Zaki, una vergogna infinita. E la sinistra di governo tace

Quello che rattrista è che del Conte II fanno parte forze che si rifanno alla sinistra e al progressismo. Che andassero a dirlo a Patrick Zaki, imprigionato nell’inferno di Tora.

Patrick Zaki
Patrick Zaki
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

7 Dicembre 2020 - 13.22


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Caso Zaki, la vergogna non ha fine. Come non hanno fine le mazzate inferte dal presidente-carceriere egiziano Abdel Fattah al-Sisi all’Italia- E’ stata rinnovata di altri 45 giorni la custodia cautelare per Patrick Zaki. Lo rende noto su Twitter l’Eipr, l’ong con la quale lo studente dell’Università Alma Mater di Bologna collaborava quando lo scorso febbraio è stato arrestato al Cairo.”La detenzione preventiva di Patrick Zaki è stata prorogata. Decisione crudele e vergognosa”. Così su Twitter il portavoce di Amnesty Internetional Italia, Riccardo Noury, commenta il rinnovo della custodia cautelare per lo studente egiziano. Per poi aggiungere: “«Dopo ore di attesa questa decisione vergognosa e sconcertante di rinnovare di altri 45 giorni la detenzione di Patrick Zaky lascia senza fiato e sgomenti. Patrick terminerà questo anno terribile nella prigione di Tora”, sottolinea Noury, lanciando un appello: “È veramente il momento che ci sia un’azione internazionale guidata e promossa dall’Italia per salvare questo ragazzo, questa storia anche italiana, dall’orrore del carcere di Tora in Egitto”. Noury ha anche ricordato come per Patrick – che è cristiano copto – si preannunci un Natale in carcere.

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Vergogna infinita

Zaki “è accusato di utilizzare i social media per diffondere notizie e informazioni false”, si legge ancora nel tweet dell’Eipr , con la quale collaborava Zaki. . Secondo quanto riferito dalla Ong, il caso di Zaki è stato esaminato in una sessione che includeva circa 700 altri detenuti per varie questioni e sono stati rinnovati gli ordini di detenzione per tutti tranne uno. Ieri, davanti ai giudici lo studente ha dichiarato che le accuse contro di lui sono “infondate” e ha denunciato di aver già trascorso dieci mesi in carcere. La legale di Patrick Zaky Hoda Nasrallah aveva detto di sperare nella scarcerazione dello studente ma al contempo aveva avvisato come una frase pronunciata dal giudice nell’udienza di ieri lasciasse prevedere un prolungamento della detenzione: “Spero che venga rilasciato ma non lo prevedo perché è stato sollevato il problema dei libri e il giudice ha risposto ‘mi presenti una domanda. Questo significa che Patrick rimarrà in prigione”, avev detto. All’udienza erano presenti diplomatici di quattro Paesi: Italia, Germania, Olanda e Canada. I Paesi europei, essendo presenti nell’ambito del Programma di monitoraggio processuale, rappresentavano tutta l’Unione. Si trattava del primo monitoraggio di questo tipo dall’inizio dell’emergenza Covid. Il rappresentante diplomatico italiano è riuscito anche ad interloquire brevemente con Patrick. Lo studente egiziano dell’università di Bologna ha ringraziato l’Italia mettendosi la mano sul cuore e ha sollevato il pollice ad indicare che sta bene.   

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“La Corte ha ascoltato Patrick e i suoi avvocati che hanno argomentato come non esistano motivi per continui rinvii” della scarcerazione. Inoltre “hanno chiesto un rilascio immediato” dello studente egiziano. A riferirlo era stata sempre l’ong Eipr.. “Gli avvocati hanno fatto riferimento a una precedente denuncia su una tortura subita da Patrick al quartier generale della Sicurezza nazionale”, aggiunge il tweet. Amnesty international (Ai), in base a quanto riferito dai suoi avvocati, sostenne che la mattina del 7 febbraio scorso agenti dell’Agenzia di sicurezza nazionale (Nsa, i servizi segreti interni) arrestarono Patrick e lo tennero bendato e ammanettato per 17 ore durante il un interrogatorio all’aeroporto. Il giovane “in quelle ore sarebbe stato picchiato sulla pancia e sulla schiena e torturato con scosse elettriche”, scrisse Amnesty sul proprio sito.  “Zaki – scrive sul Corriere.it Marta Serafini, tra i giornalisti che meglio conoscono la realtà egiziana – è rinchiuso da oltre 300 giorni nel carcere di Tora, considerato uno dei peggiori al mondo. Questa enorme struttura, fondata nel 1908 dall’allora ministro dell’Interno Mustafa al-Nahhas, è divisa in quattro blocchi ed ospita al suo interno un ospedale militare e un’ala di massima sicurezza nota come ‘Lo Scorpione’. Da tempo Ong e gruppi internazionali denunciano le condizioni di detenzione a Tora e le sistematiche e ripetute violazioni dei diritti umani che vi vengono commesse. «Siamo in una tomba. Siamo vivi, ma in una tomba», dichiaravano tramite loro parenti alcuni detenuti a Tora citati in un rapporto di Human Rights Watch, a dimostrazione del terribile stato del carcere, dove – secondo diverse ong – ai prigionieri sono inflitte torture e vengono negati i servizi medici. Nel luglio scorso Amnesty Italia aveva lanciato l’allarme anche sul rischio contagio da Covid-19 nel carcere, annunciando la morte del giornalista Mohamed Monir, che aveva contratto il coronavirus proprio a Tora. Qui sono stati detenuti, tra gli altri, gli ex presidenti Hosni Mubarak e Mohamed Morsi.”

