Biden è democratico e sicuramente un essere umano migliore di Trump, ma non significa che non ha intenzione di togliersi qualche soddisfazione nei confronti del suo ben poco esimio predecessore: il Presidente Usa, infatti, ha deciso di interrompere una tradizione americana, ossia quella di informare dei movimenti dell’Intelligence anche gli ex Presidenti. Biden non vuole dare questa possibilità a Trump, e dopo un tentato golpe potrebbe avere tutte le ragioni del mondo.
Gli ex Presidenti hanno di solito accesso a informazioni riservate in considerazione del fatto che tutti mantengono comunque un ruolo di leadership, una rilevanza diplomatica, una certa influenza sui grandi temi globali. Molti di loro, fanno notare i media Usa, hanno una fitta agenda di appuntamenti e sono spesso protagonisti di incontri con altri dignitari e leader mondiali. Un adeguato accesso ai briefing dell’intelligence è dunque considerato utile per consentire loro di affrontare varie questioni di politica internazionale con gli interlocutori stranieri.
Questa opportunità, però, ora potrebbe essere negata a Trump. L’amministrazione Usa starebbe valutando attentamente la questione, secondo alcune fonti citate dalla stampa locale, che si è spinta anche oltre. Il dossier sarebbe valutato proprio in queste ore e il sospetto che si stia procedendo in questa direzione si è notevolmente rafforzato dopo alcune dichiarazioni del segretario per la Stampa, Jen Psaki. Quest’ultima, durante un briefing con i media, rispondendo a una richiesta di chiarimenti in proposito, ha detto che la questione è “ovviamente in fasde di revisione”, ache se al momento “nessuna determinazione” è stata ancora presa.
Sulla questione, secondo fonti bene informate, avrà un grande peso il parere espresso dai consiglieri del presidente Biden per l’intelligence. E alcuni di loro si sarebbero già espressi in favore di questa soluzione. Tra loro figurano l’ex direttore del Federal Bureau of Investigation, James Comey, e soprattutto Susan M. Gordon, ex vice direttore principale dell’intelligence nazionale. Per almeno due anni quest’ultima ha regolarmente informato Trump, quando era ancora in carica, sui principali temi chiave gestiti dai servizi segreti americani. La stessa Gordon, in un editoriale scritto il mese scorso per il Washington Post, ha asserito che la pasività assunta su alcuni dossier esteri da Trump e le sue strette relazioni con “entità straniere” lo rendono un “potenziale rischio per la sicurezza nazionale”.
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