loro provenienza”, ha detto ancora Daniela Fatarella.

Sin dalle prime fasi della crisi siriana, abbiamo dato avvio a un ampio ventaglio di interventi in Siria e nei Paesi limitrofi. Ad oggi siamo riusciti a raggiungere 4,2 milioni di persone, di cui 2,6 milioni di bambini e bambine grazie a programmi di emergenza e aiuti salvavita, sostegno ai bambini e alle famiglie più vulnerabili, interventi di salute e igiene, supporto alimentare e nutrizionale, supporto psicosociale e attività di protezione. Siamo inoltre impegnati a favorire il diritto all’istruzione dei minori e sosteniamo le famiglie nella ricerca di mezzi di sussistenza e di attività generatrici di reddito”.

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Per non dimenticare, riproponiamo quanto dichiarato dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite  per i Rifugiati, Filippo Grandi, in occasione del decennale dell’inizio della guerra: “La comunità internazionale ha deluso i siriani. “Come Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, alla guida della risposta a una delle più grandi crisi di rifugiati dei nostri tempi, ho il cuore pesante nei giorni di questa tragica ricorrenza. Essa costituisce per i leader mondiali un monito severo e un forte richiamo del fatto che questo decennio di morti, distruzioni e migrazioni forzate si è compiuto sotto i loro occhi”. Dopo dieci anni, “metà della popolazione siriana è stata costretta a fuggire dalle proprie case. Più di 5,5 milioni di persone sono rifugiate nella regione, mentre altre centinaia di migliaia di persone sono fuggite in 130 Paesi. Altri 6,7 milioni di siriani sono rimasti sfollati all’interno del proprio Paese. In dieci anni, quasi nessuna città o villaggio è stata risparmiata dalla violenza, e la sofferenza umana e le privazioni vissute da chi è rimasto in Siria sono insostenibili”. “Il calo degli aiuti, unito alla recessione economica provocata dalla pandemia di Covid-19 – afferma Grandi – hanno spinto i rifugiati siriani a livelli di disperazione senza precedenti. In Libano, nove siriani su dieci vivono in estrema povertà. A ciò si aggiunge che a causa della perdita dei mezzi di sostentamento, dell’aumento della disoccupazione e del Covid-19 anche milioni di giordani, libanesi, turchi e iracheni delle comunità ospitanti vivono oggi sotto la soglia di povertà”. L’Alto Commissario riconosce “la straordinaria generosità che ha permesso di salvare milioni di vite siriane. I Paesi confinanti con la Siria hanno ospitato milioni di rifugiati siriani, assumendosi grandi responsabilità. Le loro economie, le risorse già scarse, le infrastrutture e le comunità sono sottoposte a una fortissima pressione”. Fuori dalla regione, spiega, “un’ondata di solidarietà con i rifugiati siriani ha portato molti governi a cambiare politiche e ad intraprendere azioni concrete di aiuto sia per i siriani sia per i Paesi ospitanti, attraverso strumenti come il reinsediamento, le riunificazioni familiari, i visti umanitari, le borse di studio e altri percorsi sicuri e regolari”. “La gravità di questa crisi – conclude Grandi – non deve indebolire la nostra solidarietà verso i siriani. Al contrario, dobbiamo raddoppiare gli sforzi collettivi per sostenere sia i rifugiati che le comunità che li ospitano. Questo è il minimo che possa essere riconosciuto ai rifugiati siriani e ai Paesi della regione”.

Non dimenticare. Se vogliamo restare umani.

 

 

*nomi di fantasia per tutelare l’identità dei minori intervistati

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