L’inferno di Tora

 “I blocchi a forma di H del carcere di Tora, alla periferia meridionale del Cairo, rimandano alla famigerata prigione di Maze, più comunemente denominata Long Kesh, nella cittadina nordirlandese di Lisburn, dove tra il 1971 e il 2000 morirono decine di detenuti, tra cui Bobby Sands, leader dell’Ira stroncato dopo 64 giorni di sciopero della fame e della sete – racconta su Il Fatto Quotidiano.it Pierfrancesco Curzi – I livelli di crudeltà non sono dissimili, tra condizioni generali pessime, violenze e torture, con una differenza: la struttura alle porte di Belfast è stata chiusa dopo gli Accordi di Pace del 1998 (Good Friday Agreement) e una serie di spettacolari evasioni, mentre l’inferno di Tora è attivo e non sembra per nulla destinato ad abdicare. Proprio nel settembre scorso il tentativo di fuga da parte di un gruppo di reclusi nel braccio ‘reati comuni’ è stato represso nel sangue dall’apparato di sicurezza: 8 i morti, di cui 4 poliziotti. Nel corso degli anni, con un crescendo esponenziale, le organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani, a partire da Amnesty International, hanno denunciato le terribili condizioni in cui versano i detenuti di Tora. Al resto hanno pensato i racconti dei testimoni oculari, vittime loro stessi di abusi e di pratiche di tortura, una volta fuori da quell’incubo. La notizia dell’ulteriore prolungamento della detenzione amministrava di Zaki arriva nel giorno in cui il presidente egiziano è a Parigi per una visita di 3 giorni, cominciata con un incontro all’Eliseo destinato a rafforzare la cooperazione bilaterale di fronte alle crisi in Medio Oriente. Sul piede di guerra le associazioni di difesa dei diritti umani, che contestano questa visita. Dopo l’incontro di questa mattina, il programma del presidente egiziano prevede una cena questa sera all’Eliseo su invito di Macron.

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Giggino il silente

In una recente intervista a Globalist, il portavoce di Amnesty Italia ha invocato Il portavoce di AI Italia invoca un’”azione diplomatica molto forte nei confronti dell’Egitto”. Ma se dipendesse dall’attuale titolare della Farnesina, quelle di Noury, come quelle di Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio, resterebbero parole perse nel vento. Il vento della subalternità, oltre che dell’inettitudine. Perché Luigi Di Maio non è solo un ministro degli Esteri inadeguato, cosa chiara da tempo non solo a Bruxelles ma in tutta la comunità internazionale e allo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che sui dossier più caldi non fa toccare palla al “suo” ministro. Inadeguato e pure arrampicatore, maldestro, di specchi, con le sue continue giravolte diplomatiche, che hanno contribuito in misura non piccola a mettere fuorigioco l’Italia nelle partite che contano a livello internazionale. Basta parlare a “microfoni spenti” e con la garanzia dell’anonimato con fonti diplomatiche di primo livello per raccogliere un dossier enciclopedico sulle giravolte, le gaffe, le dichiarazioni improvvisate di cui Di Maio si è reso protagonista.

Di certo, la coerenza non è una delle “virtù” dell’attuale ministro degli Esteri, sempre restando nell’ambito della politica internazionale, senza voler sconfinare in altri campi. Dalla Libia all’Egitto, dalla Turchia alla Palestina, per restare solo allo scenario mediterraneo, l’azione di Di Maio è stata caratterizzata da cambi di posizione, giravolte, improvvisazioni che hanno spiazzato, sconcertato, per usare un eufemismo, la nostra valente diplomazia.

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Sull’Egitto poi, Di Maio è un plurirecidivo. Le genuflessioni al presidente-carceriere e allo stato di polizia di cui al-Sisi è a capo, oramai non si contano più. Siamo alla prostrazione più totale, accompagnata dalla vendita di due fregate ad un regime che ha sulla coscienza più desaparecidos dell’Argentina dei generali fascisti e del Cile di Pinochet, e che nelle sue carceri detiene oltre 60mila prigionieri politici, blogger, avvocati dei diritti umani, membri di Ong, giornalisti indipendenti. In nome della sicurezza nazionale, l’Egitto di al-Sisi ha fatto dello stato d’emergenza la normalità, come dell’uso della tortura, fisica e psicologica. La prostrazione dell’Italia è indegna di un Paese che conservi un briciolo di orgoglio nazionale, per non parlare di senso di giustizia. Orgoglio e dignità che il Governo Conte II ha totalmente smarrito, semmai ne avesse avuto contezza, cedendo ad ogni provocazione proveniente da Il Cairo. Quello che rattrista è che del Conte II fanno parte forze che si rifanno alla sinistra e al progressismo. Che andassero a dirlo a Patrick Zaki, imprigionato nell’inferno di Tora.

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